zen circus Tag Archive

Scrivere canzoni ai tempi del Covid: intervista a Maestro Pellegrini

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Da Motta agli Zen Circus, fino al primo progetto solista.
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The Zen Circus – Il fuoco in una stanza

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Vintage Violence – Capiscimi (acoustic version) [STREAMING]

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5 artisti emergenti da tenere d’occhio

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Ci sentiamo tra qualche anno e scommettiamo che queste cinque band ne avranno fatta di strada?

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Roipnol Witch – Starlight

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Non è sempre facile scrivere delle recensioni. A voi probabilmente sembra una figata sputare sentenze nel bene o nel male su un progetto per cui qualcuno ha speso soldi, tempo, energie e sul quale, soprattutto ha messo la faccia. A parlar bene di un disco che entusiasma si rischia che poi quell’album faccia in realtà parecchio cagare ai più e si venga tacciati per venduti, per amici di amici di amici e qualsiasi altra porcata sotterranea possa giustificare un errore di valutazione così grossolano. Se se ne parla male, di media, l'”apriti cielo” è istantaneo e parte dalla band, dagli amici-fan della band e si conclude poi quasi subito lì da dove era partito dopo due o tre giorni di battibecchi e insulti social. Con il risultato che molte più persone ascoltano il lavoro in questione, per capire dove stia la ragione. Ammesso che di ragione si tratti. Perché è impossibile essere oggettivi nello scrivere una recensione. O meglio, per chi legge, è difficile essere ritenuti oggettivi quando si recensisce un disco.
Questo preambolo mi serve per mettere le mani avanti. Sì, ormai lo sapete già, suono in una band di sole donne. No, noi non l’abbiamo fatto un tour di presentazione dell’album. Perché no, in effetti non ce l’abbiamo un album. Viene da sé che no, non abbiamo un’etichetta discografica neanche piccola piccola. E sì, sarà impossibile per me farvi capire che quello che scrivo non è frutto di rosicamento, perciò se volete leggere fate pure, altrimenti fermatevi qui.
Le Roipnol Witch vengono da Carpi, in provincia di Modena. Sono tre donne più un maschio in realtà, una roba più alle Hole che non alle Savages. Ma su di loro si legge di movimento Riot, di all-female band, di rock in gonnella, di Rock With Mascara (che è un’idea meravigliosa che le ragazze hanno avuto – e non sono ironica – di unire tutte le band al femminile italiane e organizzare dei live itineranti per tutta la penisola, con scambio di contatti, di competenze, di passioni). Il movimento Riot Grrrl, lasciatemelo dire, era già morto quando Corin Tucker e Carrie Brownstein decisero di suonare insieme e fondare le Sleater Kinney. Ne avevano già le palle piene di essere intervistate in merito alla difficoltà di suonare in un panorama prettamente maschile o alla difficoltà di non contendersi il ruolo di prima donna con la compagna di band. Mamma mia. È difficile accogliere questo disco come una novità nel panorama musicale nostrano solo perché ci sono tre donne che suonano insieme in una stessa formazione (ma noi abbiamo già avuto i Prozac+, per citare solo una band antecedente con un organico simile). Non sarà (ancora!) discriminatorio concentrarsi sul genere nella promozione di qualcosa?
Dal punto di vista musicale, poi, Starlight non è la novità che aspettiamo (da un po’ e non certo e non solo dalle Roipnol Witch), ma è piuttosto un mix di influenze e di debiti artistici. Si va dalle sonorità New Wave della title-track “Starligt” al Pop-Punk degli anni Duemila di “Disagio” e “Oliver Tweet”; tra distorsioni contenute e registrazioni patinate (per un gran disco dal punto di vista tecnico ma ben poco sul piano artistico), si strizza l’occhio alla Berté in “Femme Fatale” e alle Plasticines di “Bitch” in “Be My Love”.
I testi sono alternatamente redatti in inglese o in italiano. Certo, nel 2016 è difficile trovare chi ancora non sa l’inglese e non riesce a capire un testo (per altro scritto da chi non è madrelingua e quindi non cede a slang e citazioni inafferrabili dagli stranieri), ma è evidentemente altrettanto difficile trovare nell’Alternative Rock un’attenzione per le liriche che non riduca il testo a mero espediente fonico (sempre che non si cada nella canzone di protesta dei soliti Zen Circus, Teatro degli Orrori, Ministri e compagnia). L’uso della rima, poi, come in “Non è un Paese per Artisti”, che poteva essere un pezzo davvero ben riuscito, diventa quasi un’irritante soluzione frivola per destreggiarsi nella grande difficoltà dell’accentazione piana della stragrande maggioranza delle parole della nostra lingua, un trattamento più alla Las Ketchup (o alle connazioni Lollipop!) che alla Au Revoir Simone. Per intenderci.
Il Rock femminile italiano continua, secondo me, ad essere debitore di un Rock al femminile d’oltreoceano che era già anacronistico quando è nato. Finché i coretti saranno di sexy Uh uh piuttosto che di contenuti, finché la leggerezza verrà scambiata per frivolezza anche da chi è parte attiva della composizione, finché mascara, minigonne e una rabbia senza agganci storici, senza il sostegno di testi di spessore continueranno a spadroneggiare in quella produzione che viene definita all female anche quanto la definizione non è proprio vera, si continueranno ad avere più Spice Girls che Carmen Consoli, in una dicotomia costante, per altro, tra suore e puttane. Si continuerà a notare più come si vestono queste ragazze per i live che ascoltare cosa vogliono dire. Ci si continuerà a stupire di vedere una donna suonare un basso e maliziosamente pensare anche magari alla bravura nel gestire un manico tanto lungo. Che pena.
C’è di che essere incazzate, come donne, senza doversi nascondere dietro al femminismo. C’è di che essere donne anche senza dover sculettare, di che farsi rispettare senza atteggiarsi necessariamente da streghe. E comunque, perdonatemi, se si vuole fare le suffragette, sarebbe bene avere, prima, qualcosa per cui combattere.

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La Band della Settimana: Le Capre a Sonagli

Written by Novità

La storia de Le Capre a Sonagli comincia nel 2000 quando, con il nome di Mercuryo Cromo, la band si fa notare suonando con Sick Tamburo, Cisco, Zen Circus, Giorgio Canali e partecipando a concorsi di livello nazionale. In particolare, la vittoria del contest Nuovi suoni live, permette al gruppo di esibirsi con gli Afterhours e dare alla luce il disco TORMENTA (Suonovivo / Nautilus con Giovanni Versari). Dal 2010 la band decide di operare una maggiore sperimentazione a livello compositivo. Il processo porterà alla definizione di una nuova identità: Le Capre a Sonagli vengono presentate ufficialmente il 1° aprile 2011 contestualmente all’omonimo ep. Il gruppo ottiene subito importanti consensi: ottimi piazzamenti in vari concorsi, una serata in apertura agli Asian Dub Foundation, moltissimi live. Nell’ottobre 2012, il disco di debutto SADICAPRA. Nel corso dell’estate del 2014, Le Capre a Sonagli concludono il tour di concerti iniziato a fine 2012: il bilanciere segna un’ottantina di date, su e giù per i palchi di tutta la penisola. Il Fauno, uscito lo scorso 3 marzo in autoproduzione con la collaborazione di #hashtag.

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L’Introverso – Una Primavera

Written by Recensioni

Il panorama Alternative milanese mi sembra sempre tendenzialmente legato a una tradizione compositiva che rende omaggio un po’ troppo agli zietti Afterhours. Il lavoro de L’Introverso, invece, prodotto da Davide Autelitano dei Ministri, se ne discosta particolarmente, collocandosi più in uno scenario Indie-Pop, più Pop che Indie.
Una Primavera si apre con il bell’arpeggio di “Tutto il Tempo”, che subito tradisce una certa attenzione al testo letterario, sensazione confermata nella successiva “Manie di Grandezza”. La formazione orchestra in maniera molto dettagliata e curata, ma forse ben poco personale: l’impressione è di stare ascoltando un Pop scanzonato alla Velvet, con sopra dei testi alla Mambassa (magari!). I temi sono quelli cari a tutto un certo Indie nostrano: precariato (economico, sociale, affettivo, individuale) e amore come barlume fugace ed effimero di salvezza e rifugio. “Il Rifugio”, “Stomaco” e “Uguali” sviscerano queste tematiche dimostrando che la lezione di Ministri, Zen Circus e Management del Dolore Post-Operatorio è stata imparata alla grande, almeno per ciò che riguarda la stesura delle liriche.
E va bene, stiamo parlando comunque di band che hanno saputo emergere e affermarsi con prepotenza, forti delle proprie competenze e bravure, ma io mi aspetto sempre qualcosa di nuovo, anche una piccolissima personalizzazione di un prodotto diverso. Altrimenti non ne vedo il senso.
Pregevole è la frase Mi invecchia di due anni/E mi rende un immaturo presente nel brano “Prima o Poi”, così come mi piace particolarmente l’uso del riff di chitarra in “Solo Questa Notte”, più un ritornello che una mera linea orizzontale.”Ti Odierai” e “Mi Rialzo”, nel bilancio del disco, sono brani che passano praticamente inascoltati, a parte qualche drizzar d’orecchie nel ritornello e niente di più. Diversa è la questione “Estranea”, forse il brano più bello di tutto il disco: una freschezza alla “Bianca” degli Afterhours, di cui ricorda giusto il mood e poco di più con le sue melodie ariose alla Tiromancino. E il disco chiude davvero in bellezza con la title-track, “Una Primavera”, ben elaborato sotto ogni punto di vista, finalmente caratterizzato da uno slancio vero e personale, forse l’unico di tutto il disco.
E così mi ritrovo a pensare di nuovo, dopo non so più quanti anni in Rockambula, che forse alle volte bisognerebbe sacrificare qualche brano e concedersi il privilegio di fare un bell’EP piuttosto che un brutto disco.

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“Al Settimo Cielo”, il nuovo video dei Luminal

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“Al Settimo Cielo” è il terzo estratto da Acqua Azzurra, Totò Riina, quarto album dei Luminal pubblicato a marzo 2015. Due mesi dopo l’uscita del disco Brian Molko sceglierà la band come opening del concerto dei Placebo all’Arena di Verona. Il video è di Sterven Jønger, già regista per le più importanti band italiane come Zen Circus, Ministri, Amor Fou.

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Torna dal 12 al 15 agosto il Rock Your Head festival

Written by Senza categoria

Riconquistare gli spazi e restituire loro nuova linfa e nuova vita. Creare punti di contatto tra le energie creative presenti sul territorio e sinergie con le forze artistiche che provengono da indefiniti altrove. Nato nel 2008 a Montebello di Bertona (PE) dalla forza di volontà e dalla passione di un gruppo di ragazzi sempre più consapevoli delle criticità e delle potenzialità del territorio, torna con tali intenti il Rock Your Head festival pronto a scuotere gli animi dal 12 al 15 agosto 2015. In attesa di svelare il programma completo, l’organizzazione rende note le attività e la line up delle prime due giornate e ne annuncia una gustosa anteprima prevista per sabato 4 luglio presso la libreria TIBO: a partire dalle 18 aperitivo in collaborazione con “Cignale – agriturismo & società agricola” che proporrà un menu con prodotti locali  e che sarà accompagnato da djset. Alle 22.00, il live della band Surf Garage romana John Canoe, formatasi nell’autunno del 2009 dall’unione di Jesse Gemano’ (voce e chitarra), Stefano Padoan (voce e batteria), da subito riconoscibili per le loro melodie disinvolte ma d’effetto che mischiano Surf al Garage Rock più Punk e alternativo.

Il 12 agosto il festival si prepara ad accogliere i partecipanti sin dal primo pomeriggio con l’apertura del Belomonte Social Bar, offrendo la possibilità di sistemarsi nell’area camping in piena tranquillità. Durante la serata la scelta delle due band che si esibitanno sul Camping Stage va a privilegiare la scena emergente. I Voina Hen sono infatti una band proveniente dall’amena Lanciano che ha da poco pubblicato il primo EP Finta di Niente, interamente autoprodotto e diretto artisticamente da menti malate di Manuele Fusaroli (Luci della Centrale Elettrica, Zen Circus, Nada, Nobraino, Management del Dolore Post-Operatorio ecc.) e Marco Di Nardo (Management Dolore Post-Operatorio). Nella primavera del 2014 iniziano le registrazioni del loro primo disco ufficiale, sempre al seguito della folle accoppiata Di Nardo-Fusaroli. Saranno inoltre protagonisti della serata i Bee Bee Sea, mantovani dall’attitudine Garage che puntano dritti al cuore, senza lasciare scampo, attaccando ritornelli che teletrasportano nel Big Sur californiano per poi, inconsciamente, scaraventarti a Manchester o Nashville. Se i Black Lips fossero nati in terra d’Albione forse suonerebbero così. Il loro omonimo disco d’esordio esplosivo e straordinariamente maturo per questi tre ragazzi cresciuti laddove la provincia mantovana si incunea nel bresciano, frutto di una lunga collaborazione con il T.U.P. Studio di Brescia dove, sotto la direzione di Bruno Barcella e Alessio Lonati, hanno cesellato e arrangiato il disco, nella romantica convinzione che ogni brano dovesse risultare un singolo.

Il 13 agosto invece inizieranno le diverse attività permanenti parallele ai concerti: sin dalla mattina infatti sarà aperta l’area ozio letterario in collaborazione con la libreria Tibo che gestirà una libreria ambulante a cielo aperto durante tutte le giornate del festival, con presentazioni di libri e reading, e con un nuovo spazio dedicato alle streetarts,  ci saranno giochi ed intrattenimenti per il pubblico più giovane e si realizzerà la programmazione Rock Your Earth con produttori locali e workshop sulle pratiche del villaggio sostenibile. Dal primo pomeriggio aprirà anche l’area ludica adiacente al Social Bar con giochi ed intrattenimenti disparati. I concerti avranno inizio alle 17:30 con l’esibizione di The Blues Against the Youth, progetto solista di Gianni TBAY, che si esibisce da solo suonando simultaneamente chitarra, voce,  grancassa, hi-hat, kazoo e l'”invisibile rullante di ferro”. Nel 2008, dopo vari anni di esperienza nella scena Hardcore Metal internazionale con il suo gruppo The Orange Man Theory, il musicista romano fonda questa one man band per tributare alcuni ascolti di un tempo che non ha mai abbandonato. Inizialmente ispirato dai suoi eroi Country Hank Williams, Merle Haggard e David Allan Coe, The Blues Against Youth sincretizza varie influenze, passando dal riff rock ’70 dei Led Zeppelin, Lynyrd Skynyrd e Grand Funk  Railroad, attraverso il Blues primitivo dei padri del delta, andando verso qualcosa di fangoso e travolgente.  L’esibizione sarà seguita da un djset che preparerà il pubblico alla programmazione serale ed all’apertura del mainstage con tre band dall’approccio sperimentale e dalle profonde influenze Shoegaze, Darkwave e Psichedeliche: l’apertura sarà di Felpa, progetto solista nato dall’esigenza espressiva di Daniele Carretti degli Offlaga Disco Pax, che trae ispirazione tanto dall’Italia musicale di fine anni ’90 quanto dall’Inghilterra musicale di inizi anni ’90, ma volendo guarda ancora più indietro nel tempo. Infine sarà la volta degli headliner The KVB, duo inglese formato da Nicholas Wood & Kat Day: come un sogno ricordato in maniera confusa, si mescolano nella loro musica i riverberi tipicamente Shoegaze con una produzione elettronica minimale. Un progetto avviato con una serie di Ep in vinile e cassetta prima di giungere al primo full-length, Always Then del 2012. Altri due album arrivano l’anno successivo (Immaterial Visions e Minus One), il secondo dei quali rivisita materiale già edito in cassette ad edizione limitatissima. Nel 2014 il duo registra a Berlino le tracce del proprio Ep Out of body, collaborando per la prima volta con il batterista Hoe Silworth, meglio conosciuto per il suo lavoro con gli Stereolab. In chiusura i ritmi tribali, cerebrali ed ipnotici dei Warias, progetto che vede dietro la produzione artistica Matteo Salviato bassista di The Soft Moon, band capitanata dallo statunitense Vasquez.

Evento Facebook https://www.facebook.com/events/847436652007734/
Sito http://www.rockyourheadfestival.com/
Pagina Facebook https://www.facebook.com/rockyourheadfestival?fref=ts

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La Band della Settimana: Dr. Quentin & Friends

Written by Novità

Quinto Fabio Pallottini, aka Dr. Quentin, è un giovanissimo cantautore di Pratola Peligna , piccolo paese abruzzese, troppo piccolo per chi dell’arte ne fa uno stile di vita. L’approccio alla musica di questo ragazzaccio dai capelli rossi risale alla prima adolescenza, quando imbracciando un basso elettrico comincia a suonare nel garage di Prince Spark, batterista e membro originario dei cosiddetti Friends che costituiscono la formazione attuale del dottore. L’irriverenza e il carattere ribelle del nostro artista condensano in prime esperienze punk rock e già in queste comincia ad intravedersi quel talento che negli anni successivi renderà Quentin un vero e proprio showman; già, perché quel basso avrebbe potuto suonarlo anche spento, l’energia sprigionata dalla sua presenza e dalla sua voce avrebbero fatto il resto. La svolta artistica del cantautore, dopo aver macinato punk affine a Rancid, Green Day e Blink 182, si ha nella sua esperienza britannica: Quentin trascorre un anno a Londra. Qui, entra in contatto con gli artisti di strada della metropolitana e dei pub londinesi, apre i suoi orizzonti musicali cominciando a percorrere i territori del Folk e del Raggae. In questo periodo compone numerosi pezzi dalla vena cantautorale e melodica, alcuni dei quali rientreranno nel suo repertorio attuale. Con in spalla una Ibanez acustica dalle corde arrugginite e un cappello Pork Pie in testa era nato un nuovo personaggio, il Dr. Quentin. Il dottore si esibisce in un numero impressionante di spettacoli acustici in solo, aprendo gruppi abbastanza conosciuti nel panorama indie italiano come gli Zen Circus. Con uno stile dinamico e sempre aperto alle contaminazioni, preferendo le liriche british a quelle in madrelingua, Quentin entra in poco tempo nelle grazie di tutti gli amanti della musica del circondario. Le varie influenze Raggae spingono il giovane artista ad una nuova evoluzione e ad una nuova idea, che avesse comunque in lui e la sua figura artistica irriverente il centro del progetto musicale: i pezzi, finora interpretati dalla sua voce e dalla sola chitarra acustica, entrano a far parte di una sinfonia che prevede più strumenti. Nasce la formazione beffardamente nominata Dr. Quentin & Friends. Si passa ad un’interpretazione elettrica, rock, Raggae di quelle liriche e melodie intime e cantautorali: il risultato è una musica energica che coinvolge, che fa ballare, che fa cantare, che intrattiene, che ti entra in testa in atmosfere che vanno dal Pop al Roots Raggae alla psichedelia. Alla voce maledetta di Quentin si accompagnano gli assoli di Osvaldo Orsini (aka Oss, chitarra solista), le linee di basso raggaeggianti di Luca Del Rosso, le percussioni esplosive e tribali di Gregorio Liberatore (aka Prince Spark, batteria), i cori psichedelici di Jacopo Santilli e gli innesti della tastiera di Luca Di Pillo. Dr.Quentin & Friends è un progetto nuovo, fresco che vanta già performance live, come l’apertura alla rock’n’roll band romana dei Giuda, ed ha riscosso un ottimo apprezzamento da parte del pubblico. Nel 2015 è uscito un Ep contenente tre brani: “What I Got”, “Sweet Dirty Music”, “Carry On”. Oltre alla sua innata capacità di scrivere canzoni che ne fa un talento unico il dottore si fa forte di un carisma e una personalità devastanti che lo rendono un vero e proprio animale da palco, da non perdere.

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Metropolis, il nuovo concept album degli Albedo

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Uscirà il 16 marzo in digitale e Cd per etichetta Massive Arts (Fratelli Calafuria, Nadar Solo) e free download per V4V-Records, Metropolis, il quarto disco degli Albedo reduci dal successo di Lezioni di Anatomia (V4V-Records 2013). Metropolis è il quarto disco in studio degli Albedo. Il titolo è un tributo al capolavoro omonimo di Fritz Lang, capostipite della fantascienza al cinema. Metropolis si sviluppa infatti come un racconto, una sorta di moderna Odissea, ambientato nel futuro, in rigoroso ordine cronologico e narrato in prima persona. È la storia di un allontanamento obbligatorio, di un viaggio oscuro dalle terre di origine del protagonista, devastate dalla povertà e dalla miseria, verso un grande agglomerato urbano, Metropolis appunto, alla ricerca di una via d’uscita, di un modo per reagire, per cambiare il proprio destino dettato da una ancestrale profezia. La spinta al benessere materiale, negli anni, tocca territori più profondi nello spirito dell’io narrante, che avvia una disperata ricerca di se stesso: “Chi sono io? Da dove vengo?” Queste domande sorprendono per la loro spiazzante semplicità ma sono solo il principio di una feroce analisi di una civiltà distratta, meccanizzata e spersonalizzata, senza più un Dio a dare conforto o in cui credere, espressa dal punto di vista del protagonista, innocente, puro, giacché giunge da un luogo lontano, diverso e distante dall’inumana Metropolis. Un racconto nel futuro proiettabile a ritroso, nel presente, che attraverso il linguaggio della metafora, riferimento continuo nella poetica della band, svela e analizza vizi e perversioni dei tempi di oggi”.

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Top e Flop 2014, secondo i redattori di Rockambula

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