Gentless3 + La Moncada – In The Kennel Vol.1

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Nel canile. O nella cuccia, a seconda della traduzione che preferite.
Non più il concetto di underground della musica emergente suonata in cantina, con quel retrogusto di orgogliosa ribellione al panorama mainstream o a quello indipendente delle comunque grandi distribuzioni, bensì un sapore amarognolo di emarginazione, di sottomissione e abbandono.
Sembra questa l’idea portata avanti dal trittico Noja Recordings, Blue Record Studio e Goat Man Records: un progetto di registrazione, promozione e distribuzione lontanissimo dagli stilemi del mercato.
“In The Kennel”, infatti, è tanto lontano dal marketing che non mira a lanciare una band in particolare, ma promuove la sinergia tra realtà musicali diverse, di tutta la penisola, chiamate a collaborare per la realizzazione di un riarrangiamento vicendevole dei loro brani.
Il primo volume di “In The Kennel” vede protagonisti i siciliani Gentless3, con le loro sonorità crepuscolari, se non addirittura notture, quasi oniriche, sospinte dall’organo e dal piano, e il post-rock più tradizionale dei piemontesi La Moncada.
Ok. Messa così sembra una manovra kamikaze dal punto di vista economico e anche artistico, visto che il risultato finale non sembra permetterci di capire nulla né di una band, né dell’altra.
Eppure ce n’è d’avanzo di pregio artistico nella capacità sinergica di mettersi in gioco e tirare fuori quattro tracce, due in italiano e due in inglese, omogenee per stile e intenzione, per riferimenti e sonorità.

Certo, bisogna dire che la buona volontà e la compattezza stilistica non sono gli unici aspetti che possono essere considerati. “In the kennel”, purtroppo, manca di verve, non ha presa.
“Rabbia killer”, in apertura, è decisamente più mesta di quanto il titolo possa far pensare, tutta incentrata su melodie ariose, tanto delle chitarre quanto del piano, e patisce la mancanza di una vera e propria apertura: il pezzo sta lì, non si muove mai dalle sensazioni placide dei primi secondi d’ascolto.
“Murmur”, non si discosta molto dalla precedente, ma, sarà per l’inglese, sarà per una cura più attenta a piccole note di colore, è caratterizzata da un’atmosfera più densa che trascina l’ascoltatore.
Non mi sento decisamente di dire lo stesso di “I numeri”: troppo già sentita, troppo permeata di quel gusto tipicamente nostrano per la rima e per il testo impegnato e programmaticamente polemico. Non si distingue per niente in particolare e, anzi, marca veramente una brusca caduta qualitativa nella raccolta.
Riuscita, invece, è “On busting the sound barrier”. Una bella cassa cardiaca e ipnotica, le chitarre emergono con elegante prepotenza, con un giro ripetitivo e dissonante che ci culla sulla voce roca e slittata in secondo piano, cui se ne aggiunge una seconda, parlata, sul finale: non romperà la barriera del suono, ma è un brano ben costruito, molto elaborato e decisamente pregevole per la cura effettistica.
Il progetto “In The Kennel”, per la sua originalità e per il grande merito di mettere in contatto e far reinventare artisti tanto diversi tra loro, è assolutamente rispettabile. C’è da sperare, però, che la seconda uscita, cui lavoreranno il duo Mombu e il cantautore Paolo Spaccamonti, sappia partorire qualcosa di più originale e soprattutto di più coinvolgente.

Last modified: 28 Marzo 2012

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