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Gustoforte – La Prima Volta (Ristampa 1985)

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Nei primi anni Ottanta, nella capitale poteva capitare di incappare, in qualche negozio di vinili o chissà dove, in uno strampalato lp con copertina di lamiera piegata in due parti, agganciata grazie a un bullone e con una scritta di vernice nera: GustoForte. Niente di più era risaputo di quello che significasse o racchiudesse ma la curiosità doveva essere tanta in chi incrociava quell’epigrafe. In verità non molti perché quel vinile fu pubblicato da un editore francese di musica anticonvenzionale (RatRace Records) in sole duecento esemplari.  A metà degli anni Ottanta, girovagando per Roma, nei suoi parchi, nei suoi spazi sociali, seduti a una panchina o entrando in una vecchia cabina telefonica poteva accadere di trovarsi tra le mani piccole opere d’arte che a prima vista non lo sembravano affatto e che parevano essere state abbandonate da persone sbadate o bramose di disfarsi dell’arma del delitto con la voglia di essere beccate.

Alcuni musicisti dai nomi anonimi per i più (Roberto Giannotti: vocals, drum machine, simmons drums, emulator, tapes; Francesco Verdinelli: electric guitar, casiotone, obx a, tapes; Stefano Galderisi: bass, farfisa, tapes) e provenienti da realtà molto distanti (chi dalle prime esperienze di field recordings, chi dal Punk e chi dalle soundtrack) decidono di capovolgere ogni schema precostituito e iniziano a registrare opere magmatiche, complesse e amorfe, nel più estremo stile Noise e Lo-Fi e lasciano queste incisioni, spesso insieme a opere figurative di diverso tipo, nei luoghi più svariati, aspettando di vedere “l’effetto che fa”. In realtà la cosa non fa alcun effetto apparente, Roma continua per la sua strada e quello che si trasforma è celato solo nelle piccole vite di quei pochi, miseri uomini che hanno avuto la fortuna di dissotterrare una di queste gemme (tra cui il loro secondo lavoro, Souvenir of Italy / La Merda che Fuma ri-stampato, proprio un paio di anni fa) o di partecipare a una delle uniche due performance live tenute in quegli anni dai GustoForte.

A distanza di tanti anni e con uno schieramento rinnovato, la band (autodefinita italian antipop group) si ritrova senza un movente inequivocabile se non quello di “rompere i cojoni” e per suggellare questa riacquistata verve creativa, l’Editore in Modo Moderno (Plastica Marella) recupera le tracce di quel full length denominato sobriamente La Prima Volta e crea una riedizione che non ha più il fascino della lamiera e della vernice nera, ma mantiene intatto il sex appeal di una musica che suonava sperimentale trent’anni fa, tanto quanto suona avanguardistica oggi. Il vinile trasparente 180 grammi che gira ora nel mio impianto si compone di sette tracce (ben definite a differenza del successivo Souvenir of Italy / La Merda che Fuma in cui i brani suonano deformi e liquefatti, adatti maggiormente a essere riprodotti in luoghi inusuali come teatri o gallerie d’arte che non a vibrare nelle casse di casa), quattro pezzi nel primo lato detto maschio, “S. Antony Chain”, “Steel Walk”, “Assembly Line” e “Evry Courcouronnes” e tre nel lato femmina “Factory Ab Absurdo”, “Ask Me a Dream” e “In Memory of Maurizio Bianchi”. Ospiti per l’occasione La Donna (vocals, tapes), Marie Journò (Apple 2E programming in “S. Antony Chain”) e “Alì Mahhmud El Quaharr” (vocals).

L’opera, registrata trent’anni fa presso gli studi di Roma Pink Music Studio e rimasterizzata da Filippo Bussi negli studi Tweedle Music, è un tripudio di sperimentazione oscura che vi sorprenderà per la sua capacità di anticipare la Dub Techno berlinese di Basic Channel, la Dark Ambient di Demdike Stare e l’Electronic Noise dei Black Dice; il Post Rock attraverso l’analisi della New Wave, dell’Industrial figlia dei Throbbing Gristle, tutto condito con reminiscenze del Krautrock di Faust e Neu! oltre che con inflessioni elettroniche di kraftwerkiana memoria, psichedelia cosmica e tutta una serie di “provocazioni” rumoristiche che, all’epoca dovevano stupire per sfrontatezza ma che oggi hanno la capacità di suonare avanguardistiche e vintage al tempo stesso, senza dare alcuna minima idea di vecchio. Ascoltare sul finire del 2013 l’opera prima dei GustoForte lascia un sapore impossibile da trovare in opere attuali e conserva nelle orecchie lo stesso stupore che potreste immaginarvi balenare nella mente alla vista della più grande opera d’arte di un qualsiasi grande artista del passato, scoperta tra le cianfrusaglie della vostra cantina. E per questa sensazione c’è da dire grazie a Plastica Marella, una delle non tantissime etichette coraggiose che resistono in questa penisola dalla memoria corta.

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Father Murphy – Anyway, Your Children Will Deny It (Remix Series)

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Siete riusciti ad ascoltare qualcosa di veramente figo in questo duemilatredici? È dura, lo so, l’anno non è iniziato nel migliore dei modi e neanche i ritorni di Yo La Tengo e My Bloody Valentine sono sembrati degni della nostra esaltazione. Ancor meno in terra italiana, dove piccoli accenni di entusiasmo (me escluso) si sono avuti con i nuovi lavori dei Bachi Da Pietra e dei Baustelle. Veramente poca roba. Tuttavia, solo qualche giorno fa, il quattro Febbraio, i pezzi di una delle più belle realtà italiane (sì, sono italiani), i Father Murphy, contenute nel loro ultimo lavoro Anyway Your Children Will Deny It, messi nelle mani di alcuni dei più grandi nomi della musica Psych-Noise (e non solo) internazionale, hanno visto la luce sotto forma di 7”+ 12” LP. È vero che l’idea di fare dei remix di album editi solo l’anno prima non è certo originale ed è anche vero che il risultato è spesso deludente (vedi i Battles, Gloss Dropp e i remix del 2012 di Dross Glopp). È anche vero che l’album originario dei Father Murphy del 2012 non era stato proprio il capolavoro di una carriera (a proposito vi consiglio piuttosto Six Musicians Getting Unknown e Brigadisco’s Cave #6) anche se per molti questa mia affermazione è una bestemmia. Vero tutto ma vero anche che il risultato che mi pulsa nelle orecchie è ancora meglio dell’originale. Non la penserà cosi chi avrà adorato Anyway Your Children Will Deny It ma come vi ho detto, non è il mio caso. Non v’incazzate, punti di vista.

Il gruppo trevigiano nasce nel 2001 e si sviluppa attorno al cuore composto dal trio Freddie Murphy (guitar, vocals), Chiara Lee (keyboards, vocals, percussion, bells) e Vittorio Demarin (drums, viola, vocals). Il disco da cui i remix prendono spunto, è il quinto lavoro sulla lunga distanza in dodici anni di produzione. Si tratta di un’opera che mescola avanguardie blues, sonorità oscure e agghiaccianti, Neo-Psychedelia, inserti vocali ed elettronici da far tremare l’anima, Folk, Post-Punk e Noise. Un sound assolutamente unico nel panorama tricolore e che ha reso i Father Murphy una di quelle band che fai fatica a renderti conto vivere nel tuo stesso paese. Sono molti i gruppi che scimmiottando le star britanniche giocano a fare gli stranieri ma in questo caso la realtà è ben diversa. I Father Murphy sono una band internazionale perché la loro musica non ha radici terrene.
Il 7” (Two Views) è composto da “His Face Showed No Distorsions” nelle mani degli Indian Jewelry, band che ammetto di apprezzare notevolmente (andate a ripescare i loro lavori e non ve ne pentirete). Un gruppo enorme proveniente da Houston, composto di un numero indefinito di elementi (ci saranno quattro batteristi, tre sassofonisti, diversi chitarristi e poi synth, rumori vari, percussioni, per un totale di membri che supera gli anni della band, nata nel 2001). Il secondo pezzo è “Diggin The Bottom Of The Follow” rielaborato dal francese Philippe Petit.
Il 12” (Heretical View) invece inizia con “How We Ended Up With Feelings Of Guilt” degli Happy New Year e quindi un’altra versione di “His Face Showed No Distorsions”, stavolta degli W.H.I.T.E. (che vi consiglio di cercare senza arrendervi). Segue “It Is Funny, It Is Restful, Both Came Quickly” dei Zulus e ancora “Diggin The Bottom Of The Follow” rivisitato dai danesi Thulebasen. Che cosa è cambiato fino a questo momento, rispetto all’opera madre? Certamente in ogni rielaborazione, i gruppi/artisti hanno messo un pezzo del proprio essere, senza limitarsi a un freddo remix. I brani non si sono certamente trasformati in pezzi da dancefloor, ma hanno acquistato ora pulsante ritmica ossessiva, ora rigonfiamenti lisergici. Diciamo che se l’opera dei Father Murphy è servita a dare conferma della loro grandezza senza aggiungere troppo alla loro proposta, questa diversa visione ci mostra l’inferno sonico dal punto di visto del Demonio e non del dannato. Nella seconda parte troviamo “In Praise Of Our Doubts” di Yvette e “Their Consciousness” di Noel V.Harmonson/Sic Alps. Avrete notato che molti dei partecipanti all’opera fanno parte della scena neo-psichedelica elettronica mondiale ed è proprio questo uno dei diversi punti di riferimento che possiamo trovare all’interno. Inoltre spesso si tratta di artisti non troppo noti al nostro pubblico ma la vera chicca viene con “In The Flood With The Flood” dei grandissimi Black Dice (chiarisco che anche con loro come altri nell’album i Father Murphy hanno condiviso il palco). Attivi dalla fine del millennio scorso, la band statunitense ha sempre proposto una musica dalle mille sfaccettature (cercate l’opera prima Beaches and Canyons), dall’elettronica sperimentale, al Noise, dalla psichedelia al Plunderphonics (genere che si basa sul collage di diverse fonti sonore, col quale si sono cimentati anche i The Residents). Anche in questo caso i Black Dice non si tirano certo indietro per rielaborare alla loro maniera il brano dei Father Murphy. Il disco si chiude con “Don’t Let Yourself Be Hurt This Time” rivisto in chiave EMA.

La musica dei Father Murphy è violenta ma non aggressiva, inquietante ed esoterica, precisa e deforme. Un continuo divenire tra industrial, psichedelia, neo-folk e tutto quanto ci sia di più lontano possibile dagli ascolti di uno spettatore italiano medio (non è un caso che abbiano firmato per l’etichetta statunitense Aagoo). Forse non vi ho detto tanto ma come la loro musica è avvolta in un oscuro mistero, voglio lasciarvi anch’io con la voglia di scoprire i pezzi, uno per volta, scovarne i demiurghi e i loro sofisticatori. Spogliarne i segreti e centellinare con stupore le differenti scie emozionali che vi lasceranno gli ascolti. Se si poteva aggiungere qualcosa, dare nuova linfa ai brani di Anyway, Your Children Will Deny It, aumentarne la potenza, questa è la reazione pragmatica.

 

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