Primal Scream – More Light

Written by Recensioni

Certo, le folgorazioni e le stimmate che Screamadelica ha fatto portare sullo spirito e sulle corporalità di una generazione sonica erano ben altro, ma  – col senno di poi e trasfigurando i Primal Scream in questi primi tredici anni degli anni 00 – quello che si può dire e giurare con mano alzata e che sono la prova vivente di un simbolismo Rock coi contro cazzi, una particolarità importante nella scenografia sterminata del Rock che seguita a bruciare storia e sound al pari di una fiaccola perenne che illumina ancora strade e fisse da percorrere.

Bobby Gillespie e Soci tornano a sonorizzare i nostri giorni con “More Light” sulla distanza quinquennale che lo separa dal precedente (insoddisfacente per molti agguerriti fan) Beautiful Future, e guardando la “gente che affolla” questo album – Kevin Shields, Mark Stewart, David Holmes e, udite udite, Mr. Robert Plant, già viene l’acquolina in bocca circa quello che ci aspetta, ed è una rigenerazione di alto livello, una variazione sul tema che la band si fa carico e ne fa una sequenza di sentimento, lampi e gioia intime che tengono sotto controllo, saldamente, una audizione privilegiata e piena di regali suspance.

Con gli Stones e carature Welleriane in ogni parte del corredo sonoro, i Primal Scream rilanciano sonorità e raffiche di felicitazioni radiofoniche che sono strettamente emozionali, tolgono di molto quell’acido con cui li abbiamo conosciuti e prendono in prestito atmosfere mid-armoniose, con fiati e spruzzi di sandalo orientale che insieme alla psichedelica di base e strani concetti (rispettabilissimi) di una Manchester ancora (virtualmente) in fibrillazione, formano un sound totale fecondo e in certi casi minimale “Elimination Blues”, “Relativity”; ma è la consistenza, la roboanza e l’uso Rock dello spazio intorno che sobbalza al Funk sincopato che sbrana “Culturecide”, il giro noise “Sideman”, la valutazione di un area franca dai ritmi spaccati “Turn Each Other Inside Out” o la stravagante ballata corale e folkly che esce da “It’’s Alright , It’s Ok” a fare di questo disco un bel rientro per questa formazione cha – sfidiamo chiunque a dire il contrario- ancora  è “massa critica e massa distorta”, giovane con i muscoli tonici.

Chi ha arte, la fabbrica e la diffonde non muore mai, Gillespie e Soci sopravviveranno ad Armageddon e crisi di stile, e (meno male) che noi non ci possiamo fare niente!

Last modified: 20 Febbraio 2022

One Response

Comments are closed.