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Sailor Free

Written by Interviste

Intervista ai Sailor Free, band capace di creare uno dei migliori concept album ascoltato negli ultimi mesi.

Ciao. Per prima cosa, come state?
Bene, grazie.  E tu?… intendevi come band? Siamo attenti, determinati.

Cerchiamo di conoscere meglio i Sailor Free? Perché questo nome? Qual è la storia musicale della vostra band e dei suoi membri?
La storia musicale dei membri dei Sailor Free sarebbe un po’ troppo lunghina, perché siamo grandicelli. Alcuni di noi suonano insieme dalla fine degli anni ‘70. Abbiamo sempre fatto musica insieme e separatamente, di molti generi diversi, dalla world music al metal. Nel ‘91 abbiamo deciso di mettere su questa band e il nome Sailor Free nasce proprio dall’idea principale, quella di navigare in libertà tra i generi musicali, le culture, le idee.

Una carriera ventennale ma otto anni di silenzio. Coma mai una pausa tanto lunga?
Come dicevamo, il nostro rapporto, musicale e personale è molto stretto e antico. Nel periodo di pausa dei Sailor Free io ho continuato la mia attività con il gruppo di world music e un album solista nel 2009; gli altri Sailors coinvolti in band metal o in produzioni…  Ma le prime composizioni, le idee sulla storia e tutto il materiale di questo nuovo album inizia ad apparire molti anni fa.

Passiamo subito a parlare del disco. Spiritual Revolution. Siamo nel 2013 e alcuni mesi fa decidete di realizzare un lungo concept album di forte impronta progressive, ispirata ad un’opera di Tolkien. Non avete avuto paura di suonare anacronistici?
Spiritual Revolution nasce grazie alla collaborazione di un team allargato. Un percorso di collaborazione che è iniziato più di 10 anni fa. La scommessa era quella di riuscire a fare un’opera ben fatta in tutti i suoi aspetti, creativa, sincera e professionalmente ineccepibile, senza poter accedere a grandi investimenti. Grazie a questo team creativ – Nik Redian che inventa e scrive storie ed interi mondi, Terrence Briscoe che trasforma in immagini le nostre allucinazioni, i nostri fonici  Raimondo Mosci e Gianmario Lussana e tutti gli altri, che hanno aiutato e aiutano questo progetto – siamo riusciti a realizzare tutto questo. Il futuro della musica e dell’arte in generale, secondo me, è quello di recuperare sincerità, determinazione, collaborazione e condivisione. Deve tornare ad essere l’arte a muovere il mercato, non viceversa.
Se tutto ciò suona anacronistico, di questi tempi? Può darsi, ma in realtà speriamo di essere soprattutto di esempio.

Uno dei punti focali dell’opera è il concetto di energia inteso come esistenza, come intuizione della ragione e dell’anima. Allontanarsi dalle strade comuni e conservatrici per sperimentare nuove vie che possano permettere un arricchimento sociale condiviso. Concetti legati all’ideologia della Spiritual Revolution People. Di cosa si tratta?
Crediamo che il mondo sia arrivato ad un passaggio cruciale, un profondo cambiamento. Secondo noi è chiaramente percepibile. Volevamo inserire questa sensazione, questa idea nella nostra storia, che si veniva formando. Siamo incappati (circa 4 anni fa) in un sito web, Spiritual Revolution People (SRP), che non propone un’ideologia, né tanto meno una religione, ma un metodo, un percorso artistico, simbolico, per prepararsi a questo cambiamento. Ci è sembrato interessante l’aspetto creativo e artistico proposto da SRP, così abbiamo accolto il loro approccio e l’abbiamo inserito nel nostro lavoro. Siamo anche noi dei Messaggeri SRP, oramai.

Altro elemento portante è il legame con il Silmarillion di J.J.R. Tolkien. Cosa lega le due cose?
Sì, mettiamo un po’ le cose in ordine, hai ragione. Diversi anni fa abbiamo cominciato, con il team creativo, partendo dall’idea di realizzare un musical, una rock opera su uno straordinario racconto, “Beren and Lùthien”, dal Silmarillion di Tolkien. Il racconto ci conquistava per la sua straordinaria sintesi narrativa, che riusciva a toccare ed evidenziare emotivamente una quantità incredibile degli aspetti importanti della vita. Ma da questo impianto emotivo-narrativo iniziava a prendere forma un’altra storia; una storia diciamo di fantascienza, ambientata nel futuro. Uno di quei futuri che, se guardi bene, puoi già sbirciare.

Quest’opera (il Silmarillion) è stata ispirazione di tante band come Blind Guardian o Marillion. Cosa vi rende diversi, nella lettura di Tolkien?
Non so se questo ci rende diversi, ma noi siamo partiti dal racconto di Tolkien per arrivare a scrivere una storia originale, ambientata in un futuro prossimo, con i nostri personaggi e le nostre dinamiche. Non ci siamo riferiti all’iconografia fantasy dell’universo tolkieniano, ma più ai suoi contenuti spirituali, diciamo.

Da un punto di vista musicale come siete riusciti a far suonare il vostro lavoro come qualcosa di moderno e attuale partendo da premesse progressive e Psych Rock tipiche di decenni fa?
Credo sia perché non abbiamo mai smesso di fare e ascoltare musica, in questi anni. Abbiamo realizzato diversi album separatamente e, ad essere sinceri, credo che il fatto di non aver raggiunto il grande successo ci ha protetto dalla tentazione di smettere di fare ricerca per inseguire la replica di quel successo.

Un concept che parte da un’ideologia semisconosciuta, passa per l’opera di Tolkien, abbraccia diversi generi musicali molto complessi (ambient, drone music, progressive, alternative, ecc…), spazia tra le melodie, le ritmiche, i cambi di tempo spesso dentro lo stesso brano. Esiste veramente un pubblico che sappia apprezzarvi oggi in Italia? Non rischiate di essere “troppo”?
Rischio assolutamente non calcolato: noi siamo fatti così, siamo soliti riversare nella nostra musica tutti i nostri input emozionali e culturali, tentando di operare una sintesi, a volte riuscendoci, altre meno, ma sempre, speriamo, con risultati affascinanti per chi ha ancora voglia di sognare.

La vostra musica è piena di voi, della vostra personalità, della vostra anima ma ci sono molti punti di riferimento che vi possono legare a The Cult, ai Muse, ai Tool, ai Pink Floyd. Io ho notato ad esempio in “Daeron” una discreta assonanza con Robert Wyatt. Quali sono gli artisti che vi hanno maggiormente influenzato?
Ti ringrazio della premessa. Certo, immagino che ci siano influenze di tante bands importanti, magari anche alcune di quelle che hai citato o di altri; anzi, la lista delle bands e dei generi musicali è così incredibilmente lunga che l’abbiamo raccolta e riportata sui nostri siti. Innanzi tutto dobbiamo ricordarci che facciamo musica da molto tempo, ed essendo sempre stati in attività, alcuni linguaggi li abbiamo vissuti direttamente; ma la cosa credo più importante che avviene tra noi è un meccanismo da band, e le nostre diverse competenze, i nostri diversi gusti musicali, quando facciamo musica insieme, si sommano, si moltiplicano.
E’ una specie di magia…

Hard Rock, Psych Rock, World Music, Post Rock/Metal, Alt Rock, Ambient, Drone Music, Pop. Tutto dentro Spiritual Revolution. Immagino che da buoni artisti non amiate le categorie. Come far capire a un lettore allora, che musica può ascoltare con il vostro album?
E’ un disco Rock. E’ un disco che va ascoltato soprattutto con il cuore. Un disco che sa dare qualcosa in cambio. Capisco che per parlare di musica si debbano scegliere delle parole per spiegare al lettore cosa può ascoltare. Ma, secondo me, lo sforzo nel dare etichette diventa una limitazione eccessiva, per tutti. Così va a finire che le opere si assomigliano tutte un po’ troppo, no? Noi abbiamo sempre inteso la parola progressive, che spesso ci viene associata, come la si intendeva alle origini: la forza di sperimentare, non la sterile riproposizione di standard musicali esauritisi negli anni ’70. Da quei tempi ad oggi sono accadute tante belle cose nella musica, che i SF hanno vissuto e assorbito, e che si fondono con il resto nel nostro modo libero di fare musica… In questo senso sì, allora si può dire che i Sailor Free suonano progressive.

Nella mia recensione scrivo che questo “non è certo un disco che si può ascoltare con facilità e non è un disco per tutti. Ha bisogno di attenzione, tempo, buona preparazione. È l’esatto opposto di quello che la musica sta diventando”. Cosa ne pensate? L’arte può essere per tutti? E perché la musica, l’arte suprema, diventa sempre più intrattenimento per un pubblico incapace di distinguere, scegliere, capire?
Bene, nella domanda c’è già parecchio della risposta. L’arte è per tutti. Il sistema sta imbrigliando l’arte e gli sforzi artistici. Il pubblico sa quello che gli è permesso di conoscere. Se la maggior parte della gente in Italia sente le radio e guarda la televisione si abitua a sentire musica leggera, in tutte le sue forme, ed accettarla come un dato indiscutibile di realtà possibile. Purtroppo e’ una triste storia di droga. Una storia di dipendenza. Io sono ormai disintossicato. Prima ho provato a diminuire le dosi, ma non c’era niente da fare… ora, da più di due anni, ho smesso. Non ho più la televisione. E sto molto meglio, amici miei…

Cosa viene dopo Spiritual Revolution? Ci sarà un nuovo disco, magari legato a questo? Ci sarà un tour?
Ci sarà un tour, sicuramente, a partire da questa estate, e poi la preparazione di Spiritual Revoluton part 2; infatti questo appena uscito è il part 1… la storia è già scritta e stiamo completando la scrittura dei brani. Magari un giorno avremo l’occasione di raccontare questa storia musicale per intero, in uno spettacolo live.

Cambiamo argomento. C’è qualche nome nuovo che vi piace molto? Sia italiano che straniero, ovviamente.
DP: Giro la domanda a Stefano Tony, il batterista, che è sicuramente il più aggiornato di noi.
ST: Domanda da 10.000 punti! Steven Wilson è un nome nuovo? E’ già in giro da più di una decina di anni con i Porcupine Tree. Ma da quando si è convertito al progressive tira fuori dal cilindro idee molto interessanti, specialmente quando si
confronta con generi così diversi dal suo (vedi Opeth). I Tool e gli A Perfect Circle sono nomi nuovi? Ma sono creativi e onesti. E poi c’è quella dolce fanciulla (…!?) inglese che risponde al nome di Kate Bush che, con la  collaborazione di un nome nuovo alla batteria (un certo Steve Gadd, you know), disegna paesaggi innevati con la sensibilità di un Tim Burton o di… una Kate Bush di trent’anni fà!
DP: Va be’… come non detto!

Come è cambiata la musica nel corso degli ultimi vent’anni? Perché l’Italia sembra sempre un passo indietro. Colpa del pubblico avverso a chi osa o colpa dei musicisti che preferiscono non osare?
E’ un po’ chi viene prima tra l’uovo e la gallina… Diciamo che una catena peccaminosa, che porta sempre più giù, ormai è partita, e da tempo: meno i musicisti rischiano, meno la gente compra musica o la vive live, e meno prove si fanno, e meno ti pagano i club e i giovani con i contest e giù fino all’inferno di x-factor… Ahhhh!!!
Qualcuno deve puntare i piedi e cominciare, con fiducia e fatica, la risalita. E dato che non immagino manifestazioni di pazza del pubblico che chiede più impegno ai musicisti, mi sa che tocca ai musicisti riprendere il coraggio di osare.

Che ne pensate del crowdfunding?
Fantastico! Condivisione. Può diventare una vera rivoluzione, con il tempo. E’ un modo intelligente per saltare i passaggi del grande profitto, che non va a vantaggio né di chi fruisce la musica, né di chi la fa. Dal produttore al consumatore, chilometro 0, insomma. Noi sicuramente useremo anche il crowdfunding per produrre il nuovo album.

L’arte è prostituzione, diceva Baudelaire. Si può (soprav) vivere oggi, solo della propria arte?
Credo che Baudelaire intendesse prostituzione  in quanto essere estremamente donativi e intimi in cambio di un compenso, non credo si riferisse allo sputtanamento della banalità o della patetica rincorsa di un possibile successo.
Lo chiedi a me, io vivo di questo… certo che si può, oggi, vivere della propria arte; è una strada durissima e piena di tentazioni, ma si può fare. Io, nel mio piccolo, ne sono una prova vivente, no? Ma perché, le altre strade, in questo momento, sono facili? Direi di no, è un delirio ovunque, per l’arte; perciò, adesso più che mai vale la pena rischiare, fino in fondo, dando tutto… tanto è comunque difficile.

Quale è il vostro sogno di musicisti e la vostra paura più grande?
Dopo che hai fatto la tua musica, la tua ricerca, con sincerità e totalità, la cosa più importante è comunicarla, condividerla, quindi, certamente, il grande successo è il desiderio più grande. La paura più grande, come musicista, è non riuscirci.

Chi è la grande truffa dell’Indie italiano? Non risponde mai nessuno ma io ci provo comunque.
Fai bene a provarci, e fanno bene tutti a non rispondere. Eh eh… Intendo dire che stiamo già tanto nei guai che facci pure mettere l’uno contro l’altro! No, scherzo… a me non piace niente dell’indie italiano. Ma no, scherzo… A me piacciono quelli veri, che non la raccontano ma la vivono. Abbiamo da tanti anni un rapporto di stima con Dome La Muerte (ex Not Moving) adesso in giro con i suoi Diggers, ma lui non è la truffa, è quello vero.

Domanda freschissima. Visto il risultato elettorale, cosa succederà all’Italia, alla cultura e alla musica nel nostro paese?
L’Italia, secondo me, potrebbe essere il parco divertimenti dell’Europa: clima buono, natura varia e ricca, cibo e vino senza rivali, raffinati e dotati nelle eccellenze, anche industriali, siamo anche simpatici, socievoli, si può dire, eravamo di molto talento… abbiamo una straordinaria quantità di arte, antica, che va preservata… bene, ma gli italiani stanno ancora qua, non è un popolo estinto, per cui finché qualcuno non si metterà in testa che l’arte è una cosa Viva, che va nutrita e stimolata ORA, che gli artisti devono poter esistere, vivere, ora… ma nessuno parla di questo, al massimo qualcuno parla delle rovine romane. Ho incontrato un gruppo belga di rock ultra sperimentale in tournèe a spese dello stato, e non credo fossero cugini dello zio del ministro della cultura… Il risultato elettorale? Vediamo… la strada è lunghina. Se qualcosa del sistema si sfascia, io sono contento.

Ditemi quello che avrei dovuto chiedervi e non vi ho chiesto? Poi, se volete, rispondetemi.
Non saprei… forse potevi chiedermi qualcosa sulla situazione della musica Live in Italia… ma per fortuna non l’hai fatto!

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