Guns N’ Roses Tag Archive

Destrage – Are You Kidding Me? No.

Written by Recensioni

Per una volta fatemi essere patriottico e non accettare il vistoso adesivo che capeggia sul jewel case del disco che recita testualmente “la risposta europea ai System of a Down”. Cosa?! Precisiamo a caratteri cubitali che i Destrage sono italiani, milanesi per l’esattezza. Prendiamocene tutti i meriti e cerchiamo di essere gelosi di loro perché lavori come Are You Kidding Me? No. non nascono tutti i giorni sulle piante di fico: ogni particolare è tirato a lucido, ogni dettaglio è ben ponderato, studiato a tavolino per farci gridare al miracolo. L’influenza principale nell’opening song “Destroy Create Transform Sublimate” è il virtuosismo dei Protest the Hero, non solo nel tessuto strumentale ma anche nella capacità di Paolo Colavolpe di tramutare la sua voce da calma come l’acqua placida a cavernosa in una frazione di secondo, stessa dote del pari ruolo Rody Walker nella Metalcore band canadese. Gli unici miraggi puramente System of a Down li troviamo nelle parti più quiete di “Purania” e “(Obedience)”, ma è sempre farina del loro sacco, ideale conseguenza della loro indole. Il ritornello di “Hosts, Rifles & Coke” ci riporta agli inizi del 2000, a quando impazzava la moda/corrente del Nu Metal: spazio alla melodia unita a inserti schizoidi quindi.

Poi, se ci garba, facciamo un salto temporale di quasi quindici anni, ricatapultandoci al Metalcore dei giorni nostri (“Waterpark Bachelorette”) con il doppio pedale a palla e la tecnica sopraffina dei due axemen Matteo Di Gioia e Ralph Salati. Non dimentichiamo l’ospitata di Ron “Bumblefoot” Thal, chitarrista degli attuali Guns ‘N’ Roses proprio nella conclusiva “Are You Kidding Me? No.” Cancellate dalla vostra testa la concezione di easy listening, i Destrage saranno pane per i denti di chi ha voglia di purificare le proprie orecchie e il proprio spirito con qualcosa di veramente nuovo. Una ventata di aria fresca vi travolgerà. Forza Italia!

Read More

Superhorrorfuck – Death Becomes Us

Written by Recensioni

Superhorrorfuck: un nome che già lascia intendere per esteso l’obiettivo di questo quintetto veronese (rimaneggiato per 3/5 dalla loro line-up originale) che dal 2005 “terrorizza” mezz’Italia con le sue esibizioni sanguigne, irriverenti, fatte apposta per quella fetta di pubblico ancora affascinata dalla teatralità grandguignolesca tipica del re del trash Alice Cooper. Quel che terrorizza di più, in verità, è proprio il loro concept che racchiude quel che di più pacchiano, forzato e grossolano gli anni Ottanta ci hanno offerto. I riferimenti musicali ed estetici dei Superhorrorfuck sono più chiari dell’eccentrico make-up del loro frontman Dr Freak, una sorta di Dee Snider incrociato con un Marilyn Manson un po’ troppo acchittato e dal cantato sguaiato; per completare quest’immagine effetto photoshop, metteteci pure una punta del più aggressivo Axl Rose, se volete. Tutta la scena Street Metal e Glam Metal anni Ottanta (Motley Crue, Twisted Sister, Guns N’ Roses) viene rimescolata all’Horror Punk caro a band inarrivabili come Cramps e Misfits, il tutto senza brillare né per inventiva né per originalità, scadendo in un’avvilente banalità.

Musicalmente la proposta dei Superhorrorfuck non si discosta affatto dai suoi punti di riferimento storici sopra citati: pezzi tirati, riff ed assoloni Hard Rock, coretti e refrain melodici presi dai Bon Jovi più struggenti, ma tutto ciò avviene senza convincere, senza coinvolgere. Già dalla prima traccia “Dead World I Live In”, s’intuisce lo sterile tentativo di riesumare dalle tombe zombie, cannibalismo e satanismo finendo per mettere sul piatto un minestrone kitsch che rende l’ascolto del brano insipido. “Voodoo Holiday” è un pezzo di puro Rock N’ Roll che, per quanto semplice e parodistico, incarna perfettamente il pensiero di questi aspiranti zombie nostrani: “Can you guess how it feels being a rockstar living-corpse? Zombie slayers stalking me to blow away my head, horny groupies huntin’me to blow me on my bed […] Stress is bad for living dead, i need a Voodo holiday!”. E a questo punto quasi rinuncio all’esplorazione dei testi per paura di ritrovarmi di fronte frasi fatte e logore. L’intro drammatico di “The Ballad of Layla Drake” sembra far presagire qualcosa di differente, le tastiere sataniche in sottofondo rendono il brano quasi interessante, ma l’effetto dura poco e si torna subito a danzare con i morti.

Gli episodi migliori del disco sono “Break Your Shit” dalla ritmica spedita e punkeggiante e “Horrorrchy Pt. III, The Lord”, un buon brano Heavy Metal ma questo non basta: Death Becomes Us non può essere salvato neppure da un rito Vudù. Forzatamente controcorrente, forzatamente sopra le righe in realtà non provocano, non stupiscono per presenza scenica, né colpiscono per la qualità della loro musica. Forse destinati a rimanere confinati nella loro nicchia ma probabilmente non desiderano neppure uscirne.

Read More