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Giacomo Toni in “Piano Punk Cabaret” Tour

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Giacomo Toni ritorna a distruggere il suo pianoforte accompagnato solo da una batteria: una selezione del suo miglior repertorio all’insegna della provocazione e della sperimentazione narrativa. Contro la piaga neo-puritana, storie di un’umanità che sguazza nel cosiddetto male portano il linguaggio ai poli estremi dell’intensità. Si chiama “Piano Punk Cabaret”, lo spettacolo con il quale il “punk-autore” inaugurerà il 2015, un nuovo ed intrigante progetto che segna una tappa ulteriore all’interno della sua carriera artistica: ora non più la ‘900 Band (il funambolico sestetto compagno d’avventura tra studi di registrazione, concerti e vita quotidiana), ma un essenziale e pragmatico Duo, un pianoforte che faticherà a contenere tutta la sua foga espressiva ed una batteria che tra piatti, casse e rullanti darà man forte, accompagnando classici tra “Il Bevitore Longevo” e “L’autoambulanza” ma anche new entry come “Codone lo Sbirro”. Roma, Bologna, Napoli, ma anche Toscana, Puglia, Calabria e numerose altre tappe fino alla metà di febbraio, quando ripartirà insieme con Lorenzo Kruger (frontman dei Nobraino) con il tour de Gli Scontati, il progetto omaggio al repertorio di Paolo Conte.
Giacomo Toni si esibirà con il suo nuovo spettacolo in tutta Italia a partire dal gennaio 2015, dopo una serie di anteprime durante il mese di dicembre, tra cui “Back Stage”, l’evento inaugurale delle Targhe Tenco 2014 nel quale si è esibito in concerto. Inoltre lo scorso 16 dicembre è uscito il videoclip di “Mi Ami?”, sua personale rivisitazione dello storico brano dei CCCP, mentre nel corso del 2015 è prevista l’uscita del nuovo disco, a due anni dalla pubblicazione di “Musica per Autoambulanze” (MArteLabel, 2013), album del vero esordio da solista di Giacomo Toni.

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Management del Dolore Post Operatorio – McMao

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Che la grande burla abbia inizio! L’ilarità dei Management del Dolore Post Operatorio la noterete sicuramente già dalla copertina (e dal titolo) del cd dove si prendono gioco del grande Mao Tse Tung. Qualcuno di voi, poi, probabilmente ricorderà il gruppo per l’esibizione in Piazza San Giovanni a Roma in occasione del concertone del Primo Maggio, dove Luca Romagnoli (il cantante) impugnò un preservativo come fosse un’ostia raccomandandone l’uso corretto a tutti. Fosse solo questo, fin qui nulla di così strano per chi li conosce, ma quando poi lo stesso ha deciso di calarsi le braghe davanti a tutti i presenti sono arrivati non solo la censura da parte della Rai (che riprendeva il concerto) ma anche la menzione sull’autobiografia di Piero Pelù dei Litfiba uscita da poco in libreria. I Madedopo hanno tuttavia molto di più da offrire al proprio pubblico, soprattutto sul versante incisioni in studio. Chiariamoci: molti li definiscono una band da vedere assolutamente live, io preferisco invece ascoltare i loro album. In McMao c’è stato anche un avvicendamento nella formazione: Luca Di Bucchianico ha sostituito il dimissionario Andrea Paone al basso; un cambio per fortuna paritario che non ha fatto perdere lo smalto e la grinta presenti già in Auff!. Si dice sempre che il secondo lavoro per una band sia il più difficile, ma già dal primo singolo estratto “La Pasticca Blu” è stato chiaro che il percorso tracciato da Auff! ha trovato in McMao un degno successore. La band lancianese cambia di nuovo pelle contaminando ancora di più la sua musica rispetto al disco che li ha lanciati. Ciò che appare chiaro è anche una maggiore attenzione ai testi, più curati seppur sempre molto diretti. Si parte con “La Scuola Cimiteriale” in cui l’elettronica un po’ english va a fare da contraltare all’attitudine Rock dei Madedopo, con qualche spunto alla Franz Ferdinand. Svettano fra tutte le tracce “Coccodè” e “Requiem Per Una Madre”, sempre a metà fra il Rock americano degli Weezer e la New Wave dei Devo.

Il brano più convincente è “Il Cinematografo”, in cui le chitarre liberano tutto il loro impeto travolgente dopo un inizio più soft ed introspettivo. Per quanto ci riguarda possiamo solo dire che è forse poco riuscita la cover di “Fragole Buon Buone” di Luca Carboni. Inevitabile forse perdere il confronto con l’originale, anche se rimane apprezzabile il tentativo di rendere la canzone più “moderna” e fruibile per un pubblico Indie Rock con suoni ben lontani dalla versione del cantautore bolognese. Inoltre, forse al posto del singolo di lancio “La Pasticca Blu” avrei scelto “James Douglas Morrison”, omaggio all’indimenticato leader dei The Doors, dai contorni più radiofonici, ma sono veramente piccoli dettagli in un contesto musicale veramente riuscitissimo. I Madedopo sono ormai una splendida realtà nella scena Indie Rock italiana e conquistano, per quanto mi riguarda, il podio con I Cani e i Gazebo Penguins. Starà a loro in futuro confermare quanto da me scritto, ma se ascolterete i ritmi ossessivi e ripetitivi de “La Scuola Cimiteriale” non potrete che darmi ragione. Guai a inserirli ancora nelle nuove leve! La nuova rivoluzione musicale è

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UNA – Una Nessuna Centomila

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Difficile non trovare motivi e voglie irrefrenabili per avvicinarsi a questo disco più che illuminato, un disco che ti fa innamorare e affogare tra i dolci flutti amari e dolciastri che scorrono a tradimento lungo la tracklist, e se riesci a salvarti ti senti completo dal di dentro ma spezzato fuori, ma fa lo stesso, è una cosa alla quale è stupendo rimanerne feriti.

Con nell’aria il verso Pirandelliano del titolo, la verità della poetica letteraria, le vibrazioni di Ginevra Di Marco, Eva Poles, Petramante a fare da sensazione e un’interpretazione armoniosa, dolce, risentita e frugante arriva il lavoro personale a mezz’aria della cantautrice Una, al secolo Marzia Stano (Jolaurlo), Una Nessuna Centomila un sogno sonoro che parla Rock ed essenza di donna, i disincanti, le favole al contrario e le violenze sbafate che reclamano lucidità e rilasciano bellezza, tracce che se si fissano in un ascolto compulsivo danno assuefazione come tutte le cose magnifiche che andiamo a cercare di nascosto, per il nostro sano libido, negli anfratti di una giornata.

Ballate, innocenze, inquietudini e distorsioni leggiadre fanno bagaglio emozionante, condivisibile sui ritardi delle attualità e fresco di quell’impronta indie policroma che ansima e sovrapposiziona pesi specifici e no gravity interrottamente; una ci confonde e strega, lei riflette, canta, si sbatte e crea impressionando ritmi e finestre aperte dove far entrare  vibes in quantità e una stramaledetta forza che tira gli orecchi dove vuole, pensieri che allenano muscoli e intelligenze che ti succhiano l’anima come nella amarezza spennata di “Qui ed Ora”, nel dondolamento mex “Lezione di Storia Dell’Arte” o nel carillon straniante del bisbiglio narrante “Farfalle”. Tanti gli ospiti che bazzicano, da Vittoria Burattini a Angela Baraldi nel video che presenta il tutto e Giacomo Fiorenza  a fare da factotum per questo passo sperimentale della cantante pugliese, che fa centro al primo round.

Rodhes, Piano liquido e mutazioni semplici di tenerezza stringono “Stiamo Bruciando” mentre “Oggi è un Bel Giorno”oltre che a chiudere il registrato, vaga nei ricordi sonori di Canali e PGR, e a noi che rimaniamo al di qua dello stereo non ci rimane che l’istinto a disperdersi  nei feedback  di un vento e di una artista che sanguina dolcezza.

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Giacomo Toni, Musica per Autoambulanze Tour

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Dopo il successo dell’anteprima al Circolo degli Artisti, Giacomo Toni è pronto a dar via al tour di “Musica per Autoambulanze” . Il tour prende il nome dall’ultimo lavoro del cantautore romagnolo, in uscita il 23 aprile per MArteLabel

Dal 23 aprile sarà infatti disponibile, nei negozi di musica, ai concerti e online, Musica per Autoambulanze (MArteLabel, 2013). Un album che contiene dodici brani scritti e interpretati dal pianista di Forlimpopoli e dai “suoi”: Alfredo Nuti dal Portone, Enrico Giulianini Roberto Villa, Marco Frattini, Marcello Jandù Detti, Enrico Mao Bocchini e Gianni Perinelli. Il tour metterà in scena il carattere istrionico e a tratti attoriale di Giacomo Toni, che sarà  sul palco con tutta la band, ma anche in piano solo.

Giacomo Toni

Giacomo Toni è un pianista romagnolo classe ’83, nasce come cantautore, ma nel tempo si trasforma nel “frontman” della band da lui fondata nel 2005, la 900band. Noto al popolo dei concerti per l’utilizzo di un lessico “sbiascicato” e paradossale e per i monologhi improvvisati, che legano un brano all’altro. I suoi testi sono ironici e pungenti, malinconici e cinici di un cinismo che a volte sconfina nell’euforia. Ogni canzone è un tornado di riferimenti musicali disparati e allo stesso tempo un racconto o un momento lirico chiuso in se stesso, forte, irriducibile, senza un verso o una frase musicale fuori posto.

Con la 900ban ha all’attivo tre album: “Giacomo Toni & Novecento Band” (2006), “Metropoli” (2008) e “Hotel nord est” (2010), tutti autoprodotti e mai pubblicati ufficialmente, in collaborazione con la libera associazione teatrale “Gli Incauti”. Diversi i premi ottenuti tra cui: vincitori del premio singoli cantautori “Nuova Musica Italiana 2007” presieduto da Mogol; vincitori del “Riconoscimento al miglior testo Premio Augusto Daolio 2006”; finalisti al concorso nazionale “1° Maggio Tutto l’Anno”; secondi classificati al concorso “Forlì 4peace 2006”; finalisti al concorso “Risonanze Umplugged 2006” e ospiti a RADIO RAI 1 durante il programma “Demo”. Il 1° settembre 2011 Giacomo ha aperto l’attesissimo concerto di Raphael Gualazzi al Metarock di Pisa e il 23 settembre ha partecipato con successo al Supersound di Faenza. Ad ottobre 2011 intraprende un tour tributo a Paolo Conte con Lorenzo Kruger, frontman dei Nobraino e a giugno 2012 entra ufficialmente nell’etichetta MArteLabel. Il 2 novembre 2012 vince il Festival Mondiale della Canzone Funebre.

In primavera  uscirà il primo vero disco di Giacomo Toni, Musica per Autoambulanze, pubblicato da MArteLabel.

4 maggio – TREeSESSANTA – ex-Macello – Gambettola (FC)

5 maggio – Teatro Arciliuto – Roma

12 maggio – Festival di Carpi – Carpi (MO)

18 maggio – Pompei Lab – Pompei (NA)

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Underdog guarda il nuovo video di “Empty Stomach”

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Arriva il videoclip del primo singolo estratto da Keep Calm degli Underdog: Empty Stomach.
Empty Stomach è il primo singolo e videoclip estratto dal secondo disco degli Underdog “Keep Calm” (Altipiani/MArteLabel, 2012).”Empty stomach” è camminare di notte con la scimmia sulle spalle a ricordarsi che “un uomo è i vizi che si paga”.Il video è da oggi disponibile su youtube dopo essere stato sbloccato dai fan sul portale musicreleaser.it, dove è disponibile anche il download di un contenuto speciale: la versione live di Goodbye con la partecipazione straordinaria di Antonello Salis.

Il video è stato realizzato in stop motion da Giulio La Monica su foto di Francesco Ormando.

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Underdog

Written by Interviste

Rockambula nella persona del nostro collaboratore Emilio Terracciano decide di incontrare Diego Pandiscia degli Underdog per parlare del nuovo disco, della scena musicale italiana e di una Roma sempre più violenta e affascinante. Vediamo cosa hanno da dirci gli Underdog…

Dopo tre anni eccovi di nuovo al varco. Bentornati Underdog. Allora che atmsofera si respira all’uscita dell’ultima fatica? Smaniosi di far conoscere al pianeta il vostro lavoro immagino!
Smaniosi è il termine giusto, abbiamo lavorato tre anni, il disco descrive benissimo questo periodo, porta al pubblico quello che sono attualmente gli Underdog, un gruppo con la consapevolezza che questo sarebbe stato “il disco”, oppure basta.

Qual è il bilancio di Keine Psycotherapy? Se sarà il primo leggendario album della famosa e storica band Underdog questo lo potremo dire tra una quarantina d’anni…ve lo auguro…ma intanto, parlando come ragazzi presi singolarmente, “non-underdog” per capirci, lavoratori immersi in questa, per certi versi, orrenda epoca in cui siamo capitati, segnata da precariato e generale indifferenza verso tutto (figuriamoci verso l’arte), cosa ha rappresentato per voi riuscire a creare la band che volevate e un disco che ha ricevuto il favore di quasi chiunque lo abbia ascoltato?
Ho sempre fatto, e questo non è un bene, delle scelte che comunque erano condizionate dal fatto che gli Underdog esistevano, ed erano in un certo senso quello che volevo fare, quello che volevo/voglio essere.  Il “non Underdog” ha un lavoro che gli piace, ma scelto e dettato dal fatto che il “non Underdog” non esiste e quindi c’è “il cantante degli Underdog che in qualche modo ha un lavoro che farebbe il cantante degli Underdog”: in questo caso l’educatore nei campi rom.
Però poi, vedere che l’ossessione che ti caratterizza, in questo caso la musica, viene apprezzata e compresa da altri “alieni” non può che mantenere in vita quello che sei, e soprattutto, quello che cerchi di fare.

Vivete a Roma se non sbaglio. Ho vissuto in quella città parecchi anni e l’ho vista cambiare molto, diventare una città sempre peggiore per violenza, inadeguatezza, malcostume italiano dilagante e, ahimè, menefreghismo giovanile davvero preoccupante. Credo sia lo specchio migliore di tutta l’Italia. E voi che ne pensate? Come la vivete o meglio come vi sembra il tessuto sociale, ed in particolare quello giovanile, della vostra città?
A me sembra un interessante melting pot, Roma sta diventato piano piano europea ma a suo modo, e con tutte le contraddizioni che da sempre si porta dietro. Roma  al momento ha un alto livello di degrado sociale ma ha anche un’ottima risposta artistica e “umana” che la contraddistingue da molte altre città Italiane. E’ una città viva, e malata allo stesso tempo, e questo in un certo senso ne crea anche il fascino.

Veniamo alle sette note. In Italia abbiamo una particolare predilezione per accorgerci in ritardo (o non accorgerci affatto) di talenti musicali nostrani e, al contrario, valorizziamo svariati fenomeni da baraccone. Sinceramente vi vedo lontani e indipendenti un po’ da tutto. Ed è un bel complimento sia chiaro. Che ne pensate del panorama musicale nostrano? Ci sono artisti con cui magari vorreste collaborare?
Abbiamo collaborato in un live con Salis, Luigi Cinque e Badara Seck  da cui abbiamo tratto un brano nell’EP “Empty Stomach” ed è stata un’esperienza unica che davvero non avrei sperato di poter fare. Quindi già quel momento è stato una grande soddisfazione.
Il panorama italiano è pieno di artisti validissimi, ma come già accennavi te sono per lo più mantenuti nell’ombra, pur trovando alcuni un grande riscontro a livello internazionale. Personalmente ho avuto la fortuna di collaborare con molti musicisti anche stranieri, in contesti musicali moto differenti. Mi piace pensare di continuare a incontrare musicisti interessanti con cui continuare a suonare insieme, collaborare, come è successo ultimamente con Cole Laka dei Two Pigeons o con Uwe Bastiansen e Geoff Leigh.

Emergere e “diventare qualcuno” con la propria arte oggi è davvero un’impresa ardua. Ma gli Underdog sono davvero interessati a “sfondare” nel senso classico del verbo o hanno altri obiettivi? Voglio dire, cosa significa per gli Underdog “diventare qualcuno” e qual è la ricetta per restare indipendenti ed al tempo stesso esportare ovunque la propria musica?
L’obiettivo è suonare quello che voglio e poterlo portare in giro, il che non significa sfondare ma significa semplicemente suonare quello che si vuole e vedere se qualcuno è disposto a fermarsi ad ascoltare.

Ascoltando i vostri due lavori, e ancora di più vedendovi dal vivo, la sensazione principale che suggerite a chi vi ascolta è, a mio parere, l’imprevedibilità, la percezione che da un momento all’altro nel brano possa arrivare qualcosa di sorprendente e inaspettato sia a livello di arrangiamenti che di soluzioni melodiche. Le varie trovate per rendere i brani così multiformi sono frutto di improvvisazione collettiva o c’è dietro una ricerca in studio e una decisione premeditata di organizzare precisi arrangiamenti?
L’improvvisazione collettiva in lunghe session è quello che ha caratterizzato il nuovo lavoro,  c’è anche una ricerca di suono e di struttura ma fondamentalmente siamo sette teste che suonano insieme senza molti preconcetti od obiettivi premeditati se non quello di voler esplorare “qualcosa di nuovo”.

Avete suonato al Festival dell’Avanguardia di Shiphort organizzato dai leggendari Faust (o da quello che ne rimane). Un ambiente e dei musicisti che da 40 anni contagiano irrimediabilmente con idee e sperimentazioni chiunque ne venga a contatto. Cosa vi portate dietro da quell’esperienza a livello musicale? Se non sbaglio avete collaborato con Uwe Bastiansen?
Ho il flash durante il festival di questa jam registrata dentro il furgoncino di Jean Herve Peron dei  Faust  in cui avevano accorpato me e Basia a improvvisare con questo batterista metal norvegese, già questo ti fa capire l’attitudine del festival, Uwe Bastiansen suonava e registrava la session, ma non abbiamo ancora sentito cosa ne è uscito fuori!
Se poi ti devo parlare a livello personale, è stato bellissimo essere ospite nella Stadtfisch Orchestra con Uwe, Zappy e Jean Herve Peron, Geoff Leigh, mi hanno insegnato a lavorare realmente da musicista durante il periodo dei due dischi incisi per l’amburghese Clouds Hills. Ero con questi musicisti molto più grandi di me che avevano dei ritmi assurdi di lavoro in cui si sentono, e ti fanno, sentire completamente a tuo agio. Ci si chiudeva per tre giorni a improvvisare per portare poi il disco direttamente in studio, il che non sembra, ma è un lavoro che richiede una forte concentrazione. I ricordi più grandi poi sono stati proprio a livello umano, solo con gli underdog mi ero sentito così “in famiglia”.

Musicalmente avete diverse provenienze stilistiche lo so. Anche molto diverse. E siete parecchi peraltro. Riuscireste a trovarmi almeno un album o due che mettono d’accordo tutti, un disco che tutti davvero amate e che magari avete condiviso nell’ascolto durante le registrazioni di Keep Calm?
Non credo, forse azzardo e provo a dire Pithecantropus Erectus di Mingus la traccia omonima è impossibile non amarla. Ma oltre questo è impossibile, spesso quando parliamo tra di noi ognuno cita dischi o artisti che magari l’altro non conosce assolutamente.

Dal vivo come sarà l’impatto di Keep Calm secondo voi? Avete in mente qualcosa di particolare o cercherete di riprodurre fedelmente il più possibile i brani così come suonano in studio?
Ma in realtà a noi sembra scontato, ma noi suoniamo dal vivo come in studio ne più ne meno, non amiamo usare più di tanto sovraincisioni, il disco riproduce fedelmente quello che possono effettivamente suonare contemporaneamente sette musicisti. Il live poi è caratterizzato da tutto ciò: sette teste senza freni che si muovono su un palco, quello che succede poi succede.

I vostri brani. Mi piacerebbe analizzarli uno ad uno ma non c’è tempo! Anzi spazio! Ne prendo uno che mi piace particolarmente. Mi spiegate il significato del testo e com’è nato musicalmente Macaronar?
Si provava, anche parlandone con la produzione, Altipiani e Martelabel, a testare l’italiano, e quando mi sono trovato in questa situazione mi è tornato alla mente una vecchia frase che strillava il chitarrista della mia prima band, ti parlo di anni e anni fa. E nulla, questa frase “le mani che sudano ed anche stasera un parto isterico di me stesso” è riapparsa nel cervello mentre cercavo qualcosa da cantare  e per assurdo descriveva benissimo come stavo alcune volte in quel periodo, da li, è uscito il testo in una sera: descrive l’attimo in cui si sorpassa il limite e ci si ritrova ad esplodere, completamente vulnerabile, davanti a qualcuno.

Finale scontato. Avete progetti particolari per far conoscere gli Underdog alle prossime tredici generazioni? Tournèe in vista?
Gli Underdog verranno a suonare nelle vostre città, nel bene o nel male, “Keep Calm”.

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Underdog – Keep Calm

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Miglior band emergente in circolazione in Italia: atto secondo. Fine della recensione. Qualsiasi chiacchiera fatta riguardo a musica meglio definibile come “seria” è solo superficiale retorica o insignificante parere personale…ballare di architettura come direbbe quel tale. La prassi impone altro però. Andrebbero sviscerate e raccontate le note e le sensazioni percorse lungo queste nuove dodici tracce che gli Underdog hanno partorito tre anni dopo l’album di debutto “Keine Psichotherapie“. E’ da lì che il gruppo riparte. Le idee sono le stesse, molteplici e originali. Perchè quando la creatività è a mille e quando le doti tecniche sono 4 o forse 5 o magari 6 piani al di sopra della media, non esistono schemi preconcetti o peggio ancora generi a cui attenersi. Esiste solo la musica e la voglia di suonare. Ed è rinchiusi in sala prova per parecchi mesi che gli Underdog hanno sfogato la loro voglia di riassumere e fagocitare tutto ciò che ha pervaso i loro ascolti e le loro ambizioni. Ne esce un caos organizzato di strumenti che si inseguono in continuazione, mille stili amalgamati per creare un suono lontano anni luce da tutto quanto mainstream sia circolato in Italia e distante, parecchio distante, anche dalle varie forme di cantautorato o pseudo-alternative in voga nel nostro territorio. Come Les Claypool totalmente ispirato dai Residents creò qualcosa totalmente distante da loro, così Diego Pandiscia ed il suo ensemble, ispirato dal genio bassista di Richmond, crea una mescola che mantiene la forma e la struttura dei Primus e se ne allontana nei contenuti arricchendoli a piacimento in un non sense logico che attinge ora al jazz, ora alla folkloristica, ora ai maestri Waits e Zorn. Il tutto spazia a destra e sinistra ed è reso significante e coeso dalla voce a tratti stucchevole di Barbara “Basia” Wisniewska, talento di dimensioni clamorose, in grado di indirizzare e “piegare” gli strumenti verso atmosfere straniate e accenti inusitati.

Commentare le dodici tracce, ripeto, insisto, è pura idiozia al cospetto di un album e di un gruppo che semplicemente fa quello che vuole e come lo vuole svincolandosi da qualsiasi idea standard di forma canzone. Unica menzione forse la merita il balzo dalla sedia e relativo sguardo sconvolto verso le casse fatti all’ascolto delle due cover presenti: Berlin e…Un Cuore Matto. Il rischio di sfociare nel kitsch piuttosto che in un’opera poliedrica sarebbe alto, altissimo per chiunque, ma ascoltate la versione del classicone del Piccolo Toni rifatta dagli Underdog e magari vi convincerete che i modi di essere di un contenuto musicale possono davvero essere infiniti quando chi vi strimpella uno strumento davanti conosce alla perfezione e ama sinceramente la propria arte.

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Management del dolore post-operatorio – Auff!!

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Da Lanciano il grido di dolore contenuto nel loro primo official album, “Auff!!”, e loro sono il Management del dolore post-operatorio, una band non masochista come si potrebbe credere per via della loro genesi nata su di una corsia d’ospedale dopo un incidente, ma un’accolita di poeti “attivi contro” che prendono di mira la crisi, i fantasmi che la sussurrano, i non diritti ai sentimenti e la non reattività o disillusione che si rivolge al futuro.

Dieci tracce accasate alla MarteLabel che suonano potenti, prepotenti e che vanno a sbomballare tutto il bagaglio filo-punk dei CCCP dei tempi dell’insurrezione alternativa anni Ottanta, un bell’ascolto off e stracolmo di riff elettrici, distorsioni chitarristiche e sociali che urlano, riverberano e declamano – tra cinematiche esposizioni  – ironia e verità particolari, un punkyes aggiornato ai nostri giorni, un moving che si colloca anche tra i migliori Claxon e i nipotini Franz Ferdinand dentro traiettorie che scalfiscono l’ascolto; il cantautorato elettrico, tanto disegnato da multipli ascolti,  che questa band stende è scritto bene e si asseconda a registri differenti, magari, quello che non riesce ad incresparsi di molto è la parte più “quieta”, quella vissuta da depressioni scandite “Amore borghese”, lo shuffle disco “Irreversibile”, “Nei palazzi” o il pathos liquido che galleggia in “Il numero otto”, mentre per la parte caffeinica, quella dedicata all’ossessività rock esplode come una mina anti-uomo al passaggio di “Pornobisogno”, sotto la mannaia elettro-funk “Auff!!”, nelle palle gonfie di “Irreversibile” come tra le vertigini amperiche che rotolano dentro “Macedonia” con gli omaggi dei Marlene Kuntz.
Veramente, un disco di dolore nato dal dolore, che trasmette dolore da combattere e attrae fan addolorati, un disco che ci avverte che il tempo corre, scorre e che quando finiscono le lacrime non è il momento di fare tappezzeria, ma e proprio da lì che bisogna segnare il recupero dei sentimenti, delle persone, del mondo che ci fa da corolla violentata in mezzo a tutti quei  detriti e frammenti di gioventù andate.
In poche parole un bel disco che si fa mazza!

 

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