folk rock Tag Archive

G-Fast – Go to M.A.R.S.

Written by Recensioni

Dietro il moniker di G-Fast si nasconde il One Man Band milanese Gianluca Fastini, un amante delle sonorità vintage, di quel maledetto Rock di una volta che puzzava di whiskey e suonava di Blues. Il suo nuovo disco preceduto da svariati live esce per La Fabbrica e si chiama Go to M.A.R.S., niente di elegante, niente di particolarmente eccitante. Perché questo Go to M.A.R.S. vorrebbe suonare esattamente come un disco di una volta, prendiamo tutta l’attuale scena Indie italiana e buttiamola senza timore nel cesso tirando lo sciacquone infinite volte. Tanto non ci sarebbe poi così tanto da salvare secondo alcune arroganti presunzioni. “Go to M.A.R.S.” prima traccia (e pezzo che titola l’album) parte subito massiccia e senza paura, piedone a spingere sulla cassa, chitarre Folk Rock e tanta voglia di arrivare su Marte. Ma questo dal titolo si era capito benissimo, dopo Bowie arriva G-Fast. Tanta spocchiosità nell’animo indipendente di “I Like It”, qualcosa diventa subito muro tra concetto e risonanza. Non arrivo a cogliere il senso e disordinato come un bambino eccitato dai regali di Natale vado avanti nell’aprire canzoni come fossero pacchi.

Nel brano successivo “Mystical Man” G-Fast usa chitarroni pesanti ma quella insistente sensazione di “vecchio polveroso” proprio non vuole lasciarmi stare. Capisco benissimo l’intenzionale ricerca di suoni del passato ma in questo caso il prodotto finale è stancante, è come mettere volontariamente la testa dentro una ghigliottina francese. Tralascio volentieri “On My Own”, non riesco a contemplare certe cose in nessun momento della mia giornata. Tengo a precisare che questo disco sono riuscito a metabolizzarlo (diciamo pure così) almeno dopo dieci ascolti durante i quali mi promettevo di trovare il lato positivo che puntualmente non arrivava mai. E nessuno mai potrebbe capire quanto aspettavo che ciò accadesse. “Morning Star” prosegue senza provocare troppo scompenso, alta orecchiabilità e sound arrugginito come non ci fosse un domani. In questo caso apprezzo molto la tecnica Old School. Andando avanti troviamo “Like an Angel” e “Toy Soldier”ma entrambe vivono di luce riflessa, un qualcosa già speculato negli anni novanta quando tutto era più facile e non ci giravano i coglioni a causa della crisi economica, quando potevi sentirti il padrone del mondo non sapendo che la fine era alle porte.

Ci vuole un fegato marcio per suonare Rock Blues senza contaminazioni. “Crazy” è finalmente un pezzo diverso dal resto, poco omologabile con quello ascoltato in precedenza, un mix di atmosfere tarantiniane e sole bollente sulla nuca. Ma possibile? Ho già ascoltato da qualche altra parte? Sento delle familiarità impressionanti. I diritti umani mangiati voracemente da un corvo nero in “The Crow Is Back”, ancora non riesco ad afferrare niente di buono, sconsolato cerco riparo nell’ultima traccia “What I Think of You”. E’ una ballata ma a me non piace affatto. G-Fast non rientra nella schiera di musicisti che salveranno la musica, almeno da quello espresso in Go to M.A.R.S. non riesco a vedere neanche uno spiraglio di positività. Inutile nascondersi dietro musicalità testate migliaia di volte e tecnica audace, la musica è soprattutto sentimento e questo disco purtroppo non trasmette niente. Consideriamola una brutta esperienza.

Read More

Sine Frontera – I Taliani

Written by Recensioni

Sine Frontera. Senza confini. Il loro nome è già un invito a superare di ogni forma di barriera fisica e mentale, concetti che vengono ampliamente espressi con la loro musica, anch’essa senza confini, appunto, libera dalle restrizioni geografiche e svincolata dall’appartenenza ad un determinato genere musicale. Contaminazione è la parola chiave dei Sine Frontera, e I Taliani, il loro ultimo album, ne è pieno. Un viaggio su un’ipotetica linea ferroviaria che passa confini e raccoglie, strada facendo, storie e musiche di posti lontani: è così che definiscono il loro progetto musicale, e quest’ultimo lavoro non si discosta dalla loro idea di fare musica. Se di generi musicali si vuole in ogni caso parlare, il viaggio avviene tra Folk Irlandese e Ska, tra musica balcanica (“La Ruota”) e Country, fino a sfiorare il Rock con “Io Sono Io”; geograficamente parlando ci spostiamo invece tra Nord e Sud America (“No Soy Borracho”, brano interamente in spagnolo dal ritmo Ska, racconta di una storia d’amore ai tempi della rivoluzione messicana di Zapata), per poi saltare dall’altra parte del mondo e toccare tutti i punti cardinali dell’Europa. Qui il viaggio prevede anche una sosta in Spagna ed una collaborazione con Albert Ferrèr, voce del gruppo barcellonese Malakaton,  nel brano “Hombres”, un’esortazione agli uomini a pensare con la propria testa, cantato in italiano e spagnolo.

La meta principale del viaggio resta comunque l’Italia, il titolo dell’album non mente; sono numerosi infatti i tributi al Bel Paese. La title track “I Taliani” canta a ritmo Ska vizi e stereotipi del popolo italico, che non di solo vizi e stereotipi, però (fortunatamente) è fatto: di ispirazione letteraria e cinematografica è la ballata Folk Irlandese “Camillo e Peppone”, mentre di ispirazione teatrale è il brano “Il Villano”, Tarantella che si rifà ad un’opera di Dario Fo. Non manca nemmeno un tributo al “Marchese del Grillo” di Alberto Sordi nel brano “Io Sono Io” (e voi non siete un cazzo!). Di diversa tendenza è il brano “Dietro il Portone”, una ballata Folk (che mi fa tornare alla mente la malinconia di “Remedios la Bella” dei Modena City Ramblers), cantata per metà in italiano e per metà in dialetto mantovano, dedicata a tutte le vittime dell’Olocausto, e che riprende le parole del celebre libro “Se Questo è un Uomo” di Primo Levi.

I Sine Frontera sono la dimostrazione che la musica può davvero abbattere le barriere fisiche e mentali, e condurre l’immaginazione in luoghi impensabili; fondamentale è dunque il suo ruolo come mezzo di trasporto emotivo. Un po’ meno rilevante è, a mio parere, l’importanza che viene data ai testi, che rimangono a volte sospesi sul pelo dell’acqua, senza andare troppo a fondo, nonostante l’importanza di alcune tematiche trattate (penso a brani come “La Ruota”, una riflessione sul senso della vita che si riduce alla nota metafora della ruota che gira). In ogni caso, mi è piaciuto viaggiare con i Sine Frontera; mi è piaciuto sedermi intorno ad un falò di suoni e parole ed ascoltare le loro storie provenienti dal mondo. Durante una navigazione nell’oceano sconfinato del web, mi ha colpito un incontro accidentale con una frase che diceva più o meno: scrivere è come viaggiare senza la seccatura dei bagagli. Credo che la  musica abbia gli stessi “effetti collaterali”.

Read More

Portoflamingo – Lamoresiste

Written by Recensioni

Avranno di certo un buon impatto dal vivo i Portoflamingo, band che mi piace immaginare in una piazza di paese piena di gente che balla e si dimena con dentro tanta voglia di spensieratezza e birra fresca. Nati a Prato nel 2000, questi sei vivaci musicisti iniziano a calcare la scena con i loro trascinanti live in giro per l’Italia ma è nel 2008 che si fanno notare davvero vincendo al MEI, con il video di “Sotto Vuoto Spinto”, il premio per il miglior soggetto. Con il loro ultimo lavoro, Lamoresiste, quarto album in studio, i Portoflamingo intraprendono un viaggio sonoro verso un’utopica felicità, tutto all’insegna del Folk Rock o, se vogliamo, della World Music. Dodici tracce dal ritmo brioso,fatte per cantare tutti insieme allegramente e, perché no, dimenticarsi per un po’ che la vita a volte è proprio una merda. Lamoresiste contiene brani innegabilmente ispirati alle ballate popolari e scanzonate della Bandabardò (in particolar modo “Zanzare” e “Cellophane”); non a caso i nostri hanno avuto occasione di esibirsi con la band di Erriquez nel 2007 al Mantova Musica festival. In alcuni pezzi, vedi “Elezioni” ed  “È Vero”,si percepisce l’audace tentativo, non proprio riuscito, di attingere a un cantautorato italiano più impegnato. Ma dopotutto, non avrebbe senso chiedere ai Portoflamingo di essere troppo “impegnati”, andremmo a “inquinare” la loro leggerezza di fondo, che non è superficialità, ma è solo voglia di ironizzare e giocare col senso della vita almeno per quarantatre minuti. Quello che sento è anche un po’ di sana tenerezza per chi, in anni bui come questi, tenta ancora di portare la buona novella nei cuori della gente con “Un disco pensato, scritto e suonato per ricordarci che il male vince sempre…ma l’amore esiste lo stesso”.

Read More

Pablo e il Mare – Miramòr

Written by Recensioni

Non è facile fare un disco pop senza risultare banali, già sentiti, scontati. Non è facile, pure nella banalità, nello scontato, nel già sentito, riuscire a dire qualcosa di personale. Non è facile soddisfare i gusti di un’onnivora musicale meteoropatica come me. Eppure i Pablo e il Mare sono riusciti in ciascuna di queste cose.

Miramòr è un lavoro discografico elegante fin dalla copertina, fatto solo di uno fondo bianco con un mazzo di peperoncini rossi annodati dai gambi, che ricorda tanto certi matrimoni in cui la sposa, pur dovendo rispettare le tradizioni, trasgredisce ficcando dei peperoncini nel bouquet, ché in fondo sono rossi come l’amore e la pelle arsa dal sole e calienti come la passione. Perché c’è questa latinità nel disco, una forte e diffusa componente mediterranea che si traduce in un gusto per le sonorità acustiche, a tratti più propriamente folk come in “Fidelina” o “Ora lo sai”, che fa un uso del popolare commisto al pop molto simile a ciò che fa Daniele Silvestri, o “Farfalle”, più mossa e danzereccia. E il cantautorato è il vero protagonista di questo disco: “Immaginario” ha un certo sapore retrò, soprattutto per gli archi di accompagnamento, la chitarra acustica e il riferimento testuale alle ventimila Lire di ormai lontana e nostalgica memoria; “Pesci Tropicali” è quasi l’ideale colonna sonora di un film, con il suo raffinato accompagnamento pianistico. Il cinema, infatti, è l’altra grande ispirazione dell’album: molte tracce sono costruite con il solo intento di narrare storie, contrapponendo e giustapponendo immagini diverse in grado di ricreare suggestioni, mentre la musica, talvolta dal sapore pulp, sottolinea, evidenzia, accompagna. Eclatante è il caso di “Franco Ciccio e la Sirena”, mentre l’atmosfera diventa più fumosa e cameristica in “Gatto sul Tetto”, in cui la voce esegue salti melodici volutamente rochi, che mi hanno ricordato certi slanci vocali di Piero Pelù. La più riuscita, per quanto forse sia fin troppo didascalica è “Migrante”: l’introduzione fatta di suoni di onde che si infrangono e gabbiani in volo, su una linea melodica strumentale quasi arabeggiante. Mi ha ricordato molto, per i riferimenti, le ispirazioni e, innegabilmente, per l’argomento, Il Treno del Sole dei Mau Mau di Luca Morino. Il belcanto nostrano e la nostra tradizione pop, invece, sono il trait d’union di “Avvampa”, la traccia di apertura che subito mostra la capacità di curare gli arrangiamenti (per quanto non siano originalissimi e mi abbiano subito rimandato a Le Vibrazioni) e di “Viva”, brano di chiusura del disco dal sapore vagabondo, un po’ alla Negrita. Le influenze del lavoro dei Pablo e il Mare sono davvero disparate, ma tutte interiorizzate e rimaneggiate in una chiave stilistica molto personale. Ne risulta un disco con una individualità precisa e una capacità evocativa molto alta. Una bella scoperta davvero.

Read More

I Grizzly Bear in Italia.

Written by Senza categoria

Cari amanti dell’orso Grizzly da Brooklyn, non avrete vita facile se il vostro proposito per il 2013 sarà vedere la band di Edward Droste dal vivo. Freschi del loro quarto album Shields, il loro Folk psichedelico sarà disponibile in Italia per una sola data:

28 Maggio 2013 – Alcatraz, Milano

Prevendite da giovedì 6 Dicembre, prezzo 20€ + d.p.

In bocca al lupo!

Read More

Gasparazzo – Obiettivo Sensibile

Written by Recensioni

Viaggi in Africa, l’odore dell’oceano, il profumo del deserto, tanto reggae e la naturalezza del rock per il disco Obiettivo Sensibile dei Gasparazzo. Le esperienze musicali dei vari componenti della band sono nettamente diversificate tra loro e questo si sente parecchio nel sound dove Alessandro Caporossi, Generoso Pierascenzi (ex Squit) e Lorenzo Lusvardi (ex A.F.A.) mettono a disposizione dei Gasparazzo tutte le loro abili conoscenze musicali. Il risultato è sicuramente di un album suonato con tanta tecnica e disciplina (per citare i Luminal) senza mai scendere nell’errore dello sproposito artistico, Obiettivo Sensibile non vuole strafare ma non riesce quasi mai ad emozionare nonostante si parli di esperienze vissute direttamente dal gruppo (Frutti tropicali). Il disco registrato interamente in presa diretta presso una ex fabbrica attrezzata a studio di registrazione ha dalla sua un’energia indiscutibile che mostra subito le intenzioni folkettone dei Gasparazzo, loro non hanno paura di niente e cercano di portare verso l’ascoltatore un suono poco curato e molto sentito, a detta loro molto garage. Che poi sul suono “garage” si potrebbe aprire una discussione infinita.

Ognuno porta avanti le proprie idee giocando con musica e poesia in maniera elegante, non togliendo mai quel tocco rock che indurisce il tutto, il significato della musica andrebbe preso da pezzi come La danza di Dioniso o Tina, anche le cover se ben indirizzate possono avere il proprio effetto benefico per il risultato finale del concept (Tornerai). Per il resto Obiettivo Sensibile suscita sprazzi impercettibili di entusiasmo scivolando comodo comodo verso un finale che non lascia ne gloria ne perplessità, un genuino lavoro di musica italiana che merita di essere ascoltato e apprezzato ma che di certo non ricorderemo negli anni come il disco stratosferico dei Gasparazzo. Pane al pane vino al vino.

Read More

Legittimo Brigantaggio – Liberamente Tratto

Written by Recensioni

“Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti.” A. Gramsci
Prima di parlarvi di quest’album cosi ambizioso e complesso (vedremo a breve se lo si possa effettivamente considerare tale e perché), una promessa è doverosa. La musica dei Legittimo Brigantaggio è quanto di più distante esista dalla mia idea di musica. Funzione sociale prima che arte pura, astratta, emozionale. Musica oggettiva, anti individualista, per cui il fruitore è solo un mezzo di trasporto del messaggio non molto nascosto tra le parole, nella voce, che diventa l’elemento primario lasciando alla parte strumentale solo un ruolo gregario. Questa premessa ha uno scopo ben preciso. Gran parte delle mie considerazioni, vengono proprio dallo scontro di queste diverse concezioni e quindi, il fatto che possiate apprezzare o no “Liberamente Tratto” sarà dovuto soprattutto al vostro modo di considerare la musica, più che alla qualità pura di ciò che ascolterete. Baudelaire affermava che “L’arte è la creazione di una magia suggestiva che accoglie insieme l’oggetto e il soggetto”. Ingabbiare la musica nella sua funzione sociale può distruggere quella magia. La musica smette di essere arte e diventa altro oppure niente. Prima di leggere e ascoltare, fatevi questa domanda. Che cosa è per voi la musica, quale il suo scopo?

I Legittimo Brigantaggio sono Gaetano Lestingi (vocals, acoustic guitar, electric guitar), Davide “Zazzi” Rossi (accordion), Pino Lestingi (electric guitar), Domenico Cicala (bass), Gianluca Agostini (electric piano, synthesizer) e Gianfranco Vozza (drums, percussion). Nascono a Priverno, nel Lazio, nel 2002 e il primo lavoro è l’Ep “Quando le lancette danzeranno all’incontrario”, uscito l’anno seguente. Dopo tre anni e tanti live, nasce “Senza troppi preamboli…”, primo album della band, al quale partecipano tante voci celebri del panorama Folk italico, tra i quali Billi e Fiori de I Ratti della Sabina. Nel 2009 esce il secondo album, “Il cielo degli esclusi”, che ripresenta la formula della collaborazione con nomi ancora più di calibro. Modena City Ramblers e soprattutto Yo Yo Mundi, i quali rappresentano la band di riferimento dei briganti laziali.
Nel 2011 ecco a noi “Liberamente Tratto”, concept album sul tema dell’abitudine (strano visto che il sound è quanto di più abituale esista nel mondo folk italiano) nel quale ogni brano prende spunto da un’opera d’arte, romanzo, poesia, quadro, da Saramago a Pasolini, il tutto avvolto in un voluminoso e accecante mantello rosso. Affascinante, vero? Come rendere in musica le emozioni della penna, della macchina fotografica, del pennello? Come riusciranno a trasmettere quelle sensazioni tipiche della lettura, delle intermittenze della morte o del tempo di uccidere? Semplice. Non ci riescono. Al massimo, e questo sarebbe sicuramente un ottimo risultato, riusciranno ad incuriosire con qualche frase, a mettere voglia di leggere un autore o di appassionarsi ad un testo o una rappresentazione. Ma io stesso ci credo poco, perché i riferimenti non sono cosi immediati come si potrebbe credere e la musica non riesce a generare le diverse atmosfere necessarie a rendere al meglio le opere musicate.

Da un punto di vista strumentale, siamo disperatamente incollati al classico Folk dei già citati Modena City Ramblers e Yo Yo Mundi. In alcuni passaggi, soprattutto sotto l’aspetto vocale, c’è una certa similitudine col Cesare Basile più popolare e alcuni accenni allo Ska balbettano troppo deboli per essere considerati caratteristici del suono dei Legittimo Brigantaggio. Le melodie non sono ricercatissime, né molto orecchiabili, esclusi un paio di pezzi, e alla lunga l’ascolto può essere pesante e noioso. L’aggiunta dell’elettronica, del synth e del pianoforte elettrico, non serve a salvare la musica dalla marea di banalità nella quale affonda ed è cosi nascosta nell’ ombra del folklore italico da suonare impercettibile mancando un’attenzione maniacale e minuziosa. La musica in sé, voce esclusa, è dunque la parte meno importante dell’opera, cosa evidentemente intuibile già da come il disco si presenta. Non riesce quasi mai a trasportarci veramente, non trasmette la carica e la rabbia necessaria, è poco elaborata e strutturata (questo non sappiamo quanto volutamente, nella possibile necessità di non mettere nel lato oscuro la parte più particolare dell’ opera) e finisce col riproporre meccanicamente una formula ormai logora abbandonata in un affannosa ritirata nella fortezza di Nyen distrutta sotto i colpi della rossa monotonia sinistroide. Senza bisogno di aggiungere altre parole, avrete capito che tipo di sound vi aspetta e avrete capito che non saranno le chitarre o la batteria a spingervi ad ascoltare l’album (so che è una cosa orrenda da dire quando si recensisce un disco). Veniamo dunque alla parte più interessante, l’ elemento che forse spingerà i più temerari compagni ad ascoltare e parlare del disco. Anche se il timbro vocale risulta poco incisivo, in alcuni punti quasi in crisi d’ ossigeno, isolata dal fuoco della musica popolare e dal muro della rigida scelta testuale, è proprio nel canto o meglio nelle parole che potreste trovare un qualche giovamento.
Abbiamo detto che ogni brano è liberamente tratto da un’opera d’arte. Vediamo nello specifico quali collegamenti ci sono tra canzoni e artisti e quali temi sono trattati di volta in volta. Ripeto che lascerò da parte l’aspetto musicale perché totalmente inutile e ripetitivo e non ritengo neanche necessario soffermarsi in maniera puntigliosa sulle opere, visto che del disco parliamo e non di letteratura o pittura:
“Uscita operai”. Visione del dipinto “il Quarto Stato” di Giuseppe Pellizza e trattante il tema del lavoro e del mercato.
“La lettera viola”. Romanzo “Le Intermittenze della Morte” del portoghese Saramago, già autore del bellissimo “Il Vangelo Secondo Gesù Cristo”. Il tema è la morte, la sua assenza, il suo desiderio.
“Il diavolo nella camera oscura”. Eliografia “View from the Window at Le Gras” di J. N. Niépce. Parla dell’invenzione della fotografia e della difficoltà dei benpensanti ad accettare la novità.
“I cieli non sono umani”. Romanzo “Una Solitudine Troppo Rumorosa” di Bohumil Hrabal. Praga, seconda guerra mondiale. Un boia di libri redento e un amore che sparisce nel fuoco.
“Il dado è tratto”. Film “I Quattrocento Colpi” di François Truffat. Accusa alle nuove forme di pedagogia.
“Eucalyptus”. Romanzo “Canale Mussolini” di Antonio Pennacchi dedicata alla cittadina laziale Latina.
“L’Attimo Ideale”. Romanzo “Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale” di Erich Maria Remarque. Paura dell’atomica, accusa all’opprimente occidente.
“Ruvido”. Saggio “L’Ospite Inquietante” di Umberto Galimberti. Nichilismo e gioventù.
“Affari di famiglia”. Poesia “La Guinea” di Pier Paolo Pasolini. Speranza contro la caduta dei potenti governanti italiani.
“Tempo di uccidere”. Romanzo “Tempo di Uccidere” di Ennio Flaiano. Guerra d’Etiopia, amore, morte, rimorsi e paura.

Ora avrete tante domande tra le tempie. Non è che questa formula è più semplice di quello che la stessa vuole farci credere? Non è che scrivere basandosi su testi o altro di grandi artisti crea una sorta di obbligo morale nella testa di ipotetici pseudointellettualigiovanidisinistra per cui “deve necessariamente piacermi, non posso sembrare ignorante o fascista”? E poi, il musicista non dovrebbe essere artista prima che divulgatore di opere d’arte altrui? Che cosa è la musica, quale il suo scopo? Dov’è la magia, in questo disco, dov’è la musica? Cari Briganti, non è che mi state fregando?

  • Genere: folk rock
  • Etichetta: Cinico Disincanto
  • Voto: 2.5/5
  • Data di uscita: 14 Dicembre 2011
  • Link: http://www.legittimobrigantaggio.com

Silvio Don Pizzica

Read More