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Recensioni #02.2017 – Ryan Adams / Poomse / Montauk / Gravitysays_i / The Great Saunites / O.O.P.Art. / Human Colonies

Written by Recensioni

Fast Listening | Luglio 2016

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Le Larve – Non sono d’accordo (Cantautorato, Rap) 6,5/10
Ispirato, audace e incazzato: Non sono d’accordo de Le Larve, al secolo Jacopo Castagna, è proprio così. Il suo cantautorato in-opposition sa di rabbia verso la società e la falsità di certi rapporti umani. Un fiume in piena colmo di spunti interessanti ma che avrebbe bisogno di essere arginato quel tanto che basta per esprimere al meglio tutto il proprio potenziale.  Da non perdere “Fantasmi” e “Quello che sono”, con il prezioso feat. di Chiara dello Iacovo.

[ ascolta “Fantasmi” ]

The Great Saunites – Nero (Heavy Psych) 6/10
Più meditato dei suoi predecessori, Nero, suite di 35 minuti divisa in tre parti, conferma l’ossessione dei lodigiani per il tribalismo e per la circolarità del suono, andando però a perdere un po’ troppo in fisicità, soprattutto lungo i 19 minuti dell’iniziale title-track. Funzionano meglio i due successivi movimenti (“Lusitania” e “Il Quarto Occhio”) ma ci si trova in definitiva di fronte ad un lavoro che ad ascolto concluso non ci lascia dentro grandi tracce di sé, risultando meno scuro e misterioso di quanto probabilmente si sarebbe voluto. Insomma, un piccolo passo indietro per due musicisti che comunque non si discutono.

[ ascolta “Lusitania” ]

The Star Pillow – Above (Ambient, Drone) 7/10
Registrato al Btomic (storico locale spezzino chiuso ad inizio anno) davanti al solo Jacopo Benassi (tra i proprietari del locale),  questa nuova fatica del toscano Paolo Monti è una cosmica escursione chitarristica Ambient-Drone. Un intimo viaggio nel buio siderale dalla durata di 48 minuti suddivisi in 5 coinvolgenti tracce, morbide, sognanti, crepuscolari, abissali e cinematiche che rappresenta indubbiamente uno dei migliori dischi nel genere firmati da un artista italiano in questo 2016. Ad impreziosire il già pregevole lavoro, prodotto da Time Released Sound, troveremo nell’edizione limitata il CD inserito nel box di una pellicola Kodak del 1969 (anno dello sbarco sulla Luna di Neil Armstrong) ed all’interno della confezione foto originali della NASA scattate in quello stesso anno.

[ ascolta “Sleeping Dust” ]

Le Scimmie – Colostrum (Doom Metal) 6,5/10
Formazione nuova (ingresso di Simone D’Annunzio all’effettistica oltre che un cambio dietro le pelli dove ora siede Gianni Manariti) e nuova forza espressiva per la band di Vasto. Lontano dal poter dirsi originale, Colostrum è comunque un disco che libera una grande potenza e che, anche grazie ai nuovi componenti della band, riesce a fissare e descrivere meglio le atmosfere del trio guadagnando in densità e tensione, risultando indubbiamente superiore al precedente Dromomania. Un buon passo avanti ed un convincente lavoro per la band capitanata dal chitarrista Angelo Mirolli.

[ ascolta “Crotalus Horridus” ]

Mesarthim – Isolate (Atmospheric Black Metal, Doom, Elettronica) 6,5/10
I growl lontani e riverberati non sporcano più di tanto questo disco di Black Metal travestito da Post-Rock atmosferico (o è il contrario?). Sono ambienti distesi e armonie avvolgenti quelli attraversati dai Mesarthim con le loro chitarre ultra-distorte, i loro assoli retrò e le loro batterie col doppio pedale continuo, in un mistone di rilassatezza e tensione che pende forse più verso la prima che verso la seconda. Qua e là spuntano persino curiosi arpeggiatori, synth frizzanti e pianoforti lievi, in un crossover Metal-Ambient che ricorda qualcosa dei Junius e che incuriosisce più del previsto.

[ ascolta “Declaration” ]

Dubioza Kolektiv – Happy Machine (Balkan, Ska-Punk, Dub, Hip-hop) 7/10
Gruppone bosniaco ribelle che mescola stralci di musica tradizionale e generi alternativi per cantare dai bordi d’europa la voglia di un mondo diverso, con pochissimo cinismo e tanta fame di cambiamento e festa. Il disco è divertente, ballabile e intenso: pur senza inventare granché, riesce a rimanere interessante mescolando suoni e culture in un marasma che, nel caos, coinvolge facilmente. Con partecipazioni di, tra gli altri, Manu Chao e Roy Paci.

[ ascolta “No Escape” ]

Fiumi – The Fat Sea Time (Indie Rock) 6/10
Dopo due EP e una  decennale esperienza sui palchi i Fiumi ci presentano il loro primo disco. E lo fanno molto bene, offrendo dieci tracce variegate e godibili. La matrice di partenza è un sound ispirato agli anni 90, ma che sa essere moderno, giocando sapientemente a volte con la psichedelia, a volte con sporcature di elettronica o lievi distorsioni.  Un disco che riesce trasmette con leggerezza un senso malinconico, che ti avvolge con piacevolezza ed equilibrio, mai eccessivo e mai carente nell’ispirazione.

[ ascolta “In The Noise” ]

Monaci del Surf – Vol. 3 (Surf Rock) 5/10
I Monaci del Surf sono degli ottimi musicisti e degli ottimi performer che fanno scatenare il pubblico a botte di surfer riff. Il loro terzo capitolo non si discosta dai precedenti lavori ed composto completamente da cover riadattate in chiave surfer. Ce n’è per tutti i gusti, dai Nirvana ai Depeche Mode, agli Offspring, senza dimenticare la madrepatria con Donatella Rettore e Nicola di Bari. Come tradizione vuole per i Monaci del Surf è vietato prendersi troppo sul serio quindi, tra la cover della sigla di Game Of Thrones a “Sognando la California”, mettete le cuffie e let’s surf.
[ ascolta “California dreamin’ “ ]

Alessandro Sipolo – Eresie (Cantautorato, Folk) 6,5/10
Sipolo è un cantastorie d’altri tempi, dalla voce suadente e dalla penna fine, e il suo Eresie un concentrato di atmosfere: Folk, soprattutto, ma anche Manouche, Blues, Rock e latine, impregnate sempre di una forza lirica e una coerenza ideale degne di ammirazione. Raffinato e multiforme, capace dell’intensità dolorosa di “Tra Respirare e Vivere” e dello sberleffo ironico di “Comunhão Liberação” con la stessa credibilità, soffre un po’ il cliché del Folk impegnato (Modena City Ramblers, Bandabardò) ma riesce spesso ad arginare il déjà vu grazie a uno sguardo che dimostra di possedere, qui e là, una sensibilità non comune.
[ ascolta “Comunhão Liberação” ]

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Nero – Lust Souls

Written by Recensioni

Nero è il colore giusto. Perfetto per lo sporco suono New Wave che produce, con tanto di chitarre insistenti e una voce cupa, sensuale e viscida come la pelle di un serpente. Il suo disco d’esordio Lust Soul è il perfetto connubio tra vintage e modernità. Nero di certo non è un novellino, ma annovera un passato con band del calibro dei The Detonators e The Doggs (per altro recensiti dal sottoscritto qui su Rockambula qualche anno fa). Il suo background è dunque fissato su solide basi di sporco Rock’N’Roll, tra Black Sabbath e Stooges per intenderci. Indubbiamente in questo lavoro solita la sua rotta vira verso sonorità più lente e scure, più ossessive e più schizofreniche. Come la stupenda “I’m The Sin”, un vortice di passione dentro la frenesia dei Joy Division senza perdere il senno, grazie a una melodia trascinante. Il suono dietro è perfetto, curato in ogni minimo dettaglio: rullante che martella il nostro cervello, basso cadenzato e ben definito che scombussola il nostro bacino. “In my Town” è un piccolo capolavoro minimal, quello che sarebbero i Depeche Mode senza una mega produzione e senza dimenticare le tenebre di Ozzy e dei suoi Black Sabbath. Guardando ad una città più grande, scappa anche la vicinanza alla New York decadente di Lou Reed. La canzone è un viaggio psichedelico in una grotta completamente buia, umida senza via d’uscita, ma con la consapevolezza che nessuno ci farà del male. Sicurezza che viene meno nella terrificante “Bleeding”, ritmica quasi Doom immersa in chitarre ululanti e un piano che compare ogni tanto come uno spaventoso fantasma. I ritmi si innalzano in “Over my Dead Body”, riff Punk venuto dallo spazio, basso incalzante e synth svarionanti dominano l’atmosfera e ci introducono in un crescendo interminabile. Come se Marc Bolan e i suoi T-Rex incontrassero in studio i Daft Punk. Nero riesce con grande naturalezza a mischiare sensazioni, suoni, spazi e periodi storici. Il tutto grazie ad un’improbabile macchina del tempo, scassata, ma terribilmente efficace. “Old Demons” è superba, sembra uscita in due minuti di prove e ha l’efficacia di essere vera e nostra. Ci togliere dal tunnel buio per portarci a braccetto negli inferi, dove rimaniamo bloccati fino a “Spirit”. Battiamo il cranio contro un muro rovente. Si questa elettronica è calda, è vera come un Les Paul collegato al suo Marshall JCM 800. Nero poi ci saluta con le schitarrate distese di “Tomorrow Never Comes”, riporta tutto alla semplicità, ad un triste epilogo, a un dolore viscerale. “Vedrai un grave dolore e in quel dolore sarai felice”, scriveva Dostoevskij.

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Nero: esce il primo video “Tomorrow Never Comes”

Written by Senza categoria

Esce su youtube “Tomorrow Never Comes”, il primo video estratto dal debut album di Nero, Lust Soul, in uscita il 27 gennaio 2016. Così lo descrive la regista Samantha Stella: “Tomorrow Never Comes è disperata ricerca di amore. Sulle suggestioni del cortometraggio Honey Bunny di Vincent Gallo, le immagini video presentano due corpi uniti imprigionati nel loop di un non tempo.” Esponente della scena underground milanese (già fondatore della punk-band The Detonators e di quella garage-rock The Doggs), Nero Kane è cantante/chitarrista del progetto, affiancato nella realizzazione del primo videoclip da Samantha Stella, artista visiva, performer, set&costume designer, regista e fondatrice del duo artistico Corpicrudi. L’uscita di Lust Soul regala a Nero e Stella l’occasione per lavorare insieme a due video, di cui oggi vi presentiamo il primo. Il clip “Tomorrow Never Comes” è stato girato negli spazi della galleria d’arte bolognese Contemporary Concept e vede la collaborazione dello stilista spagnolo Gori de Palma.

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La Band della Settimana: We Are Waves

Written by Novità

I We Are Waves sono un gruppo italiano, originario di Torino, di musica New Wave contaminata da elettronica moderna. Il gruppo è composto da Fabio Viassone, Cesare Corso, Fabio Menegatti e Francesco Pezzali. Esordiscono con un EP di 4 brani nel febbraio 2012. Dopo un periodo fitto di date live, il gruppo pubblica nel 2014 il primo album, Labile, diffuso dall’etichetta Memorial Records. Il disco viene ottimamente accolto da pubblico e critica, che in poco più di un anno annovera i WAW tra le “migliori band di genere in Italia” (Rockit). Nell’arco del 2014 intraprendono un lungo tour italiano. Nell’Ottobre dello stesso anno iniziano le lavorazioni ai pezzi del secondo album, “Promises“, pubblicato dall’etichetta valdostana Meatbeat Records a Maggio 2015. Tra le influenze più importanti vi sono molte band new wave attive negli anni ’80 come The Cure (cui hanno dedicato una personale rivisitazione del classico “A Forest” nel loro disco d’esordio), Joy Division, Sisters Of Mercy, Tears For Fears. Ma anche il wave-rock moderno di White Lies ed Editors, e soprattutto l’elettronica di stampo synth-rave di Nero, Vitalic, Gesaffelstein, The Toxic Avenger. Le atmosfere e i testi dei We Are Waves sono frammenti di quotidianità riverberati in una cornice introspettiva, dove malinconia e fragilità si alternano a un senso di determinazione e consapevolezza, in un continuo gioco di chiaroscuri. In quest’ottica “Promises” è il rito di iniziazione a una nuova fase della vita, là dove Labile ha rappresentato la catarsi da una serie di demoni personali.

 

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Plunk Extend – Prisma

Written by Recensioni

All’apparenza un Ep di cinque pezzi, nella realtà un vero e proprio disco quello d’esordio dei Plunk Extend, artisticamente vario e imprevedibile, mi concentro ed inizio ad ascoltare Prisma. Le canzoni prendono il nome di cinque colori (Blu, Nero, Bianco, Rosso, Verde), cinque colori che rappresentano le diverse personalità della band stessa, Prisma non vuole assolutamente seguire una linea, vuole mostrare ogni volta una facciata differente, non vuole mai dissiparsi nella convenzionalità. “Blu” apre il disco con una chitarra capace di rapire le papille gustative, la ritmica tiene alta la tensione, il testo tiene impegnata l’attenzione. Insomma, parte molto bene Prisma, nella maniera in cui speri possa sempre iniziare un disco. Avete presente quando una giornata parte nel migliore dei modi? “Nero” cambia completamente aria, certo che rimaniamo sempre sul Pop Elettro Acustico, ma il cantato nelle strofe assume tonalità prettamente Hip Hop, le chitarre a tratti trasudano Folk, una cosa tanto nuova quanto inaspettata. I Plunk Extend decidono di non dare mai niente per scontato, questa caratteristica riesce a renderli in un certo senso controcorrente, non amano troppo catalogarsi nella definizione di un genere. “Bianco” è dolcemente cantautorale, della classica scuola italiana dei cantautori, una perla carica di sentimento, le emozioni iniziano ad intrecciarsi indissolubilmente. Potrei urlare tutto l’amore che ho dentro quando un finale tipicamente Coldplay inizia a far cavalcare gli strumenti verso una trionfale conclusione. Poi arriva “Rosso” e non poteva essere altro che potenza, rabbia e passione. I riff in progressione volteggiano in stile Ska, qualche lontano riferimento al Metal Hc (ma solo i profumi più nascosti, sia chiaro). “Verde” è la speranza, la speranza di portare un nuovo modo di comporre musica, i Plunk Extend suonano musica di un’altra galassia, una roba ancora sconosciuta al comune mortale. Dietro Prisma c’è tecnica, sperimentazione e soprattutto tanta voglia di stupire. Io vedo questo album come una mano di poker, cinque carte da spizzare lentamente, una per volta. Dopo i precedenti lavori in lingua inglese i Plunk Extend dimostrano largamente di saperci fare anche con l’italiano, sono una band innovativa a cui andrebbero rivolte tutte le migliori attenzioni del settore. Io un disco del genere potrei ascoltarlo in qualsiasi condizione emotiva, riesco sempre a trovare quello di cui ho bisogno. A voi sembra poco?

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