Radio Mosquito – Empire of Failure

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Premessa (che abbiate o meno seguito la vicenda nata dalla mia recensione della scorsa settimana, imprecisa, discutibile, sicuramente fin troppo discussa): quando scrivo di un cd di cui mi si è proposto l’ascolto, scrivo le mie impressioni, da essere umano dotato di emozioni prima, da musicista, musicologa e appasionata poi. Non ritengo di avere la facoltà di poter giudicare in modo oggettivo un prodotto in cui qualcuno ha cercato di esprimere se stesso e la sua visione del mondo e meno che mai sto seduta alla scrivania credendomi divina e gongolando se mi accingo a dare una brutta valutazione. Se mi capitano dischi noiosi, pesanti, poco interessanti sono la prima a storcere il naso. Anzitutto perchè un disco brutto abbisogna di più attenzioni e più lavoro di uno che invece ci coinvolge, sia perchè l’ascolto è faticoso, sia perchè si cerca di capire se veramente la prima impressione negativa è veritiera, sia perchè si prova a trovare comunque qualcosa di buono. Vi assicuro che preferirei passare una mattina a sentire e risentire un progetto di perfetti sconosciuti, pensando che sto spendendo proprio bene il mio tempo. E’ raro, però, ed è normale sia così. La quantità di band emergenti è davvero alta, ma non si può dire lo stesso della qualità, soprattutto quando non basta essere bravi, ma bisogna anche essere comunicativi, personali, freschi, innovativi, orginali.

Ecco. Veniamo allora ai Radio Mosquito, cinque ragazzi di Livorno che suonano insieme dal 2003 e che, prodotti da Inconsapevole Records, hanno tirato fuori 10 tracce racchiuse in Empire of failure. Fin dai primi minuti dell’album è chiaro che la formazione ha delle ispirazioni prepotenti e ben connotate: D.O.A., Fugazi, NOFX, System of a down, ma soprattutto Hardcore Superstar. La costruzione del brano e certi accenti, poi, mi hanno ricordato immediatamente Slipknot e Rage Against the Machine. Insomma: voce urlata, distorsioni prepotenti con un’equalizzazione che preferisce basse e medie frequenze, ritmo rapidissimo, incalzante, segato da interruzioni nette e riprese incalzanti. Hardcore, post-punk e qualche sfumatura crossover.
Se vi piace il genere, li troverete grandi: stacchi puliti, cantanto grind in un inglese anche ben pronunciato, testi impegnati (più esistenziali e autoreferenziali come Radio Mosquito, Empire of Failure e HC Attitude, politici come Victims of American frenzy e Start rioting now, sociali nel caso di Knowledge is redemption, Black leather gloves ed Emancipate from consumption, con Typhon ed Earthquake che richiamano metaforicamente eventi catastrofici per marcare in generale un panorama socio-individuale scosso e degradato). Chitarre e basso fanno il loro dovere, la rabbia c’è. Compito svolto alla perfezione.

Ma se vi piace il genere (e, peggio ancora se l’hardcore, il punk-core e tutte le sottofamiglie non vi attirano, come nel mio caso), alla seconda traccia vi starete chiedendo “Ok. Quindi?”. Alla quarta sarete disorientati perchè vi sembrerà di essere ancora alla prima. Il cantante ancora urla, la chitarra ancora è distortissima, la batteria pesta sempre, pulita e precisa eh, per carità, ma praticamente sempre con lo stesso pattern. Quante tracce sono passate? Sono passate davvero o è sempre la stessa? Emozioni: zero. I Radio Mosquito hanno velocità. pulizia, capacità tecnica, esperienza. Si giostrano benissimo con tutti gli stilemi del genere da cui traggono spunto a piene mani. Questo viene fuori, va riconosciuto.
Fin troppo però: non c’è originalità, non c’è quel quid che mi spinga a pensare che questi ragazzi stiano aggiungendo qualcosa all’hardcore, che ci stiano mettendo del loro. Non c’è personalità e non c’è neppure verve.
Empire of failure affronta rabbia e violenza ma non è arrabbiato, si parla di indignazione, ma non la sento, mi viene detto di ribellarmi, sì, ma da chi non riesce a togliersi di dosso stereotipi e convenzioni di una forma musicale ed è intrappolato in un certo modo di cantare, che deve per forza muoversi su un certo tappeto armonico, che deve per forza essere scandito da un certo ritmo, con un certo metro e una certa velocità. Stereotipi per altro che hanno esiti qualitativamente e quantitativamente alti nel panorama musicale dei “già affermati”, dove si trova anche tutta la gamma emozionale ed emozionante da cui non si può prescindere né quando si fa né quando si ascolta della musica.

Last modified: 3 Ottobre 2012

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