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Guignol @ Magazzino sul Po, Torino 08/04/2016

Written by Live Report

Arrivo al Magazzino sul Po poco dopo le 22 sotto una leggera pioggia, entrando nel locale si direbbe che quello che ho appena lasciato alle mie spalle possa in realtà essere il temporale più terrificante caduto sulla città negli ultimi cinquant’anni. Io, i musicisti, lo staff del locale ed un altro ragazzo (a questo punto immagino entrato per ripararsi dalla tempesta) è questo quel che trovo. Sì, lo so, sono qui per i Guignol mica per gli U2, ma credo immaginare la presenza di un pubblico formato da almeno una trentina di persone fosse per lo meno lecito anche per il semplice fatto che il recentissimo Abile Labile sia sicuramente un gran bel lavoro. Bevo una birra, fumo un paio di sigarette e scatto qualche foto al Monte dei Cappuccini ed alla Gran Madre da questa bella posizione sul fiume (non piove più e sono arrivate altre 5-6 persone) prima che la campanella annunci l’inizio del live con un ritardo, acquisito immagino nella speranza dell’arrivo di qualche anima persa, che purtroppo andrà ad accorciare i tempi per la band di Adduce. Tocca all’artista di casa Anthony Sasso (metà del duo Anthony Laszlo) aprire la serata con un’improvvisazione di chitarra, synth e piccoli elementi vocali. L’esibizione può essere suddivisibile in 4 parti, buone la seconda, tribale ed evocativa e con chitarra in odor di Santana e l’ultima che sprigiona sentori Kraut (forse un po’ troppo monocromatici) prima del rumoristico finale. Durante la sua performance sono raggiunto da un’altra penna di questa webzine,  cosicché durante l’esibizione dei Guignol si potrà affermare che il 25% del pubblico presente in sala sia parte della redazione di Rockambula. Dopo una breve pausa salgono sul palco i 4 milanesi che partono subito decisi con “L’Uomo Senza Qualità” capace di liberare una buona energia (per quanto sia possibile fare suonando di fronte a così poche persone e per quanto queste poche persone siano pronte a sentirla in una situazione simile). Tocca poi a “Salvatore Tuttofare” e “La Coscienza di Ivano”, brano in cui Adduce abbandona la chitarra trovandosi più libero di interpretare e cambia spesso gli accenti delle parole come usano fare molti cantautori (De Gregori in primis), il brano diventa musicalmente più tirato e grezzo facendosi Punk Rock, il suono fin troppo sporco non gli rende giustizia e sicuramente l’assenza del sax di Giubbonski si fa sentire parecchio. Anche in “Sora Gemma e il Crocifisso” qualcosa non andrà per il meglio ed il brano risulterà come scollato, frammentato. Arriva poi la ballata “Polvere Rossa, Labbra Nere”, è in questo territorio che la band si muove meglio, per quanto il suono possa essere sporcato da un’attitudine Punk Rock molto più viva che su disco qui la chitarra più ruvida riesce in qualche modo a trovare una sua ragion d’essere ed il pezzo rimane quello che è: bello. Trovano spazio in scaletta anche un paio di vecchi brani tra i quali spicca “Il Sole si fa Rosso” (da Rosa dalla Faccia Scura) bella ballata che va a guadagnare ulteriormente in tensione e profondità. Adduce invita i pochi presenti (tutti seduti) ad alzarsi perché la musica, ancor più se suonata dal vivo, è anche una questione fisica ma lo fa troppo tardi. La mezzanotte è passata da poco, ultimamente molti posti in città hanno avuto problemi a causa degli orari (o meglio del vicinato, per quanto vista la posizione vorrei sperare non sia il problema del Magazzino) e dalla regia comunicano che quel che resta è il tempo per un ultimo brano che sarà la bella “Il Cielo su Milano”. Concerto dalle due facce dunque che si chiude forzatamente quando la band iniziava a girare meglio e che non da il tempo di ascoltare il rifacimento de “Il Merlo” di Piero Ciampi o qualcuna di quelle belle ballate notturne scritte da Pier Adduce che immagino fossero in scaletta, peccato. Peccato anche che la band dal vivo tenda ad essere più ruvida di quanto sia su disco perché se certi brani nell’irrobustimento guadagnano qualcosa o perdono relativamente poco, per altri la perdita risulta molto più consistente. Sicuramente la serata un po’ surreale, per quanto il concerto i suoi bei momenti li abbia comunque vissuti, non ha aiutato né il pubblico né la band. Alla prossima dunque, sperando che il cielo su Torino regali una notte un po’ più fortunata.

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La Scimmia

Written by Interviste

Silvio “Don” Pizzica ha incontrato Lorenzo Faustini, la mente dietro al progetto capitolino La Scimmia. Alla scoperta di un modo di concepire il fare musica, autenticamente antico ma avanguardistico nel suo recupero della totale libertà espressiva.

Ciao Lorenzo. Tu sei voce e parole dietro al progetto Indie cantautorale La Scimmia. Nella realtà dei fatti la tua è una band, un progetto aperto o cos’altro?

È un continuo divenire. Cago canzoni come se fosse un bisogno fisiologico; chi mi sta vicino suona con me.

Perchè La Scimmia? Perchè questo nome? Cosa nasconde e cosa vorrebbe evocare?

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La Scimmia è una brace d’estate, carne con l’osso e vino rosso, chi più ne ha più ne dia; è un elogio alla terra e una bestemmia contro un Dio alieno spazzino.

Da quale esigenza nasce la tua voglia di fare musica? Cosa puoi aggiungere al panorama indipendente italiano?

Non voglio aggiungere nulla. Mi trovo a far musica ridotta all’osso, senza campionamenti e scopiazzatura. Sono quello che hai visto, mi sento di rischiare ma non mi va di mentire; mi piacerebbe che l’indi andasse verso l’essenziale senza cercare di scimmiottare la musica pop commerciale delle major. In questo mi sento di aggiungere qualcosa. Togliendo; forse.

Ho visto qualcosa difficile da inquadrare. Minimale come dici tu ma comunque pieno di sé. Come descriveresti la tua musica e un tuo spettacolo senza usare etichette?

Un buon connubio tra fumo e arrosto; ha il sapore delle canzoni suonicchiate dai nostri padri in vacanza in Grecia.

Bella definizione. Ascoltandoti mi è sembrato di notare una certa attenzione ai testi e ad un atteggiamento sarcastico e irriverente. Non credi però che in Italia si dia poca importanza alla musica, nella sua parte strumentale?

Si. Ascolto prettamente musica italiana quindi non saprei dirti. Chi ha curiosità vince sempre.

Torniamo al discorso su major e musica “commerciale”. Ormai le differenze stilistiche tra Indie Pop e musica leggera sono minime. Stanno cambiando i gusti del pubblico “alternativo” o il tutto è da ricercarsi in precise scelte di mercato volte a coprire diverse fette di fruitori con il minimo sforzo e con prodotti simili?

Maledizione spero di no. Ascolto musica che mi da emozione e quasi sicuramente rime semplici come cuore/amore non mi interessano; devo poter ascoltare Franco Califano come gli Antony Laszlo, ma la cosa fondamentale è che quello che hanno da dire non sia costruito per arrivare. La mia canzone nasce e muore in un ora, 4 sigarette, e mezzo vino. Nuda e cruda è l’esigenza di un momento, quasi uno spasmo non controllato dei muscoli; quindi non faccio distinzione tra commerciale e non commerciale se non è passione è solo merda.

Domanda difficile. O almeno ci provo. Perché qualcuno dovrebbe ascoltare La Scimmia?

La Scimmia è un esistenza romana in zona Divino Amore. È una storia raccontata al bar mentre si sfidano i vecchi a tresette. Si può ascoltare come no.

Torniamo alla musica italiana, tua vera passione. Qual è l’ultimo vero talento in musica spuntato nel nostro paese?

Gli Antony Laszlo etichettati Inri. Mi è piaciuto anche l’album Ecce Homo di Andrea Laszlo de Simone che fa parte del duo ma gli Antony Laszlo sono decisamente più fruibili. Iosonouncane è la scoperta dell’acqua calda ma con Die è in leggero calo. Il Capra (ex Gazebo Penguins); John de Leo con Grande Abarasse ha toccato vette cosmiche. Me ne piacciono tanti.

Parliamo della tua polemica con Borghese. Hai criticato con durezza un suo brano e a lui non sono piaciuti i tuoi toni. Pensi sia impossibile essere sinceri e senza ipocrisia tra “colleghi” o il problema sta solo nelle modalità della critica? Il limite tra “fascismo”, come l’ha chiamato lui, e libertà d’opinione è tutto nel rispetto e nella forma?

La libertà non è star sopra un albero, non è nemmeno il volo di un moscone che parla d’amore. La libertà è partecipazione. Non lo dico solo io; non conosco altri modi che l’estrema schiettezza e l’impulso. Non sarei La Scimmia

E allora ci provo. Dimmi un artista indipendente tuo connazionale che non riesci a tollerare?

La domanda è semplice. Non tollero nessuno al di fuori del Capra, Iosonouncane, Antony Laszlo, e John De Leo.

Torniamo a La Scimmia. Avete obiettivi precisi a breve e lungo termine? Cosa state preparando e dove credete di poter arrivare?

Non credo di realizzare mai un cd. Non ho bisogno di sentirmi raccolto. La Scimmia sarà sempre un continuo fruire. Un torrentello che si perde nel bosco. Magari andiamo a San Remo.

Ultima domanda secca. Più stupidi i Nobraino o il popolo degli hater a tutti i costi? o magari Roy Paci?

I Nobraino non erano malaccio e non so chi siano gli hater; intuisco odiatori. Roy Paci lo andai a sentire una dozzina di anni fa al Villaggio Globale a Testaccio. Non si esibi perchè non lo aggradava l’audio; così è stato. Non me ne vogliano i Nobraino e mi baci il culo Roy Paci

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