Herself – Herself

Written by Recensioni

Tutto sta a capire cosa uno si aspetta  dalle proprie canzoni. Se uno si prefigge, con i propri suoni e musica, di portare novità o innovazioni importanti o, più semplicemente, di scrivere belle canzoni, magari nella speranza, neanche troppo segreta, che restino nel tempo. Gioele Valenti, in arte Herself, vive nella seconda ipotesi, vive, galleggia e fa galleggiare in un sogno musicale e poetico che punta all’eternità delle piccole cose per cui ascoltare musica è beatitudine e privilegio assoluto; un musicista folkly delicato, alto, un musico a tutto tondo che si candida a lasciare segni profondi nei nostri ascolti.

Questo nuovo ed omonimo disco dell’artista siciliano è un cento per cento di foschia e grazia lo-fi, una commuovente precisione di creazioni mid-acustiche che, tra un impianto classico di cantautorato inglese e le forme d’arte che solo l’intimità riflessa può disegnare, dimostrano una peculiarità ricca di dettagli e passioni come in certi allunaggi poetici di Sparklehorse “Funny creatures”, Paul SimonTempus fugit” con il violoncello di Aldo Ammirata, Nick Talbot e Third Eye Foundation Here we are”, quelle quadrature suadenti pop che collimano e si strusciano con un post-rock vellutato, ballate di divina flemma oziosa “The river”, “Tempus fugit #2”, e tutti gli armamentari che portano l’ascolto sulla vetta di un’intesa splendida quanto immaginifica.

Un piccolo Paradiso in un tondo di plastica? Sicuramente, tredici tracce di dolce malinconia tutta Inglese che si tagliano con un soffio d’aria, un qualcosa che gira e che quest’artista mette in ordine come un abbecedario di poesia cristallina da sentire e non toccare, il caracollare soffice “Passed away”, il vuoto espressionista di “Sugar free punk rock”, la profondità di una spennata acustica di una notte al confine con l’alba “How you killed me”, si l’effetto di stare dentro una cristalleria è forte e l’attrazione di volare per non rompere nulla è ancor più forte, viva.
Anche Amaury Cambuzat degli Ulan Bator e Marco Campitelli dei The Marigold sono della partita, condividono con Herself queste stille di suoni e parole che cadono senza mai stancarsi, una pace che traspira gioia ma anche dolore e solitudine.
Emozioni e brividi assicurati.

 

Last modified: 4 Aprile 2012

One Response

  1. irenoise ha detto:

    bellissima recensione per uno dei migliori artisti italiani !

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