Mapuche – L’uomo nudo

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Un tempo non troppo lontano cantavo stronzate accompagnato dalla mia  chitarra scordata che non sapevo suonare e il cervello offuscato dalla stupidità della giovinezza portava alto quel senso di onnipotenza che massacrava involontariamente il mio fisico (è la storia di qualcun altro, il fisico era mio). Strano ma non sarei mai potuto diventare un cantautore lodevole, non ci ho mai neanche pensato. E in questo periodo di crisi economica e morale il cantautorato diventa subito ragione di vita, un mezzo indolore per manifestare le proprie frustrazioni realizzando canzoni poeticamente attuali dal maligno sorriso.

Enrico Lanza al secolo Mapuche entra di forza nella fitta schiera dei menestrelli incazzati di questi stupidi anni con razionale presenza. “L’uomo nudo” è il suo disco ruspante. Voce devastante e impegnata, la band accompagna il sentimiento nuevo dell’attuale razza umana padrona di un pianeta privo di valori indispensabili per il sano e logico vivere comune. Folkeggiante nel sentirsi vicino alle persone nella maniera più efficace lasciandosi incastrare da quel rock and roll timido elettrizzato da una chitarra picchiata decentemente, una carezza in un pugno per Celentano, una moglie paziente era la bottiglia per Dario Brunori. Finiremo col farci del male, le donne perderanno il clitoride e con esso il piacere, non abbiamo bisogno d’amore noi arroganti venditori di dolore. Un disco ricco di motivazioni, ne abbiamo ripetutamente bisogno, il calore personale di chi suona canzoni d’autore alla ricerca di corpi vergini ancora tutti da modellare. Mapuche piace e convince anche quando tutto ormai sembra perduto irrimediabilmente, un lavoro dal cast deciso, Cesare Basile tra i tanti. Viene voglia di riprendere la chitarra e urlare nuovamente.

Last modified: 16 Gennaio 2012

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