Lucio Battisti Tag Archive

Il trionfo di Andrea Laszlo De Simone ai César 2024

Written by #, Articoli

Le Règne Animal (The Animal Kingdom): il potere delle Metamorfosi.
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Tra pause e melodie – Intervista a svegliaginevra

Written by Interviste

L’artista ci parla di cambiamento, di canzoni che stravolgono la vita e dell’importanza di fermarsi.
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IOSONOUNCANE: ascolta il nuovo singolo “Novembre”

Written by Novità

Il brano sancisce l’inizio della collaborazione con la rinata etichetta Numero Uno.
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Settembre – Margherita [VIDEOCLIP]

Written by Anteprime

In anteprima su Rockambula, ecco a voi il videoclip di “Margherita”, nuovo singolo estratto dall’album di esordio di Settembre.

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AA.VV. – LB/R La Bellezza Riunita

Written by Recensioni

Colapesce – Infedele

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Recensioni #05.2017 – Phoenix / Piccoli Animali Senza Espressione / Penguin Cafe / Andrea Laszlo De Simone …

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Danzando coi fantasmi | Intervista a Persian Pelican [SPECIALE PRIMAVERA PRO]

Written by Eventi, Interviste

Incontro Andrea Pulcini venerdì scorso a L’Aquila. Manca poco alla partenza per Barcellona ma lui e i suoi sodali hanno ancora un paio di faccende da sbrigare in terra italica.

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“I Giardini di Marzo – Lucio ’74” – Il tributo dei Lato B domenica a Milano

Written by Eventi

Un omaggio al grande musicista italiano che si tramuta in uno spettacolo lungo più di 2 ore.

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Baustelle – L’Amore e la Violenza

Written by Recensioni

Santilli | Pratola Peligna (AQ) 10/09/2016

Written by Live Report

È un piovoso sabato di settembre e in un’atmosfera decisamente autunnale il Garbage Live Club di Pratola Peligna (Aq) si appresta a inaugurare la nuova stagione live con il cantautore, ex leader, frontman e voce della band Rock’ n Roll The Old School, Niccolò Maria Santilli, talento nato e cresciuto tra queste valli abruzzesi ma ormai trapiantato stabilmente nella capitale. Il clima è di quelli giusti; il caldo dell’estate lascia spazio al fresco e all’umidità di questo mese tanto malinconico; le mura del club scaldano gli animi in un tepore irreale che riesce a spezzare ogni timore terreno, preparando il campo alla performance avvolgente del songwriter. Santilli è pronto a imbracciare la chitarra e proporci alcune delle sue canzoni, ispirate tanto dalla tradizione italiana che fa capo a Lucio Battisti, quanto al Pop britannico nato con i Fab Four e cresciuto con l’ondata Brit Pop e al Folk d’oltreoceano. Il concerto inizia puntualmente alle ventitré, il grosso del pubblico arriverà puntualmente in ritardo; il fresco del pomeriggio sembra essersi attenuato e sono molti quelli che decidono di ascoltare dall’esterno del locale.

Santilli parte subito con uno dei brani contenuti nel suo ultimo Ep, “Shabalalla”, e, da quel momento in poi, sarà un crescendo continuo sia a livello d’intensità sia sul piano performativo, col cantautore che lentamente riprende la consueta familiarità con le corde vocali e quelle della sua chitarra. Gran parte dei brani che seguiranno, da “Son of a Rocker” a “High and Dry” fino alla scanzonata chiusura in una sorta di medley Rock’ & Roll, passando per qualche chicca regalata in esclusiva al pubblico della serata, mettono in luce tutta la nuova vena artistica di Santilli. Rispetto al passato, ora la chitarra viene solo leggermente accarezzata, in un’esplosione soffusa di note che vuole essere soprattutto accompagnamento alla voce. Solo in rare occasioni la mano del musicista pesta sul legno sprigionando potenza pura, nel resto dei casi è soprattutto una sorta di graffio al cuore, un continuo scavare leggero e persistente nel nostro animo.

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A concerto concluso sono tanti quelli che dimostrano di aver apprezzato, con applausi e complimenti. Non era un live semplice, da eseguire e da seguire; e non lo era soprattutto per una disabitudine del pubblico a un ascolto attento, silenzioso e intimo, specie se chi si mette alla mercé della folla non è un affermato cantautore da duemila euro a serata ma un ragazzo agli esordi, con infinita passione e voglia di urlare al mondo un pezzo di se.

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Dovremmo imparare a vivere nella consapevolezza che non saremo in eterno, imparare a fermarci, cogliere e goderci ogni momento di questa esistenza effimera. Dovremmo impararlo davvero e per poco più di un’ora, Santilli, non ha fatto altro che ricordarlo a noi, che abbiamo saputo ascoltarlo, con la sua voce incantevole e una manciata di parole cariche di energia e voglia di essere in eterno.

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Oddu – Genealogia delle Montagne

Written by Recensioni

Li si conosceva già, e non solo nell’underground piemontese, quando erano i Baroque. Sonorità Pop anni ’80, tastiere tastiere tastiere, smalto scuro sulle dita e declamato teatrale. Molto del progetto Baroque è rimasto negli Oddu, per quanto la formazione sia cambiata e siano cambiate anche le influenze, le matrici, l’età anagrafica (che comunque non è un dato trascurabile) e l’intenzione.

“Quattro Inverni” ha un’intro fresca, che dall’Indie americano scende nel cantautorato nostrano alla Tozzi, mentre “Nella Prossima Vita” strizza l’occhio al Folk Pop dei Mumford and Sons. E in due sole tracce gli Oddu sono riusciti a farci capire la babilonia di ispirazioni che sottostanno alla fase compositiva. “Atlanti Perduti” è figlia dell’esigenza di raccontare e raccontarsi, con quelle liriche impegnate e il cantato che piega il virtuosismo alla narrazione semplice e lineare; “Mostro Cammina” sa di pioggia e Francia, per dirla con Paolo Conte. Personalmente, poi, mi ha ricordato tantissimo La Rue Ketanou (se non li conoscete sarebbe più che opportuno rimediare). Con “I Buchi sul Sedere” sbucano le ceneri dei Baroque, gli anni ’80, una certa nostalgia Glam. “Un Cuore Buono” apre in maniera molto intima e introversa, con la delicatezza del piano che tratteggia un’atmosfera un po’ cupa, che si trasforma, di nuovo, in Popular, in Folk.
E gli Oddu sembrano, fin qui, averci fatto vedere tutto quello che sanno, pure forse in maniera un po’ troppo articolata e complessa. Eppure non abbiamo ancora sentito tutto: “Battisti” è una sorta di scherzo elettronico citazionistico, da Battiato (più che da Battisti) a “Jump” di Van Halen, dai Bluvertigo dei tempi d’oro a contrappunti Jazz.
L’unico leitmotiv che sembra davvero omogeineizzare la produzione degli Oddu è la nostalgia per un passato musicale glorioso, come sembra confermare anche “Non Fate Mai la Carità”: a tutti gli effetti un semplice brano cantautorale, dove però (e forse, per i tempi che corrono, stranamente), non si guarda a Capossela o Mannarino, ma più indietro, a Rino Gaetano e De Gregori, senza neppure pensare di scomodare l’inflazionato De Andrè. E’ una scrittura complessa quella degli Oddu, elitaria, macchiata dalla saudade aristocratica per i bei tempi che furono, più che animata dall’entusiasmo borghese.
“Savona 12 dicembre 2011” completa il quadro dell’eclettismo della band. Troviamo tutto: la formazione accademica, lo studio del pianoforte, il litigio con le maglie larghe del Pop-Rock. La chiusura di “Genealogia delle Montagne” è aulica e imponente sul piano fonico, un tributo al Progressive Rock, per tornare al principio.

Non è un disco semplice. Affatto. Manca qualcosa che guidi l’ascoltatore in un percorso, manca un’unità di intenti e narrazione, ma, lasciatemelo dire, è forse uno dei più interessanti lavori indipendenti che mi sia capitato di ascoltare. Un grande potenziale che spero gli Oddu sappiano incanalare nella giusta direzione comunicativa e sviluppare.

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