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Demetra Sine Die – A Quiet Land Of Fear

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Se avete una certa familiarità, che so, una certa confidenza con lontani apparentamenti (ma lontani) con i Paradise Lost non sarete per niente delusi, i liguri Demetra Sine Die sfoggiano uno stile eclettico ed in un certo modo inusuale che cattura e fa prede sin dal primo istante che il loro official work A Quiet Land Of Fear allunga la sua cattiveria Dark/cosmica, la sua influenza cupa e strisciante caratterialità attraverso complici woofer per stringervi nella sua morsa onirica.

Ed è una matrice evoluta dal solito Metal macigno, una tracklist che non vuole demolire padiglioni auricolari, ma una buona matassa elettrica versata ai larghi spazi del Progressive, pur conservando le nervature e la melodrammaticità epica di settore, ed è proprio questa “devianza” a far si che il disco giri alla grande e che anche nei momenti più pesanti, si fa godere e seguire nei suoi voli impeccabilmente SunRa(tici) “Red Sky of Sorrow”; nove tracce di Doom intenso “Black Swan” alternato a sferzate malinconiche, psichedelica Folk-Dark inframmezzata da stati ieratici e sulfurei come la titletrack (molto AINC), un disco che nonostante il buio catrame di bandiera, mantiene una brillante pulizia di fondo che si  assapora per intero. Anche una certa sperimentazione cerca la propria direzione, quella ricongiunzione quasi astrale e antidepressiva che ha i suoi punti di forza nei rumors catartici e divinatori alla Pond o Stern Combo Meissen se non addirittura più in la per rimanere in compagnia dei Tool “0 Kilometers to Nothing” e “Silent Sun”, in cui le atmosfere trascinanti e rarefatte di cori, voci e chitarre allo spasimo di cordame fanno un tutt’uno con la magnificenza degli anni Settanta dei fasti e dei bardi del Prog con la P maiuscola.

Superlativi i controtempi e le trumphet che ricamano le gassosità di “Distances” e il ritmo sincopato del Rock svenato che sembra tirato fuori a tutto calore dai dettagli discografici dei tricolori Museo Rosenbach, “That Day I Will Disappear Into The Sun”, un disco questo dei DSD che non passerà certamente inosservato, l’impatto della classe è garantito e il furore delle buone idee altrettanto, poi se ci si ferma per un secondo sulla voce iniziale di donna che apre il disco e che riporta tutta l’anima virtuale  – quasi simbolica – di Luglio, Agosto, Settembre Nero degli Area, l’ascolto febbricita a dismisura.

Perversamente buono!

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