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Marazzita – Mi gioco i sogni a carte

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“Mi gioco i sogni a carte” è il secondo EP del “riccio” giovane cantautore calabrese fuori sede Marazzita.
L’EP è composto da sei brani di durata piuttosto radiofonica (a cavallo dei tre minuti e un po’ in media). I testi sono probabilmente la parte più forte del lavoro del cantautore calabrese: tante cose da dire, tante storie che parlano del tempo, della malinconia insita nell’anima evidentemente in fase di cambiamento di Peppe Marazzita, il tutto condito da toni spesso ironici, quasi sempre tristemente arresi ad una realtà che si dimostra, con il passare del tempo, sempre meno simile al sogno del giovane calabrese. La malinconica ironia dei testi è accompagnata egregiamente da arrangiamenti minimali ed efficaci, a volte quasi volutamente trascinati, a volte irriverentemente “un passo avanti”. Plauso particolare ai synth di Gianluca Di Vincenzo nella traccia numero 4, “Un balcone coi fiori”.
L’EP si apre con “Maledetto”, una ballata dedicata al tribolato cantautore livornese Piero Ciampi. Da subito si intuisce il leitmotiv del disco, la dolce apatia e disillusione nelle parole e nella musica della generazione cantautorale degli anni zero. Volendo cercare influenze nel lavoro di Marazzita possiamo citare Max Gazzè (in particolare nella seconda traccia, “Poster”), qualcosa di Bennato, alcune atmosfere di Tiromancino. In generale però Marazzita appare originale e non categorizzabile, anche se assolutamente fruibile, commercialmente parlando.
Nel terzo brano Marazzita non lesina in quanto a metafore e si interroga, cantando su una musica spensierata e dal sapore di hit estiva da juke-box sulla spiaggia, riguardo al futuro del mare, della sua Calabria e in generale del Belpaese. La quarta traccia è un invito per una cenetta romantica con tanto di Chianti e fiori (finti) sul balcone, una scusa come un’altra per raccontare qualcosa dell’insoddisfazione e del disagio di Marazzita, con il sorriso amaro sempre sulle labbra.
Nella quinta e penultima traccia “Vai via da qua” Marazzita cita il titolo dell’EP e cioè la sua volontà di giocarsi i sogni a carte, raccontando definitivamente della sua delusione per ciò che avrebbe voluto fosse ma non è, della ricerca di un rimedio per poter cambiare le cose, magari per trovare il coraggio di andarsene. Il disco si conclude con “L’artista da giovane”, brano che racconta del recente passato di Marazzita proprio come fa James Joyce ne “Il ritratto dell’artista da giovane”.

Il cantautore calabrese si conferma un’interessantissima realtà che fa della sintesi e della semplicità del linguaggio la sua arma migliore. Le melodie e le atmosfere sono tutt’altro che underground, nonostante si possa ad oggi considerare il fuori sede calabrese ancora un abitante della famigerata “nicchia”.
Consiglio vivamente l’acquisto di questo disco a chiunque abbia voglia di ascoltare un punto di vista tutto sommato comune ma raccontato in modo originale e soprattutto sincero da un giovane che continua a “cantare i propri sogni sopra e sotto un palco, in un’estate su una spiaggia senza spiaggia”.

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Corrado Meraviglia – Parlo sempre con le persone sbagliate

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Se tra le sconfinate proposte di nuovi cantautori dovessimo  evidenziare solamente quelli davvero degni di nota per i loro effetti speciali, si parlerebbe mediamente di tre, quattro o al massimo cinque dischi l’anno; eppure sono centinaia gli altri diamanti grezzi che potrebbero essere osannati da critica e pubblico se “strappati” dal sottobosco e messi in luce, nudi e crudi,  come si dovrebbe, cantautori che si rifanno alla vecchia scuola dell’intimità esistenzialista, di quel magma di spore poetiche  trasversali che hanno un loro vitale e indipendente respiro. Tanto per essere nel discorso eccone uno di quei diamanti grezzi, si chiama Corrado Meraviglia, ligure di Savona e “Parlo sempre con le persone sbagliate” è il suo disco, il suo personale mantra cantautorale che scava come acqua un evidente  smania di amplificare la storia delle sue storie, con semplicità e senza quei camuffamenti last minute che giocano l’astuzia ed il vuoto a rendere; dunque tracce che – dopo un rapido giro d’assaggio – scorrono canaglie e si fermano, a turnazione, dentro, rimangono in circolo e danno la scossa al pensiero, storie intime e urbane, amori e rapporti andati, constatazioni che non sgomitano, ma che vanno al sodo, trasmettono e questo è tutto, non cercano di mantenere quella freschezza finta degli esordi gloriosi, sono oneste e stupende.

Scovato ed intelligentemente catturato per il rooster della label La Fame Dischi, l’artista Meraviglia con questi registrati sorprende sinceramente, undici tracce belle, sono pochi rimasti a lavorare così, con questo taglio solitario, schietto, riflessivo senza prendere la scorciatoia della routine e dell’imitazione, pochi davvero; prettamente in solitaria, acustico e bisbigliato – salvando piccole esplosioni elettriche “Un nuovo inverno” e soffusi stati allucinati “Graffi” – il disco è spudoratamente affiatato con il looner che si porta addosso, livido del colore dei ricordi appannati “01:00 am”, il non ritrovare nella mente i punti focali di un passato “Quattro anni a Roma” o l’intarsio d’arpeggi che in “La tua vita” fa il sangue amaro come dentro un cinematismo brullo ma pieno di cose inespresse che vengono sputate fuori come in una confessione definitiva; Corrado Meraviglia – e già il cognome è un buon presagio – è uno di quei nuovi poeti che morde la vita ma dalla parte dell’anima, come un Drake o un nostrano Zampaglione, e se questo è solo il “primo disco”, chissà quello che verrà poi, è un’allerta per  tutti,  aspettiamo ancora bellezza & Meraviglia ad intasare i nostri ascolti, a riempire i nostri spudorati sentori.

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