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What’s up on Bandcamp? [marzo 2022]

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I consigli di Rockambula dalla piattaforma più amata dalla scena indipendente.
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Witches Of Doom – Deadlights

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Ebbene, anche i Witches Of Doom giungono al loro secondo album intitolato Deadlights. La band, che miscela lo stile di colossi come Type O Negative, Rob Zombie e Paradise Lost, torna in scena con un disco che li definisce una volta per tutte. Se con Obey, il disco d’esordio, hanno dato buona impressione, con questo nuovo lavoro danno la conferma d’esser, prima che dei buoni musicisti, dei bravi artisti.

Deadlights è un disco che spazia dal Doom, al Gothic con venature Stoner. Parliamo di un album che può essere ascoltato in svariati momenti, ma è anche un lavoro che vanta di tracce che potrebbero fare da colonna sonora a qualche film di Tarantino o dello stesso Rob ZombieDeadlights ispira sofferenza ma anche rabbia e carica, puoi trovarti in un periodo triste o in uno più movimentato, va bene lo stesso. In questo disco è interessante l’uso delle tastiere e degli effetti, questi ultimi sicuramente più utilizzati rispetto al precedente album. È chiaro che i Witches Of Doom con questo nuovo lavoro segnano la loro maturazione. Certo, non è un capolavoro ma è un disco che si difende abbastanza bene e si inserisce senza dubbio tra uno dei lavori più interessanti dell’anno.
“Lizard Tongue”, primo singolo, ti travolge con i suoi effetti creati dalle tastiere e con i mastodontici giri di chitarra di Venditti. “Run With The Wolf” con la sua composizione piano-forte è trascinante non solo per la buona melodia ma anche per il cantato di Piludu chiaramente inspirato da Peter Steele. Passiamo direttamente a “Winter Coming”, tetra ed oscura, anche qui c’è un buon gioco delle tastiere mescolate all’ottima voce di Piludu. “Homeless” e “Black Vodoo Girl” mettono in mostra la vena Stoner e Doom del gruppo. Chiudiamo citando “I Don’t want to be a Star”, la traccia più calma del platter, dal sound pulito e melodico, anche qui un ottima prova di Piludu.

Deadlights è un disco onesto, nel senso che riesce ad omaggiare grandi nomi del Goth e del Doom ma con un evidente personalità.

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Cadaveria – Silence

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Cadaveria non ha bisogno di presentazioni, l’oscura signora è uno dei personaggi più in vista nel metal estremo italiano. Un po’ per la sua indiscussa carriera, un po’ per il suo talento e soprattutto per la sua presenza scenica ammaliante. Non dimentichiamo che la Dama in Nero sventola la bandiera tricolore per il Mondo (nel Sud America ha praticamente un esercito di devoti) e lo fa con classe, con orgoglio, con successo. E’ vero, forse con il tempo il sound di Cadaveria si è leggermente ammorbidito, ma esperienza e sperimentazione sono le sue caratteristiche principali e la sua penultima fatica, Horror Metal, la dice lunga. Probabilmente il giusto equilibrio è cominciato da In Your Blood, dove, aggressività e cupezza erano dosati nella giusta maniera. Oggi ci troviamo ad analizzare Silence che, effettivamente, è il quinto studio album dell’artista. Per parlare di questo disco voglio adoperare una personale descrizione, voglio parlare dell’immaginazione che mi ha suscitato quando l’ho visto e ascoltato. Bene, la prima curiosità, la prima attrazione, lo ammetto, è stato l’artwork: quel sinistro giullare colorato di viola e nero circondato da un decadente quanto opaco paesaggio ha cominciato a farmi frullare le prime idee. Sarò sincero, questa copertina ha influito non poco sulle aspettative del sound, da quell’immagine mi lasciavo suggestionare ideando nella mia testa come potesse suonare il disco. In un modo o nell’ altro mi sono lasciato trasportare: ho sentito quel senso di macabro (che Silence emana a dismisura) in canzoni come “Existence” o “Death, Again”, ho centrato l’inquietudine di “Carnival Of Doom” e di “Loneliness” e ci ho visto giusto sulla tecnica maturata in tracce tipo “Free Spirit”, “Out Loud” ed “Exercise1”. Cadaveria ha realizzato un lavoro che in pochi riuscirebbero a fare, non è facile migliorare il sound e tenerlo sempre sugli stessi livelli. Silence riesce a ben dosare Gothic, Black e Thrash, e la voce sinistra di Cadaveria è la ciliegina sulla torta. Insomma, si tratta di un disco di un certo calibro, dire maturo sarebbe troppo scontato perchè come già accennato prima l’Oscura Signora le ha sperimentate quasi tutte o meglio ha provato in tutti i modi a raffinare il proprio stile, il proprio suono. Il bello di Silence è questo: sembra di ascoltare un The Shadow’s Madame perfezionato. Per concludere, posso soltanto consigliarvi di possedere questo disco (con tanto di booklet che è eccezionale), ascoltarlo vi farà capire tante cose di questa nostra artista.

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Ravenscry – The Attraction Of Opposites

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Tornano alla riscossa i lombardi Ravenscry e lo fanno con stile, rilasciando la loro ultima fatica The Attraction Of Opposites, secondo atto della loro discografia. Pubblicano il platter a distanza di tre anni dal precedente e discreto One Way Out. E’ il caso di dire che Giulia e soci questa volta hanno nettamente centrato il bersaglio, registrando qualcosa di esageratamente vistoso. Con il precedente lavoro la band ha cominciato ad appiccare i primi “incendi” mentre adesso soltanto conferme del loro talento. The Attraction Of Opposites riesce ad amalgamare quiete ed aggressività, frastuono e melodia. Molta qualità e uno smisurato talento sono le armi invincibili dei Ravenscry. Parliamo di un disco genuino, dall’ascolto facile che riesce ad accontentare amanti del Goth e del Melodic Death Metal. Nel supporto ci sono tredici tracce che sprizzano adrenalina da ogni poro, una particolarità per ogni brano, che sia il cantato dell’energica Giulia Stefani o i massicci riff eseguiti da Paul e Mauro. Noterete il talento dei cinque ragazzi soprattutto ascoltando “Missing Words”, canzone che meglio li rappresenta. “The Witness” e “Ink” esaltano le chitarre, mentre con “Cynic” e “Noire Desire” si accentua la vena Goth che più di qualche volta fa riferimento agli Evanescence ed ai Within Temptation. I Ravenscry con molto agio stanno riuscendo a farsi strada, si stanno dando la possibilità di essere tra le attenzioni di molti, stanno mostrando audacia e intraprendenza. La cosa migliore da fare è procurarsi questo disco, vero e proprio concentrato di emozioni. Una piccola attenzione vorrei dedicarla anche all’artwork in cui vediamo dei colori che, ironia della sorte, sono quelli che trasmettono con le emozioni i Ravenscry. Resta solo una cosa da fare: spararsi The Attraction Of Opposites a tutto volume!

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Unalei – A sua Immagine

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Vi siete mai chiesti come possa essere un disco che unisce il sound e lo stile degli Opeth e dei Novembre con quello degli Alcest o magari degli October Falls? A sua Immagine è la risposta alla vostra domanda. Il disco è nato dalla mente di Federico Sanna, un polistrumentista cantante che, con l’aiuto di Federico Antonio Petitto, ha creato gli Unalei. La prima cosa da evidenziare in questo lavoro sono, senza dubbio, le sensazioni suscitate dai quattro piccoli requiem: un po’ cupe, un po’ romantiche, spesso riflessive. Non sarà difficile farsi travolgere dalle note di “Senhal”, la traccia d’apertura, come non ci sarà da meravigliarsi se durante l’ascolto di “Fattezze Di Rosa” si rimarrà fermi in silenzio, a fissare il vuoto per perdersi nei propri pensieri. Insomma, parliamo di un disco composto con il cuore, senza troppi tecnicismi e realizzato dai sussulti dell’anima. D’altro canto con delle muse ispiratrici così (sono i mostri sacri citati prima) difficilmente non si è deboli di cuore e A sua Immagine ti mette alla prova. Passiamo alle ultime due canzoni: “Della Carne” che tra tutte è quella più armoniosa e la conclusiva “Il Valzer Della Giovinezza” che mette a nudo la vena classica di Federico. Quest’ultima traccia gioca principalmente sulle tastiere, solo alla fine c’è un piccolo accompagnamento da parte della batteria, si tratta di un dolce e soave finale. Un occhio di riguardo va anche alla limpidezza del sound nonostante il disco sia effettivamente un’autoproduzione. C’è veramente un invidiabile impegno dentro A sua Immagine, il giusto slancio che rende fiducia all’operato degli Unalei. Insomma, il consiglio è di ascoltarli con attenzione, i due ragazzi ci sanno fare e come se non bastasse hanno le idee chiare. Il prossimo passo spetta agli ascoltatori

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Donamorte – Gemini

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Ero curioso di ascoltare questo nuovo disco dei Donamorte; gli spezzoni in giro per la rete e le pubblicità promozionali avevano suscitato in me un certo interesse, anzi, parecchio interesse. Purtroppo però non tutto ciò che luccica è oro, e di questo si potrebbe parlare per ore. Inizialmente mi aspettavo un travolgente lavoro di Gothic ed Elettronica insieme ma non è stato cosi; con questo Gemini, sembra di ascoltare un ennesimo e stancante album pseudo Industrial (tedesco) suonato da una band italiana. Questa “fatica” risulta monotona e poco ispirata, c’è poca personalità e a lungo andare l’ascolto diventa alquanto indigesto. Diversi brani si somigliano tra loro e, come se non bastasse, non c’è traccia di motivetti orecchiabili che, nel bene o nel male, facciano la differenza. Manca qualcosa da stamparsi nella mente. Vero, il disco gode di un’ottima produzione e di un’eccellente lavorazione, (vedere, anzi ascoltare, registrazioni e missaggi) ma è comunque troppo poco per un album ambizioso in cerca di fama. Le tracce dalla resa migliore sono l’opener (che è anche la titletrack), la successiva “Cant’ You Feel” (presente anche nel loro EP precedente) e “I Want to Escape”. Guardando al di fuori di queste poche canzoni Gemini non ha più molto da offrire, a dirla tutta è un grande peccato perchè i Donamorte hanno enormi potenzialità; mi riferisco all’assemblaggio del concept in termini di registrazione e rifiniture del sound. Con qualche accorgimento in più il gruppo avrebbe potuto creare un disco degno di nota ed invece Gemini lascia solo un po’ di amaro in bocca. Attendiamo la loro prossima uscita e incrociamo le dita.

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Irreverence, tutte le date italiane!

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Comincerà Venerdi’ 3 Ottobre dal Vampyria Gothic Cafe’ di Reggio Emilia (Via Garonna, 15/G) il tour italiano che vedrà impegnati i thrashers milanesi Irreverence. Saranno dieci le date che porteranno il combo milanese in giro per la nostra penisola per supportare e promuovere la nuova studio-release Shreds of Humanity che sta raccogliendo consensi estremamente positivi da pubblico e addetti ai lavori, sia in territorio italico che all’estero. A seguire tutte le date del tour nel dettaglio:

Venerdì 3 Ottobre 2014 – REGGIO EMILIA – Vampyria Gothic Cafè
Sabato 4 Ottobre 2014 – ROMA – Closer Live Club
Sabato 18 Ottobre 2014 – ERBA (CO) – Centrale Rock Pub
Sabato 1 Novembre 2014 – MOZZO (BG) – Twentyseven
Venerdì 7 Novembre 2014 – ROZZANO (MI) – Arci Svolta
Venerdì 14 Novembre 2014 – BRESCIA – Circolo Colony
Sabato 15 Novembre 2014 – TREGNAGO (VR) – Sottosopra
Sabato 17 Gennaio 2015 – LU MONFERRATO (AL) – Mephisto Rock Cafè
Sabato 31 Gennaio 2015 – GENOVA – L’Angelo Azzurro
Sabato 14 Marzo 2015 – ALBIGNASEGO (PD) – WIP Club

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Witches of Doom – Obey

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Ogni tanto quella sensazione ritorna. Si, proprio quella che all’ascolto di un pezzo inizi a fantasticare: pensi ad un luogo, un colore, un paesaggio e addirittura ti riconduce ad un profumo. Non capita spesso come ben sapete, qualcuno dice che bisogna essere predisposti e forse un fondo di verità c’è, ma è anche vero che la band che riesce a farti emozionare in questa maniera deve saperla lunga. Parliamo dei Witches of Doom, una band capitolina nata nel Gennaio 2013 che unisce sonorità Gothic, Stoner e Doom. La loro musica ricorda in primis i Type O Negative e qualche piccola influenza la devono anche ai Katatonia. Obey è il disco d’esordio di questi grintosi ragazzi, si tratta di un pregiato lavoro elaborato nei minimi dettagli: ottime melodie, discreto sound e un eccellente lavoro di mixaggio. Obey è un coinvolgente disco, ispirato e sensuale. Insomma, basta sentire i primi giri di chitarra di “The Betrayal” per capire di cosa stiamo parlando e non solo, le melodie ed il pesante sound della successiva “Witches Of Doom” vi trasporteranno con la mente in cupi e nitidi luoghi. Stesso discorso per “To The Bone”, una traccia dai riff più taglienti e nervosi, probabilmente anche quella più pacchiana del platter. Si passa a “Needless Needle”, anche questa in puro stile Type O Negative con un interessante melodia ed una vena elettronica davvero interessante. “Crown Of Thorns” è la traccia più lenta, consideriamola come la quiete dopo la tempesta: parte con voce e tastiera e solo quasi alla fine c’è la partecipazione di tutti gli altri, ad ogni modo è un ottimo momento per riprendere fiato e ripartire alla grande con la successiva “Dance Of The Dead Files” (ricca di effetti del synth e con una chitarra pomposa). Ultima song da citare obbligatoriamente è la titletrack, che fa da chiusura. Quest’ultima della durata di ben quattordici minuti rappresenta la consacrazione dei Witches of Doom, ovvero quella di una band coordinata, variegata e incisiva. Questa traccia è un ottimo resoconto del gruppo, una chiusura col botto. Ci troviamo di fronte un gruppo di ottime qualità che ha le carte in regola per essere un caposaldo del genere nel nostro stivale. Speriamo continuino cosi.

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Deathless Legacy – Rise From the Grave

Written by Recensioni

Un po’ di  tempo fa gironzolavo sui social network in cerca di qualche gruppo nuovo, ne trovai abbastanza, tutti di generi diversi ma chi mi suscitò una forte curiosità furono i Deathless Legacy, una band nata inizialmente come tribute dei Death SS. Comunque, caso vuole che mi metto ad ascoltare il loro disco d’ esordio, Rise From the Grave, un lavoro che miscela Gothic, Black ed Heavy Metal con l’ influenza di Steve Sylvester sempre presente non solo musicalmente ma anche per quanto riguarda i costumi e il gusto per l’ orrido. La musica proposta è un concentrato di aggressività ma con un pathos oscuro, sinistro, dovuto anche alle doti canore della singer; innegabile inoltre una certa similitudine con i Necrodeath nonostante la voce femminile.

Rise From the Grave si fa ascoltare con molto piacere, scorre in maniera limpida senza stancare un minuto, anzi, la voglia di sentirlo una seconda, terza e quarta volta è tanta. Parliamo di un disco fatto con voglia e passione da una band che, nel bene o nel male, di esperienza ne ha, soprattutto se contiamo i molti show dal 2008 ad oggi. Guarda caso in uno di questi, precisamente l’ esibizione di Halloween a Firenze del 2011, hanno come special guest proprio il già citato Steve Sylvester. Viene da porsi un quesito: perché un’icona di questo calibro dovrebbe disturbarsi per un gruppo underground del genere? Probabilmente anche il noto rocker deve averci visto del buono e considerando che comunque è stato palesemente d’ ispirazione per il grintoso sestetto, ecco prendere due piccioni con una fava.

In Rise From the Grave le tracce che subito si fanno ascoltare sono in primis: “Will or the Wisp”, la successiva “Queen of Necrophilia” e “Death Challenge”, quelle che subito attirano l’ attenzione per motivi diversi. Andando per ordine, nella prima citata c’è l’ ottima prova di Steva a fare da scheletro, nella seconda troviamo un botta e risposta tra chitarre e batteria eccezionale, mentre nella terza sono le tastiere a creare l’ atmosfera e fare da padrone. Non sono da sottovalutare “Flamenco de la Muerte” e la successiva “Spiders”, anche queste aggressive e dalla tinta cupa. Insomma i Deathless Legacy sono da tener in considerazione e se queste sono le premesse dinanzi a loro c’è solo un futuro roseo, potremmo considerarli una promessa per la musica estrema.

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La Band Della Settimana: Christine Plays Viola

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La band abruzzese è ormai una vecchia conoscenza per i più affezionati lettori di Rockambula, dopo la recensione del loro ultimo Ep, la video intervista realizzata sempre da Ulderico Liberatore e il live report ad opera di Riccardo Merolli. Chi li ha imparati a conoscere sarà rimasto affascinato dalla loro musica misto di Darkwave, Gothic e Post Punk, tra Depeche Mode, Piano Magic, Christian Death, Bauhaus e Sister of Mercy.

Ora la redazione di Rockambula ha deciso di premiare i Christine Plays Viola freschi del ritorno dall’ennesima data fuori dai confini italiani. Zurigo è solo l’ultima tappa di una serie interminabile di date in cui Massimo Ciampani, Fabrizio Giampietro,  Desio Presutti e  Daniele Palombizio si sono esibiti in giro per l’Europa. In attesa di assistere alla loro esplosione anche in terra italiana, gustiamoci ancora il sound oscuro dei Christine Plays Viola.

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Christine Plays Viola – Leocadia EP

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Leocadia è il nuovo Ep noir dei Christine Plays Viola, band abruzzese che sta percorrendo le scene Darkwave dell’europa centrale. Dopo il grande successo di Innocent Awareness che li porta fuori dal contesto italiano, un po’ stretto per il loro genere, tornano a lavorare sul secondo album studio e ce ne danno un assaggio con questo Ep dalle tinte oscure: Leocadia. Ispirati dalla pittura del Goya che in un momento particolare della sua vita lavorò su una serie di “dipinti in nero”. “La Leocadia” raffigura una donna in abiti neri, forse da funerale, appoggiata di un fianco su un “cumulo” con lo sguardo perso nella tristezza assoluta che cerca di sfuggire allo spettatore. Ed è proprio in questa raffigurazione che si incastra questo Ep dalle tinte cupe e sonorità scomposte e sfuggenti.

Con la chitarra disturbata e le trame riverberate del synth, un basso secco e rapido, batteria martellante e voce tonda i Christine ripartono dai sound tipici degli anni ottanta, loro mentori i Bauhaus per la chitarra scomposta di Fabrizio Gianpietro, evidente in “Leocadia”, ma anche il synth tipico di quegli anni, prendiamo i Depeche Mode per intenderci.Per ricondurli all’ombra dei giorno nostri senza troppi compromessi. La profonda voce di Massimo Ciampani fa da trama componendo un’atmosfera nebbiosa, uno stacco glaciale sulla melodia come si sente in “Keep my Scorn Warm”. Mentre il basso di Desio Presutti e la batteria martellata di Daniele Palombizio in “Scattered In The Dust (Slay With Dismay)” fanno da cornice a questo quadro cupo, a questa Leocadia assorta a causa dei suoi perturbamenti.

Un lavoro curato, un concept macchiato di nero che ci trasporta sulla parte in ombra di noi stessi per lasciarci guardare da dentro le nostre paure, le nostre ansie, i nostri disagi, senza prevaricazioni esterne.

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