Amy Winehouse Tag Archive

“Così se mi va male, mi resta il mare” – Intervista a Marte

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Quattro chiacchiere con l’artista dopo la recente esperienza a X-Factor.
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La musica come satellite – Intervista alle Theia

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Conosciamo meglio il nuovo duo R&B tutto al femminile.
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Old, Slow and Beautiful – intervista agli ideatori di Paesaggi Sonori

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È nata un paio di anni fa l’avventura di Flavia Massimo e di Massimo Stringini. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con loro in vista della terza estate consecutiva di attività.

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VIAGGI MUSICALI | Intervista a Teta Mona

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Patti Smith 8/12/2014

Written by Live Report

NAPOLI, 8/12/2014 

Emozioni a non finire, questa la prima cosa da dire a proposito del magnifico concerto della sacerdotessa del Punk Patti Smith. L’8 Dicembre è stata una giornata particolare per Napoli che ha vantato della presenza di una pietra miliare del Rock. E’ vero, Mrs. Smith pare abbia un debole per la splendida città, fa spesso visita ai rocker napoletani. Ad ogni modo, venendo al concerto, è doveroso rendere noto la variegata età degli spettatori: dall’adolescente alla dolce nonnina. Questo particolare marca, a parte la grandezza dell’artista, una sorta di fusione di epoche davanti alla musica: ho ancora l’immagine di un signore vestito con un gilet di jeans con tanto di toppe Punk, l’anfibio ed il cappellino alla Brian Johnson (AC/DC, Geordie). Patti Smith sale sul palco del Duel Beat intorno alle 22:00, ad accompagnarla durante questa splendida serata c’è una band composta dai suoi familiari: quello più in vista è sicuramente il figlio Jackson (dal noto carisma) con Jesse al piano e Tony Shanahan.  Ad ogni suo show Patti Smith si contraddistingue per l’umiltà, per i suoi tributi e le sue dediche: “Dancing Barefoot” in ricordo di suo marito Fred “Sonic” Smith; “Beautiful Boy” è una canzone dei Beatles e con questa la nostra icona omaggia John Lennon. Con “Blue Christmas” invece ricorda il Re del Rock’n’Roll Elvis Presley, a cantare la magnifica canzone è stato proprio Tony. “This Is The Girl” è la canzone che Mrs. Smith ha composto ispirandosi ad Amy Winehouse. I tributi si concludono con “Perfect Day”, di Lou Reed che cantata da Patti Smith assume un colorito diverso, questa sua versione è veramente un cocktail di emozioni. Queste canzoni prima citate sono le dediche e i tributi che la mitica artista ha proposto, un segno di grande umiltà e modestia. Altre canzoni che hanno lasciato il segno sono: “Ghost Dance” che con la sua tinta folkloristica ha scaldato gli animi dei napoletani, “Dream Of Life” è un viaggio della mente, quella classica canzone che riesce a giocare con gli stati d’animo più disparati. Sulle note di “Pissing In A River” si vedevano file di persone che ondeggiavano, era un leggero movimento del corpo, era la canzone che ti rapiva. Il boato arriva con la sublime “Because The Night”: tutti a cantare, a scambiarsi un sorriso e a condividere l’uno con l’altra l’emozione di quel magico momento. La chiusura dello show spetta a “People Have The Power” che come al solito fa la sua grande figura anche in versione acustica. Il concerto è stato esaltante e Patti Smith, nonostante i suoi anni, ha dimostrato di essere l’energica artista di sempre. L’unica pecca della serata è stata il divieto di fare foto e video; non si è capito se è stata una scelta del locale o dell’ artista. Ma questo poco conta, l’importante è aver ascoltato un grande concerto, eseguito da una musicista leggendaria, e per Napoli tutto ciò non è affatto poco.

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Persian Pelican – How to Prevent a Cold

Written by Recensioni

How to Prevent a Cold è il secondo album di Andrea Pulcini (in arte Persian Pelican), ed esce a quattro anni di distanza dal disco d’esordio These Cats Wear Skirts to Expiate Original Sin. Le nuove canzoni nascono tra Roma e Barcellona e fermentano durante un anno di attività live proprio nella capitale catalana. Persian Pelican è un progetto di musica Folk manipolata geneticamente in cui cantautorato, Folk e quotidianità si mescolano per creare una magica atmosfera musicale in bilico tra il freddo della morte ed il calore dell’amore.

Apre il disco “Everyone With His Own Past” di cui è facile comprendere l’argomento, per poi proseguire con il singolo “There is no Forever For us”. Un brano dal video ironico che mostra il giovane artista in abiti da sposa intento a scavare una fossa tra gli alberi di un bosco, una lei total black con tanto di maschera anti gas, ed un morto (l’artista stesso) che alla fine viene seppellito. Beh un po’ come in “Back to Black” di Amy Winehouse non trovate? Il senso è il medesimo, e anche se qui non è il cuore a essere interrato ma l’intero corpo, la questione non cambia. A parte questo è difficile collocare Andrea Pulcini all’interno di un genere preciso, le parole più appropriate che mi vengono in mente ora per descrivere il suo stile sono: fanciullezza e profondità. Si, perché la sua voce è imponente, calda e importante mentre i suoni che lo circondano ricordano la spensieratezza della fanciullezza, di un carillon e di un’arpeggiante chitarra acustica. La quarta traccia “How to Prevent a Cold” oltre ad essere colei che intitola l’album è anche un’ottima, forse la più interessante traccia dell’intero disco. Un brano che ricorda l’immagine di un raccontastorie che t’incanta con le sue parole ed il suo sorriso smagliante mentre giace al centro di una distesa verde infinita, magari una prateria irlandese. Stupendo inoltre è il mix tra pacate dolci voci e chitarre acustiche, in contrasto con una batteria incalzante e travolgente. Tutto il disco continua verso questa linea, tenendo sempre la voce in primo piano e suoni dolci e spensierati come contorno. Molto bella è l’acustica, delicata e sensibile traccia “Dorothy”, che vede la partecipazione di archi malinconici e di cui è stato girato un fantastico videoclip, dove una pallida donna sempre in nero (come a simboleggiare la morte dell’amore) è intenta a ballare, giacere, guardarsi su di un tavolo al centro di un prato.

Un disco che osserva la dualità e l’ironia che l’amore rappresenta nel profondo di ognuno di noi, tra freddezze e fiamme ardenti, tra casualità e normalità. Un disco che si sofferma a  pensare e analizzare quelle sottili contraddizioni che spesso vengono ignorate.

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