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Alessia Luche – Talent Show

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Se ci limitassimo a parlare degli arrangiamenti che formano l’ossatura di Talent Show, il nuovo disco di Alessia Luche risulterebbe un lavoro gradevole e innocuamente delicato. Gli sprazzi Funk in “Trasformazioni di Me” e “Io Vivo nella Musica” sono la porta d’ingresso di un album che si presenta in maniera ingannevole come chiassoso e avventuroso. La speranza dunque è che Talent Show sia, giocando proprio sull’antitesi, deputato a spazzare via l’ombra ingombrante della partecipazione alla pattumiera televisiva che risponde al nome di Amici di Maria de Filippi. Niente di più lontano dalla realtà. Dietro alle strisce colorate della copertina c’è il grigiore comunicativo di chi parla di cambiamento ma non riesce a scrollarsi di dosso la formula stantia della ballata d’amore, peraltro priva di contenuti. Ne sono la prova la pausiniana “Amori Imperfetti”, la ammorbante “Amsterdam” e “Suppergiù”, dove non è di certo la presunta atmosfera vaudeville a salvare capra e cavoli. L’unica nota di colore vera e prepotente è relegata all’ultima posizione della tracklist. Quella “At Last” di Etta James, eseguita con la jazzista Erika Kertész racchiude le vere radici di Alessia Luche che fuoriescono senza patinature e arrivano dirette nella loro semplicità.
Dov’è questa “Gioventù delle Idee” da lei stessa cantata? A cosa serve costruire un personaggio tra siti web, piattaforme streaming, social e videoclip se poi il prodotto è poca cosa? E’ la logica del talent; Alessia Luche ha ottime potenzialità ma un album come questo finisce per svilirle. Onore alla band, impeccabile sotto ogni punto di vista, ma Talent Show è un disco di cui non sentivamo davvero il bisogno.

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Il Boom – Così Come ci Viene

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Progetto discografico nato dalla collaborazione tra il compositore e musicista Raffaele Rinciari e il poeta e autore Eugenio Ciuccetti, Il Boom esordisce con dieci tracce di una canzone d’autore da Easy Listening leggerissimo e Jazz, tra batterie spazzolate, inserti di sax e synth non invadenti, contrabbassi groovy e pianoforti ballerini. Sorprende (in negativo) l’impalpabilità dei brani a livello lirico. I testi suonano scolastici e superficiali (anche quando tentano di sembrare più impegnati, per esempio in “Umani”: “è già stato un gran casino con le bombe nucleari / con le guerre calde e fredde / le conquiste coloniali / poi il benessere è arrivato / con la democrazia / l’ottimismo del progresso / e della fantasia”. Versi che giudicare pressapochisti è un complimento).

Riescono meglio quando si lasciano andare alla leggerezza giocosa, ironica, senza pretese, quasi favolistica (“Il Destino non Esiste”, “La Vita È Fatta Così”, “Parco Sempione”) ma anche lì, purtroppo, pochissime scintille. È insomma quella musica (piacevole quanto si vuole, senza dubbio composta e suonata con tutta la professionalità e la competenza del caso) che si fa ascoltare, ma non lascia granché. Un plauso agli arrangiamenti, molto ben calibrati per il genere, ma la comodità d’ascolto non basta: Così Come Ci Viene è un disco che si sforza troppo d’essere simpatico a tutti i costi e dopo un po’ mi risulta stucchevole, senz’anima. In ogni caso, come cantano in “Punti di Vista”: “Ciò che fa grande un artista / sono soltanto opinioni / banali punti di vista”.

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