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Sfidare Covid e società: intervista ai Not My Grave

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Quattro chiacchiere con la giovane band di Fano alla vigilia dell’uscita del nuovo videoclip.
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Recensioni | maggio 2016

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Jenny Penny Full – Eos (Dream Pop, Folk, Psych) 7/10
Misurati e cullanti come la migliore delle ninne-nanne. Un’incantevole voce femminile e tappeti sonori che stregano senza mai eccedere, forse peccando, qui e là, di troppa linearità, ma recuperando altrove in piccole fughe eteree, fumose ascensioni improvvise. Prodotto dalla Vaggimal dei C+C=Maxigross, Eos è un debutto sussurrato, ma convincente.

[ ascolta “Far Continents” ]

Echoes of the Moon – Entropy (Doom Metal, Ambient, Post Rock) 4,5/10
Prolisso e noiosetto concentrato di batterie finte, distorsioni acide, urla distanti e cupezza senza fine. Troppo immerso nei cliché per poter sostenere brani da 10 minuti senza evocare sbadigli o prurito al tasto “skip”. Solo per fan del genere, sfegatati al punto da sfiorare il masochismo (ce ne sono).

[ ascolta “Entropy” ]

Foxhound – Camera Obscura (Alt Pop, Funk) 7/10
L’ex quartetto torinese sembra muoversi con più disinvoltura in questo EP, che in cabina di regia ospita Mario Conte (Meg, Colapesce). Rimasti in tre, i Foxhound continuano a muoversi in territori Funk ma si lasciano andare a sperimentazioni analogiche che li rendono soffici e gradevolmente retrò. Ora che la nuova rotta è fissata e funziona attendiamo la prova in long-playing.

[ ascolta “My Oh My” ]

Blackmail Of Murder – Giants’ Inheritance (Metalcore) 6/10
I bresciani, freschi di contratto con la label Indiebox, ci presentano il loro secondo disco: Metalcore indiavolato come da tradizione Killswitch Engage, Caliban e compagnia bella. Il confronto con i mostri sacri del genere regge bene, compresa la ballata “Whisper”, unica variante di un lavoro che ha come punto debole la troppa somiglianza tra i singoli pezzi, risultando, alla fine, impossibile distinguerne uno dall’altro.

[ ascolta “Never Enough” ]

Oaken – King Beast (Dark Ambient, Post Hardcore) 5,5/10
Gli Oaken da Budapest hanno il coraggio di osare, influenzando il Death Metal con una massiccia dose di Dark Ambient e degli inserti Melodic Hardcore. Immaginatevi dei Converge fatti andare a briglia sciolta e calmati con forti scosse elettriche. I brani sono solo quattro ma durano un’eternità, allungati da contaminazioni a profusione. Si salva la voce femminile che impreziosisce “The Hyena” e poco altro.

[ ascolta “The Hyena” ]

Kai Reznik – Scary Sleep Paralysis (Elettronica, Ambient) 4,5/10
Dalla Francia, un’elettronica cupa e retrò che non stupisce per ricerca sonora né per maestria compositiva, tra arpeggiatori ossessivi e synth poco a fuoco. Un poco più interessanti le voci di Sasha Andrès degli Heliogabale su “Post” e “Nails & Crosses”. Se le atmosfere claustrofobiche sono volute, ci sarebbe da lavorare sui suoni per renderle masticabili e non distrarci troppo con gli spigoli grossolani dell’impianto strumentale.
[ ascolta “Post” ]

HUTA – How To Understand Animals (Alternative, Post-Grunge, Shoegaze) 6/10
Un mix saporito di sporcizia echeggiante attitudine Grunge e tappeti sonori e rumoristici da trip oscuro e nervoso. Il trio di Cuneo sforna un album che non delude dal punto di vista strumentale, abbastanza muscolare e ipnotico da convincere nonostante la voce non eccelsa e i suoni a cavalcioni del confine tra frizzone Noise controllato e amalgama poco riuscito, ribelle, fastidioso. Un equilibrio in bilico che mette in luce una qualche potenzialità senza però esplicitarla compiutamente.

[ ascolta “Hone” ]

Guns Love Stories – The Beauty of Irony (Alt Rock) 6/10
Unite il cantante degli Hardcore Superstar ad una qualsiasi band del filone Emocore stile Silverstein o Emery, per fare due nomi a caso, e avrete ben presente come suonano gli svizzeri Guns Love Stories. L’album gode di una produzione ottima che tira a lucido dieci canzoni ad alto tasso di infiammabilità. Eppure, nonostante ciò, il senso di incompiuto è perennemente dietro l’angolo.

[ ascolta “Predigested Hollywood” ]

Xayra – Resilience Blues (Pop) 5,5/10
Se questo disco fosse stato pubblicato più o meno vent’anni fa si sarebbe potuto tranquillamente gridare al miracolo: sarebbe stato un mix perfetto fra Silencers, Smashing Pumpkins, Ellis, Beggs and Howard e il primo Brit Pop. 
Tuttavia la musica negli anni si è evoluta ed è forse giunto il momento per gli Xayra di aggiornarsi e di adeguarsi ai giorni nostri. Certamente un bel lavoro ma fuori tempo massimo.
[ ascolta “Worries+Faults” ]

Filippo Dr Panico – Tu Sei Pazza (Punk, Cantautorato) 6,5/10
Si può descrivere il rapporto di coppia in musica senza mai delineare troppo il confine tra Punk e Cantautorato? Per Filippo Dr Panico è impresa fin troppo facile. Il suo valore lo aveva già dimostrato con il precedente lavoro, ora però ascoltatevi con attenzione “Bravo a Parole” e la title track meditando sui testi, chissà che non vi identifichiate nelle medesime situazioni. Da segnalare inoltre “Ci Vorrebbe Una Notte”, scritta assieme a Calcutta.

[ ascolta “Ogni volta che te ne vai” ]

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Destrage – Are You Kidding Me? No.

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Per una volta fatemi essere patriottico e non accettare il vistoso adesivo che capeggia sul jewel case del disco che recita testualmente “la risposta europea ai System of a Down”. Cosa?! Precisiamo a caratteri cubitali che i Destrage sono italiani, milanesi per l’esattezza. Prendiamocene tutti i meriti e cerchiamo di essere gelosi di loro perché lavori come Are You Kidding Me? No. non nascono tutti i giorni sulle piante di fico: ogni particolare è tirato a lucido, ogni dettaglio è ben ponderato, studiato a tavolino per farci gridare al miracolo. L’influenza principale nell’opening song “Destroy Create Transform Sublimate” è il virtuosismo dei Protest the Hero, non solo nel tessuto strumentale ma anche nella capacità di Paolo Colavolpe di tramutare la sua voce da calma come l’acqua placida a cavernosa in una frazione di secondo, stessa dote del pari ruolo Rody Walker nella Metalcore band canadese. Gli unici miraggi puramente System of a Down li troviamo nelle parti più quiete di “Purania” e “(Obedience)”, ma è sempre farina del loro sacco, ideale conseguenza della loro indole. Il ritornello di “Hosts, Rifles & Coke” ci riporta agli inizi del 2000, a quando impazzava la moda/corrente del Nu Metal: spazio alla melodia unita a inserti schizoidi quindi.

Poi, se ci garba, facciamo un salto temporale di quasi quindici anni, ricatapultandoci al Metalcore dei giorni nostri (“Waterpark Bachelorette”) con il doppio pedale a palla e la tecnica sopraffina dei due axemen Matteo Di Gioia e Ralph Salati. Non dimentichiamo l’ospitata di Ron “Bumblefoot” Thal, chitarrista degli attuali Guns ‘N’ Roses proprio nella conclusiva “Are You Kidding Me? No.” Cancellate dalla vostra testa la concezione di easy listening, i Destrage saranno pane per i denti di chi ha voglia di purificare le proprie orecchie e il proprio spirito con qualcosa di veramente nuovo. Una ventata di aria fresca vi travolgerà. Forza Italia!

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Remains in a View – Elegies

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A distanza di quattro anni dall’ultimo lavoro i sulmonesi Remains in a View tornano sulle scene con Elegies, album che affonda le sue radici più intime e profonde nella seconda ondata Metalcore di metà anni novanta, i cui esponenti di spicco (Killswitch Engage, Trivium, Avenged Sevenfold, Atreyu) cristallizzarono le proprie sonorità filtrando l’esperienza Punk Hardcore degli archetipi (Agnostic Front, Biohazard, Suicidal Tendencies) attraverso la tormentata e struggente esigenza melodica mutuata dal Death Metal di area scandinava (più precisamente, svedese: In Flames, Dark Tranquillity, At the Gates). I Remains in a View, incanalandosi perfettamente in questo filone, propongono con Elegies nove tracce in cui una brutalità primordiale e selvaggia trova la sua ideale controparte nella costante rappresentazione di schemi armonici sognanti, rifuggendo tuttavia la seducente tentazione di incedere, come troppo spesso accade, nell’agevole sentiero del romanticismo più melenso. Un calderone sonoro coerente (e perciò credibile), da cui emerge nitidamente un’invidiabile perizia tecnica ed una fervida capacità compositiva (esplicitamente influenzata dal prolifico songwriting di band come Darkest Hour, August Burns Red, Texas in July), il tutto suggellato da una produzione cristallina e possente, estremamente curata nel cesello di ogni minimo dettaglio, in grado di conferire ad ogni singolo momento dell’album la giusta connotazione estetica e formale, l’adeguato posizionamento all’interno di una struttura armonica in continua evoluzione/oscillazione.

Elegies si configura come una discesa dantesca nel baratro della schizofrenia più contorta e disperata – luogo remoto, inaccessibile e segreto dove i turbamenti, le angosce, le ipocrisie dell’umana quotidianità vengono costantemente scarnificate e messe a nudo  dal monolitico drumming di Giacomo Ficorilli (particolarmente letale nei sanguinolenti blast beats di “Shipwreck of Existence”, “So Far from the Truth” e “The Deepest Black”), dalla camaleontica versatilità dell’impianto chitarristico, perfettamente a suo agio nel destreggiarsi tra complesse partiture al cardiopalma (vedi “Crossing the Line”, “Left Undone”, “Travelers”) e rappresentazioni pittoriche di immagini indistintamente nostalgiche, quasi svanite (come nell’evocativo incipit di “Sleepwalker Blues”, ad esempio), dai continui stupri vocali perpetuati dal singer Davide Mancini, (oggettivamente impeccabile nell’improvviso alternarsi di growl, scream e clean vocals).

Probabilmente un paio di assoli non avrebbero guastato, così come una maggiore attitudine introspettiva (sulla scia della già citata “Sleepwalker Blues”, per intenderci) e magari qualche sproloquio matematico di scuola Meshuggah. Tuttavia, come si suol dire, “Roma non é stata costruita in un giorno”, e indubbiamente i nostri quattro sulmonesi ne hanno di tempo da spendere.

Fin qui tutto bene”, direbbe Hubert.

Continuate così.

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I Remains in a View nel roster Memorial Records

Written by Senza categoria

Remains in a View, band Metalcore abruzzese, è il nuovo e giovane nome entrato nel roster della Memorial Records. Il legame sarà suggellato dall’uscita (prevista per il 17 ottobre) del primo full lenght della band, che sarà disponibile su gran parte delle piattaforme digitali e, in forma fisica, distribuito dalla Andromeda. Elegies, questo il nome dell’album, affronterà temi come la condizione umana e i sentimenti inerenti a determinate esperienze di ogni giorno ed è quindi concepito come fosse una raccolta di elegie accompagnata da un sound moderno bilanciato tra aggressione, melodia, energia che scava nelle emozioni umane. Di seguito trovate la tracklist e il video diario di presentazione:

01 The Void
02 Shipwreck of Existence
03 So Far From The Truth
04 Crossing The Line
05 As Moments Becomes Memories
06 Sleepwalker Blues
07 Left Undone
08 Travelers
09 The Deepest Black

Contatti:

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Waiting For Better Days – To Those Who Believe to be Left Alone

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Veloce e tagliente ma all’occorrenza melodico, ecco come si presenta il primo full lenght degli italianissimi Waiting For Better Days. Un disco oserei direi bipolare (nel senso buono del termine) in quanto sa di internazionale ma è completamente barese, è cantato quasi interamente in inglese ma non del tutto, ed infine suona Metalcore quanto Punk Hardcore. Incazzato e compatto fin dalla prima nota, non è solo suonato egregiamente ma anche confezionato come dio comanda. Un vero piacere per gli impianti stereo di alta qualità!

Un disco che parte tirato e deciso con “Dew on my Wings” e “Able to Understand”, due pezzi massicci dove growl e clean si alternano e ti fanno capire sin da subito che i WFBD sanno quello che fanno e lo fanno per bene. Poi però arriva la voce di Berlusconi ad introdurre “Purity”, e così finisci per ricordarti di stare ascoltando un disco di una band italiana che ha voluto dirti: “sei un italiano come me, un italiano che viene deriso e preso per il culo”. Subito dopo infatti parte la prima delle due tracce cantate in italiano “Mille Riflessi”, caratterizzata da un testo introspettivo e riflessivo in pure stile Linea77, come anche“Giorno Per Giorno”, brano però più incazzato e dal finale gridato e potente. Al confine tra Deathcore/Death metal è l’irriconoscibile cover dei Beatles  “Revolution”, in cui viene ribadita in modo subdolo la rabbia per la situazione incostituzionale italiana. Concludono l’album “Being Controlled” e “Land of Sunshine”, forse i pezzi più HC e californiani dell’album. Brani che pargono una versione più tecnica e maggiormente metallizzata di ciò che gli Anti-Flag hanno prodotto in For Blood And Empire, oppure i Lagwagon in Resolve.

Insomma i WFBD mi hanno convinto ed invogliato ad ascoltare i loro prossimi lavori. Forse lascerei a casa i pezzi in italiano e le cover, ma auguro comunque a questa band di sfondare e continuare con la convinzione che fino ad ora hanno dimostrato. Cercateli dunque su Spotify ed ascoltatevi l’album, poi se vi va di supportare la buona musica, comprate l’album e uccidete le vostre orecchie!

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