Recensioni #14.2018 – Muon / TH/S /S SH/T / Immigration Unit / Echo Atom

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Muon – Gobi Domog

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[ 2018 | Karma Conspiracy Records | Doom Metal, Heavy Psych ]

Tra reminiscenze Black Sabbathiane e tentativi complessi d’innovazione di uno stile fin troppo demarcato nei cliché Heavy Metal, Hard Rock e Traditional Doom Metal, i Muon confezionano un disco apparentemente senza punti deboli, con divagazioni psichedeliche stile Captain Beyond, accenni di cazzuto Stoner Rock, costruzioni sonore dal sapore catastrofico e volute invocazioni orgiastiche a proprio modo. Primo album ufficiale e centro pieno per il quintetto italiano che ora potrà anche avere meno paura ad osare ancora di più. Se siete in quel periodo di odio profondo e avete voglia che il mondo finisca prima della fine dell’estate, qui potreste trovare conforto.
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TH/S /S SH/T – / EP

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[ 2018 | Uptown Park | Electronic, Darkwave, Electro House, Rock Techno ]

Ep senza troppe pretese per i parigini TH/S /S SH/T (o This Is Shit se preferite), che in cinque brani (due remix inclusi) provano a dare un’idea leggermente diversa del loro stile, utilizzando l’Elettronica alla loro maniera e fondendola con il Rock attraverso sintetizzatori pronti a farvi scattare dalla sedia, una sezione ritmica ai limiti della Techno e uno stile chitarristico quasi Punk. Il risultato è un’Elettronica che dall’altro lato delle Alpi ci hanno proposto spesso e non sarà complesso ritrovarci certi Daft Punk ma soprattutto i conterranei Justice con quello stile esuberante e magniloquente ma al contempo notturno e tenebroso. Nonostante le premesse, niente di troppo mirabile ma comunque un buon modo per divagare dai soliti ascolti se si è amanti del genere.
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Immigration Unit – Sofa Heroes

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[ 2018 | autoprodotto | Alternative Rock, Prog Rock ]

Siamo tutti immigrati nei nostri paesi.
Troppo spesso ci siamo lamentati del Rock moderno criticandone l’eccessivo egocentrismo emozionale e una scarsa attenzione ai problemi della società del nuovo millennio. Ecco allora che ci provano i ragazzi di Basilea a concentrarsi su quanto di più attuale possa esserci oggi tra i grattacapi (dipende dal punto di vista) dell’Europa e di tutti quei paesi che loro malgrado si fanno esportatori di esseri umani disperati. Paesi, confini e ideologie sono solo linee immaginarie che si possono superare; questo vogliono ribadire gli Immigration Unit e lo fanno con uno stile che abbraccia la storia dell’Alt Rock occidentale, dagli anni 90 a oggi, dal Synthpop energico e quasi Prog, all’Art Rock malinconico ed esistenziale dei Radiohead fino all’Indietronica di Joe Newman e soci. Un Ep pieno di buone intenzioni, confezionato nel migliore dei modi che pecca solo per mancanza di personalità, quantomeno sotto l’aspetto estetico. Tre pezzi e due remix sono troppo poco per farsi davvero un’idea. Li aspettiamo comunque volentieri.
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Echo Atom – Redemption

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[ 2018 | Seahorse Recordings, New Model Label | Post Rock ]

Due sono i grandi rischi dello scegliere come proprio stile il Rock strumentale – o Post Rock, se preferite. Per prima cosa è complicato non scadere nella reiterazione del passato anche per via di alcuni elementi mancanti e che spesso sono caratterizzanti come voce, timbro e stile canoro. Secondo rischio, e questa è forse la nota più dolente soprattutto per le piccole band emergenti, è non avere i mezzi (materiali o meno) per fare dei propri suoni qualcosa di davvero diverso, qualcosa che ci colpisca più di come può averci colpito qualunque altra cosa che abbiamo ascoltato. Nonostante il Post Rock (passatemi la circoscritta definizione giornalistica) sia nato nella lontana fine degli anni Ottanta e abbia pochi margini d’innovazione, anche nell’ultimo decennio c’è stato chi ha saputo farci sgranare le orecchie di gioia ed emozione. E non parlo solo delle sperimentazioni di Gira ma soprattutto di dischi come ‘Allelujah! Don’t Bend! Ascend! dei Godspeed You! Black Emperor capace di ideare paesaggi tormentati con fare ai limiti del misticismo, o ancora di Kveikur dei Sigur Ros. Eppure, a dire il vero, le uscite di questo tipo sembrano ridursi sempre di più, come a conferma di un genere che, se troppo rinchiuso nei suoi limiti, rischia di continuare a sbattere la testa sullo stesso muro per anni. Per questo, la nostra speranza è che chi voglia cimentarsi nel Post Rock abbia quantomeno l’audacia di provare a stupirci che di lavori come Redemption non sappiamo più che farcene purtroppo.
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Last modified: 18 Febbraio 2019