Il Quarto Imprevisto – Resti

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L’album d’esordio dei campani Il Quarto Imprevisto è un piccolo gioiello di Pop scintillante e vellutato. È elegante, accogliente; scritto, prodotto, arrangiato ed eseguito con una competenza rara, dove nulla è lasciato al caso, tutto sta al suo posto: ogni suono, ogni variazione, ogni scarto. I suoni sono caldi ed avvolgenti, la voce di Antonio Gera sa prendersi il suo spazio senza strafare, Giovanni Feliciello si occupa delle chitarre con gusto, e tutta la band, nella sua interezza, suona compatta e sicura, senza troppi dubbi. Due i difetti che trovo: innanzitutto un eccesso di epicità, di retorica, di barocchismo, che spunta qua e là nelle direzioni prese dai brani, ma che potrebbe essere l’altra faccia della medaglia rispetto alla versatilità e alla passione, unite alla bravura indubbia che i quattro si portano dietro (vedere “Non è il Caso”); e poi, ma qui si passa al gusto soggettivo, ci sento pochi graffi, pochi morsi, e più un lento accarezzarsi, o abbracciarsi, che non spiazza e non sbilancia, ma lascia lì, come un vento leggero, una lieve corrente tiepida. Resti è un album che potrebbe essere sulla strada giusta per tentare lo sfondamento mainstream (“Pare Sia Normale” suona già come qualcosa di minore dei Negramaro), ammesso che Il Quarto Imprevisto riesca a farsi ancora un po’ più radiofonico senza perdere l’eleganza. D’altra parte, è troppo morbido e con troppa classe per le mode correnti, per l’indipendenza. Un paradosso che incuriosisce.

Last modified: 23 Aprile 2015

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