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Judith Owen in Italia per due imperdibili concerti

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La cantautrice e pianista gallese, già applaudita negli showcase tenuti a Milano e Roma la scorsa primavera in occasione dell’uscita del suo decimo album Ebb & Flow (distribuzione Self), torna in Italia accompagnata dai leggendari Leland Sklar al basso e Russell Kunkel alla batteria, musicisti che hanno dato il loro contributo a pietre miliari della storia del rock insieme a James Taylor, Carole King, Joni Mitchell, Jackson Browne e molti altri. Di base in America e in Inghilterra, dove vive con il marito – il poliedrico attore, conduttore radiofonico e musicista Harry Shearer – Judith è una vera ambasciatrice della cultura British al di là della Manica, e come tale si esibirà nell’ambito delle manifestazioni organizzate dal Padiglione del Regno Unito a Expo Milano 2015. L’appuntamento è fissato per la sera del 23 ottobre, alle 20 al Padiglione UK di Expo, Rho Fiera Milano. Il 24 ottobre, sempre in trio con Lee Sklar e Russ Kunkel, Judith si presenterà al pubblico della prestigiosa Sala del Rosso di Firenze, locale d’avanguardia dotato di caratteristiche acustiche eccezionali, sede d’elezione per il jazz e la classica e meta ideale per la musica d’autore di Judith Owen. Attualmente Judith sta riscuotendo un notevole successo personale come supporto di Bryan Ferry nella seconda parte del suo tour del Regno Unito e il mese prossimo sarà impegnata nei concerti con la cantautrice americana Nell Bryden; in dicembre, insieme a Harry Shearer, porterà lo spettacolo Christmas Without Tears a New York, Chicago, Los Angeles e New Orleans, mentre darà i tocchi finali al suo nuovo album previsto nel 2016.

23 ottobre @ Expo Milano
UK Pavilion, ore 20

24 ottobre @ Firenze
La Sala del Rosso, Via Badia a Ripoli 5, ore 21

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Ve lo diamo noi l’8 Marzo!

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La Festa della Donna si avvicina e con essa, inevitabilmente, dobbiamo aspettarci da un lato orde di donne in preda a raptus ormonali e dall’altro femministe incallite che ci ricordano tristemente che quello che festeggiamo è un lutto. Da un lato uomini a caccia dell’ultima mimosa chi per non far incazzare la mogliettina chi per provare a conquistare la tipa sull’autobus, dall’altro maschilisti senza speranza che delle donne se ne fregano tutto l’anno, vuoi mettere il gusto di ignorarle l’8 Marzo?! E poi ci siamo noi e voi che non sappiamo dove stare.

Noi crediamo solo che un po’ di ipocrisia, ignoranza e superficialità dietro questo giorno ci sia stato e sempre ci sarà ma non vogliamo perdere l’occasione per regalarci qualche minuto di goduria per le nostre orecchie. L’8 Marzo è un piacevole pretesto per proporvi alcune delle migliori singer/songwriter della storia del Rock. Manca la vostra preferita? Nessun problema, fatecelo sapere ma ricordate, non è una classifica e neanche una Top Ten, sono solo dieci splendide donne, a modo loro.

10. Fiona Apple

9. Linda Perhacs

8. Cat Power

7. Tori Amos

6. Carole King

5. Kate Bush

4. PJ Harvey

3. Joanna Newsom

2. Patti Smith

1. Joni Mitchell

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“Diamonds Vintage” Carole King – Tapestry

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Questa ex prodige girls, poi ex moglie di Gerry Goffin con il quale scrisse pagine memorabili di songwriter pop che sbancarono, per ugole d’altri,  hit e charts lungo l’ossatura sghemba degli anni 70, decide un giorno di riprendersele quelle canzoni e di fissarle in un disco immortale e miliare al quale si attingerà sfacciatamente da parte di tante eroine a venire. Carole King, ragazza/donna di New York, hippies acqua e sapone e tenera pianista, con il suo Tapestry del 1971 diventa – nel frangente –  la bandiera vivente della protesta soffice e di emancipazione della donna libera, del corpo e dell’amore autodeterminato – e per la storia, la più alta espressione cantautorale female americana. Nonostante i successi scritti per gli altri, la King è una “novizia” come figura fisica, non identificata nell’immagine al grande pubblico, anche per una sua terribile timidezza, ma ben presto la familiarietà del suo temperamento umano e sonoro, la sua fragilità di donna e la forte genuinità espressiva, la renderanno icona dell’intimità di pensiero e causale di riscatto da una società grossolana e dal fiato corto. E il disco centra al millimetro la gloria discografica – sei anni in classifica ovunque –  e la risposta a tutte quelle aspettative utopiche e modello di base da seguire. La critica si spella le mani per questa cantautrice uscita definitivamente allo scoperto e le canzoni contenute in questo Tapestry, già esaltate dalle doti vocali di Aretha Franklin (You make me feel (A natural woman), James Taylor You’ve got a friend o It’s too late –  splendida ballata sulla quale si accapiglieranno in futuro  per reinterpretarla Quincy Jones, Celine Dion e altri noti personaggi, si riprendono l’ulteriore splendore originario della serenità di quel piccolo loft con vista sull’Hudson dove tra un tè cinese e la compagnia di un gatto affettuoso furono state scritte. Raffinatezza e semplicità con soffici maculazioni jazzy accompagnano le tranquille confidenzialità di Tapestry, So far away, il leggero tremore di I feel the earth move o il soul  caldo di Way over yonder; pietra filosofale per tante cantautrici “della confidenza” Fiona Apple, Tori Amos, Sheryl Crow, Natalie Merchant e Suzanne Vega, Tapestry rimane la punta acuminata e solitaria della carriera “in solo” di Carole King, tutto poi si affievolerà  intorno a questo fenomeno tutto al femminile, anche se le sue canzoni oramai fanno parte dell’arredo insostituibile di questa, di quella e dell’altra “parte del cielo”.

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