Marzo, 2015 Archive

Soul Racers – Kill All Hipsters

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Un muro di suono bello e buono, ritmi incalzanti, molta densità e il “vocione” di Vincenzo Morreale a completare il tutto. Vincenzo Morreale (voce e chitarra) insieme a Flavio “Ku” Pisani (basso e voce) e Francesco Reginella (batteria) dà corpo e anima ai Soul Racers, trio Stoner Rock di Varese, attivo dal 2012. Il gruppo arriva al suo primo disco, autoprodotto, a marzo del 2015. Sei i brani che compongono Kill All Hipsters, una provocazione voluta e cercata, rivolta, spiegano gli stessi Soul Racers, al “pubblico dell’indie rock nostrano più preoccupato dall’hype che alla musica e nei confronti dell’ambiente hard’n’heavy che talvolta tende a prendersi troppo sul serio”. Quello che ne viene fuori è lavoro compatto, appunto denso, e a suo modo originale. Duro, ma non monotono, come è facile intuire nella scelta dichiarata. Basta ascoltarlo per averne la conferma, a partire dal genere in cui la band lombarda si identifica, lo Stoner Rock appunto, per andare a incontrare il Garage e Shoegaze, con risultati apprezzabili. Un disco sicuramente da ascoltare con attenzione, possibilmente ad alto volume.

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Moonerkey

Written by Interviste

Con un anno di ritardo (parlando solamente del titolo) raccontiamo il futuro. Il concetto del continuo in un disco di bel Pop Rock italiano, l’esordio cantautorale che si fa conoscere con lo pseudonimo di Moonerkey. Equilibri sottili e quel senso liquido del tempo che passa… ed è necessario fermarsi in una fotografia. In rete il video del singolo di lancio dal titolo “La Pelle”. L’intervista per Rockambula:

Moonerkey. Iniziamo proprio da questo nome. Da dove prende origine?
Il nome letteralmente significa “la chiave di colui che vaga distrattamente, che guarda per aria”, insomma di una persona che si perde nei suoi pensieri, quale può essere una persona che compone musica. Per chiave si intende la chiave di lettura del mondo, lo sguardo sulle cose, la loro interpretazione.

Pop Rock, per dirla in breve, ma già dal primo ascolto c’è molto altro. Quanto e cosa hai rapito dall’Italia e cosa invece dal resto del mondo?
Dall’Italia ho tratto la rabbia, le delusioni, le speranze, le gioie della vita di tutti i giorni ed i ricordi. Dal resto del mondo la curiosità per i diversi approcci alla vita e certamente alla musica. In termini di riferimenti musicali per fare solo qualche nome, posso dire che in Italia sono un grande estimatore degli Afterhours ed in particolare della scrittura di Manuel Agnelli; inoltre mi sento certamente influenzato dalle suggestioni dei CSI. Fuori dell’Italia i Pearl Jam hanno un ruolo importante, così come la poesia urbana di Mark Lanegan o quella di Hugo Race.

Il primo singolo e video “La Pelle”. L’immaginario di una ballerina, il cambiare pelle, il rumore di fondo che sta cambiando. Come si legano assieme questi elementi?
La ballerina all’inizio ha gli occhi rigati di pianto e si spoglia dei vestiti di scena, abbandona la sua pelle, per conquistare una dimensione più propria, per appartenersi; alla fine del ballo infatti ha il volto pulito, sereno. E’ l’immagine di una rinascita, della straordinaria sensazione di avere ancora una volta energia e voglia di inseguire ciò che si vuole davvero. Ciò che tutti noi possiamo provare quando avvertiamo che nel profondo qualcosa si muove (il rumore di sottofondo che cambia) e decidiamo di non ignorarlo.

Mi ha colpito il brano “Il Tempo della Volgarità” dove mi è parso di scorgere una certa Italia anni ’60/‘70, almeno nella costruzione melodica. Sbaglio?
Sinceramente non l’ho scritto pensando a quelle atmosfere, almeno coscientemente. Ad ogni modo, la melodia fu scritta di getto, in una condizione di emozioni debordanti, dato che proprio in quei giorni si consumava la fine di una storia d’amore di cui parla il testo.

Bellissima l’ultima traccia “Chissà se Vedi Adesso”. Un brano minimalista, intimo e dolcissimo. Altra dimensione, altro spirito e altro cambio di scena. Ma dovendo scegliere, quale habitat sonoro ti rispecchia veramente?
Tutti quelli contenuti in 2014 mi rispecchiano perché, così come sono “vestite”, le canzoni riflettono le sfaccettature dei miei stati d’animo e dei miei gusti mutevoli per forme espressive ora più morbide ed intimiste, ora più dirette e più aggressive.

Il concetto del “Continuo”. Dalla copertina al filo conduttore di tutto il progetto. Mi piace. Viaggio come andare o come arrivare? Moonerkey verso dove sta andando?
In questo caso il viaggio è continuare ad andare, cioè proseguire verso una direzione avendo ben presente da dove si viene. Io sto andando anagraficamente verso la maturità ed artisticamente verso una nuova adolescenza.

2014. Un bel modo per iniziare il 2015. Quando sarà l’alba del 2016? Che continuo per questa musica ci sarà secondo te?
Credo di avere materiale, idee e valide collaborazioni per poter mettere in cantiere già il secondo disco, se non anche il terzo. Nei live ad esempio suoneremo anche brani inediti che faranno parte dei lavori futuri. Questo per dire che sento di avere molto da comunicare e condividere nei prossimi anni. Allo stesso tempo mi auguro che questa città riesca ad offrire alla musica originale spazi, non necessariamente materiali, qualificati.

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Massimo Zamboni: “L’ECO DI UNO SPARO – Cantico delle creature emiliane”

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“Questa è la storia di mio nonno Ulisse e dei suoi sparatori che si spararono tra loro. Il racconto di ciò che ha innescato quei colpi in canna, e di ciò che è stato dopo. L’eco di uno sparo non si acquieta mai”. E’ arrivato a casa mia il nuovo libro, e le prime parole che leggo sono quelle riassuntive sul retro. “Massimo Zamboni affronta la storia più dolorosa e rimossa della sua famiglia e si ritrova fra le mani il volto sfinito di un intero Paese, col suo eterno ripetesi di soprusi e di vendette”. Quanti anni di ricerca e scrittura per arrivare a questo. Pensarli a ritroso, sembra impossibile. Eppure il libro è qua. Ben rilegato, una eccellente copertina tratta da un’opera di Burri e – soddisfazione nella soddisfazione – il logo Einaudi Supercoralli sulla costa. “Un memoir, un’indagine, ma soprattutto un canto appassionato in nome di tutte le creature”. Dal 31 marzo il libro sarà disponibile in tutte le librerie.Comincia la sua avventura indipendente. Lunga vita, e che sia buona.

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Maria Antonietta Loves Chewingum è il nuovo Ep di Maria Antonietta

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Ad un mese esatto dalla conclusione di un breve ma intenso tour europeo, martedì 21 aprile uscirà il nuovo ep della cantautrice pesarese. Si intitolerà Maria Antonietta Loves Chewingum e conterrà alcuni brani dell’ultimo album Sassi, trasformati dall’amore che lega Maria Antonietta ai Chewingum, band già al suo fianco nel tour autunnale electro-acustico “Tra me e tutte le cose”, insieme ad un’ insolita cover di Fotoromanza. Insieme hanno sradicato e reinventato i brani di Sassi, rendendoli elettronici, esotici, psycho-pop, wave: “Mi sembrava davvero di cantarle per la prima volta. E tante persone che passavano ai concerti alla fine mi chiedevano: “Ma dove li trovo questi brani?” racconta Maria Antonietta “E io rispondevo che esistevano solo lì, nell’aria, solo per quei pochi minuti e se volevi riascoltarli dovevi tornare al concerto. Ma era un vero peccato anche perché i concerti sarebbero finiti di lì a breve. E così abbiamo deciso di registrarli e di far vedere loro la luce, almeno ad alcuni.”

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“Il Lunedì è la Domenica del Rock”, il video di Capra

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Uscirà il 14 aprile il primo disco da solista di Capra dei Gazebo Penguins e dopo l’ascolto di un paio di tracce in anteprima è la volta di un video. Il clip, dedicato alla prima traccia dell’album “Il Lunedì è la Domenica del Rock”, è stato interamente girato a casa di Capra, nelle montagne sopra Zocca, ed è firmato da Den ‘n Giudi. Il video è un ideale piano sequenza di uno dei lunedì cantati nel pezzo. Una canzone che parla del suonare, di come la ripetitività arrivi ad intaccare anche la vita della musica e di come, ad un certo punto, si senta il bisogno di staccare, di cambiare aria… ma non per troppo. Perché il vuoto tornerà a farsi sentire, e così il bisogno di suonare, per tornare a trasformare i lunedì in domeniche, il tempo della vita nel tempo della musica.

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Pre-Cog in the Bunker – Pre-Cog in the Bunker

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Come si può unire il mondo della letteratura fantascientifica al suono sporco del Garage Noise d’ispirazione pluridecennale? A questo prova a rispondere il duo Sci Fi Alt Rock abruzzese composto da Miriam Di Sabatino (batteria, voce e cori) e Antonello Recanatini (chitarra e voce) miscelando un rozzo e aggressivo Punk Noise a liriche chiaramente ispirate agli scrittori di genere come P.K. Dick o Asimov. Come nella migliore tradizione Garage anni 80 la materia prima dalla quale nasce il suono targato Pre-Cog in the Bunker è un Blues sporchissimo e minimale, elettrico e violento nonostante la formazione in duo consapevolmente senza linea di basso a fornire nuova potenza alla sezione ritmica. Partendo da questa inclinazione, i due prendono strade sorprendenti, puntando dritti alla creazione di melodie quasi cantautorali ma costruendovi intorno muri di suono distorto grazie ad un’attitudine Punk resa palese dalla scarsissima attenzione agli aspetti formali, sia di tutto quello che ruota attorno alla musica (artwork, immagini, ecc…) sia proprio sotto l’aspetto tecnico. Se Antonello Recanatini alla chitarra si mostra in tutta la sua capacità di trascinare e stupire, usando la chitarra come un rasoio stile Shellac (se lavorasse maggiormente sull’effettistica sarebbe qualcosa di straordinario), meno puntuale ma non per questo meno poderosa è Miriam Di Sabatino alla batteria mentre i veri grandi limiti che in un certo senso possono quasi considerarsi manifesto di un certo modo di (re)interpretare la materia Garage li troviamo alla voce (di entrambi) non troppo precisa nella pronuncia in inglese e neanche troppo convincente e appassionante in quanto a timbrica. Non è la qualità dello strumento quello su cui puntano i Pre-Cog e fondamentalmente non ce ne frega un cazzo perché quando arrivi alla fine e ti trovi ad ascoltare un brano come “To Berlin” la consapevolezza di aver imparato più da questi marci e polverosi ventisei minuti che non dall’ostentazione onanistica di qualche disadattato turnista di una tribute band ascoltato per caso alla sagra del paese è tanto grande da farti uscire di casa incazzato come una bestia, iniziando a ricordare quanto ti faceva stare bene e male al tempo stesso la rabbia che avevi da ragazzo, quando sognavi di morire giovane, sognavi di non morire mai dentro.

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Clamidia – Al Mattino Torni Sempre Indietro [STREAMING]

Written by Anteprime

Clamidia 600

Secondo lavoro per la band sanmarinese-romagnola prodotto da Umberto Palazzo. Rock d’autore, tensioni elettriche, liriche di grande intensità e tanta catarsi. “La croce si tiene ben stretta si allargano le braccia / a volte qualcuno è caduto / per il troppo peso”. Sono queste alcune delle prime parole del nuovo disco dei Clamidia intitolato Al Mattino Torni Sempre Indietro, lavoro originariamente pubblicato nel novembre 2014 ma mai veramente promosso e oggi riproposto da Macramè su etichetta Cup of Tea. Prodotta da Umberto Palazzo (Santo Niente), la seconda uscita della band di stanza fra San Marino e la Romagna arriva a cinque anni dal precedente La Prima Guerra Cinese dell’Oppio e si presenta nella sua forza e nella sua urgente nudità per quello che è: un disco di rock d’autore, elettricamente teso e gravido d’intensità letteraria, là dove a contare sono le vite cardiache delle persone che diventano canzoni, amplificatori a cui votarsi e parole da dire e urlare perché non si può fare altrimenti.

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Rumor: “Nova” è il nuovo singolo, premio del Pending Lips Festival 2014.

Written by Senza categoria

 “Nova” è il nuovo singolo dei Rumor che prende vita grazie al premio vinto al Pending Lips Festival 2014 che prevedeva la registrazione di un brano presso il Purania Recording Studio di Vimodrone con Simone Sproccati, oltre all’apertura al concerto ai Cloud Nothings dello scorso Giugno al Carroponte. Dopo essere stato presentato in esclusiva su Rockerillalo scorso 20/03, viene oggi pubblicato ufficialmente sui canali della band e il prossimo 3 Aprile verrà passato anche su Radio Popolare all’interno del programma “Generazione Pop” alle 13.30 accompagnato ad un’intervista alla band, sempre grazie al premio vinto al Pending Lips Festival 2014.

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“Confusione”, il nuovo video di Cato

Written by Senza categoria

“Confusione” è il terzo videoclip tratto dall’omonimo disco d’esordio del musicista e songwriter ex Namastè. Dopo aver compiuto un viaggio fra natura, automobili d’epoca e psichedelia col primo video “Accendimi”e aver omaggiato Luis Bunuel in “Veloce” – filmati che hanno riscosso un grande successo su YouTube con 12 mila e 7 visualizzazioni – “Confusione” racconta l’amore andando decisamente al sodo e giocando con l’immaginario pop. Cato del resto è un musicista imprevedibile da cui non si sa mai cosa aspettare; la sua musica e tutto il suo mondo sono un viaggio libero e folle attraverso tutte le possibilità che la vita ci mette davanti. L’importante è affrontare tutto con “+ love – stress”!

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Blonde Redhead 10/03/2015

Written by Live Report

Blonde Redhead @ Hiroshima Mon Amour, Torino, 10/03/2015

La prima data del tour, quella di Torino, è stata senza ombra di dubbio una attesissima, fin da quando i Blonde Redhead hanno annunciato le tappe per il nuovo tour di Barràgan , dove la città della Mole compariva appunto in pole position. Parlavamo di Barragàn dunque, album essenziale e minimalista, che ha molto diviso la critica. Per questo il live si fa ancora più interessante, un evento da non perdere, e così è stato. Dopo un brevissimo momento di incertezza iniziale (un attacco di batteria non perfettamente riuscito), i gemelli Pace e Kazu Makino si guardano per qualche istante e recuperano l’intesa: da quel momento in poi la perfezione. Non parlo tanto di perfezione nell’esecuzione, ed in ogni caso non starò a puntualizzare su qualche incertezza nella voce di Kazu. Parlo più che altro di perfezione a livello emotivo. L’atmosfera onirica che viene a crearsi catapulta chi ascolta nella parte in cui risiedono i desideri più intensi, aiutando a mettere da parte le paure e le tensioni che ci fanno credere che non possano mai realizzarsi. Perfino l’amore può diventare reale sulle note di “The One I Love” . Ad aiutare l’ingresso in questa atmosfera da sogno ci pensa anche la scenografia minimalista: nessuna installazione, solo un’atmosfera fumosa per tutta la durata del concerto accompagnata da luci soffuse. La prima parte del concerto è dedicata a Barragàn, per dare spazio poi all’esecuzione di altri cavalli di battaglia, accolti dagli applausi di un pubblico per la maggior parte del tempo molto composto, che raramente si lascia scappare qualche urlo di consenso. Il concerto è finito, volto disteso, si torna a casa dopo aver conquistato la tanto agognata serenità, almeno per una notte.

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Il Video della Settimana: Borghese – “La Tipa di Rockit”

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Un tipo abbronzato che scende da una Porsche con una t-shirt con la vistosa scritta “Pusher”: un vero vincente dei tempi moderni. L’emblema del successo all’età dei cyber-primitivi del terzo millennio: questo lo spunto di vita reale che costituisce la scintilla per “la Tipa di Rockit” il primo singolo di Borghese, la band arrivata al suo secondo lavoro in studio In Caso di Pioggia la Rivoluzione si Farà al Coperto. Questo soggetto diventa a sua insaputa il simbolo dell’ostentazione, parodia e metafora di certi rapper tutti catene d’oro e macchine rombanti, naturale contraltare del musicista “intellettualoide” che invece si bea quasi nell’arrivare a pochi, facendosi un vanto di quella che in realtà è la sua sconfitta: il non poter campare della sua arte. Un musicista intellettuale che si auto legittima con pose da rockstar sui social ma che in realtà deve fare un altro lavoro per permettersi la passione della sua vita. Un musicista che apparentemente ha un’idea su tutto ma che non si espone mai per paura di perdere posizione in quella nicchia che si è grattato con le unghie. Una generazione di ragazzi in perenne posa da disillusi senza avere avuto mai la possibilità di illudersi, condannata all’austerità anche dei pensieri; una generazione che non capisce che giudicare la propria vita con i parametri dei proprio genitori conduce solo all’infelicità; una generazione che ignora che “la vita è solo la vita, non serve drammatizzarla, tanto nessuno ne uscirà vivo”. È lo stesso Borghese a spiegare come nasce il video che “propone un esilarante parallelismo tra il mondo della musica, in cui il musicista viene rimpallato tra giudizi di uffici stampa, giornali e webzine, e quello dei reality show di cucina. Del resto una portata può essere un’opera d’arte quanto una canzone e un disco può nutrire quanto un pranzo ben cucinato. Ci divertiva molto scherzare sul concetto di intellettualizzare tutto e del tentativo perenne della critica di pilotare giudizi di cui il metro ultimo è (e rimarrà sempre) il palato e il gusto personale. La fine del video esprime metaforicamente e in maniera disincantata, quasi punk, il nostro manifesto sulla questione: siamo tutti un po’ meno sofisticati di quello che dobbiamo sembrare per esser credibili. E tutto ciò non serve a nessuno perché tutto è più leggero e migliore di come lo riduciamo pensandolo; “la musica è una cosa serissima, se non la prendi sul serio, e la vita è solo la vita, non serve drammatizzarla tanto nessuno ne uscirà vivo”.

Disco in uscita il 25 di aprile per TouchClay Records: In Caso di Pioggia la Rivoluzione si Farà al Coperto.


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John De Leo

Written by Interviste

John De Leo è un artista eclettico dalle eccelse doti vocali, personaggio di spicco della musica italiana e con un fedele seguito di fan; ha da poco pubblicato il suo nuovo lavoro, Il Grande Abarasse ed ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune domande per voi lettori di Rockambula. “180 grammi” : Intervista a John De Leo.

Partiamo dal titolo del nuovo cd Il Grande Abarasse… Cosa significa?
Semplificando molto, secondo gli studiosi, la polivalenza semantica dell’espressione – oramai in disuso – potrebbe essere traducibile in molteplici sensi.* Riassumo qui di seguito quelli più accreditati e comprensibili per il linguaggio odierno, Abarasse può significare: un punto di rottura, possibile sinonimo di “corto circuito”; un’apocalissi; un pensiero deplorevole innescato da paura; una rinnovata forma di attaccamento alla vita causata da uno spavento; un evento che costringe le persone a relazionarsi fisicamente; un sinonimo di Caos; quando riferito all’andamento politico, pare alludere genericamente alle distorsioni del concetto di Democrazia; un’arcaica forma di saluto comparabile a “arrivederci”; con Abarasse, s’intendono anche le inimmaginabili conseguenze, o “brutture sociali”, causate da crisi culturale; una fine inaspettata per quanto prevedibile; sorta di dolce perdizione assoluta essenzialmente indotta da ozio; stadio di stasi ansiogena dovuto a tempo perduto; una esplosione, più che altro immaginata; Abarasse o “Abababa”, animale mitologico che inebetiva gli umani alla sola vista o semplicemente nell’udire il suo verso, specialmente i bambini. Probabilmente un antesignano di Peppa pig; una forma di simpatica antipatia; sensazione di sdegno rivolta a ciò che risulta sbagliato perché non corrispondente ai propri gusti; quella sorta di inettitudine e pochezza di sé che si rivale sul prossimo;
Accezioni: una forma di ringraziamento, per lo più contratta in “Grabas”; unita all’aggettivo qualificativo “Grande”, solitamente fa riferimento a un mago, a un qualcosa di magico, o a un dio antropomorfo. Informazioni tratte da L’Accademia dell’Abarasse ( www.puristidellabarasse.com ).

Raccontaci in poche parole di questo disco…
E’ il frutto di quattro anni di lavoro. La veste grafica è opera di Orecchio Acerbo, le illustrazioni dell’amico Andrea Serio, prodotto da Carosello Records. Vorrei aggiungere brevemente che è composto di 10 tracce.

La tua voce può a tutti gli effetti essere considerata uno strumento multiforme che si adatta a ogni stile e situazione. Posso azzardare un paragone con il grande e compianto Demetrio Stratos?
Sono lusingato e sorpreso: un paragone originale, grazie.

Di cosa parlano i testi delle tue canzoni? Hai mai fatto riferimenti autobiografici?
Ogni brano ha motivazioni a sé. Sicuramente ricorre in modo più o meno esplicito il tema del Consumismo. I riferimenti autobiografici sono quasi imprescindibili ma, come ho cercato di dire anche in altre occasioni, diffido di chi parla solo di sé, e l’altro da sé è interessante se non altro perché ignoto.

Io non ha senso… cosa vuol dire?
Le tue domande hanno scovato quello che per certi versi è il brano più autobiografico. Prima di tutto però, quell’Io va inteso in senso universale, il tuo Io, il nostro Io. Interrogandomi sui perché di questo brano, mi sono convinto che “Io” trova senso quando è parte: io individuo parte di una famiglia, parte di una società, parte del genere umano. Nella missione di ricapitolare sé stesso, il senso per me più soddisfacente di Io è nel Noi.

Quali differenze e quali affinità ci sono fra Il Grande Abarasse e Vago Svanendo?
Differenze: le copertine dei cd sono diverse. Affinità: per certi versi le copertine si somigliano. Scherzi a parte, non saprei, forse Vago Svanendo rispetto all’ultimo album è vagamente più intimista, da qui forse l’esigenza opposta di allargare la visione al microcosmo umano del condominio come nell’ultimo lavoro. Non che in Vago Svanendo sventolassi i fatti miei, ma forse in Il Grande Abarasse m’illudo di riuscire meglio nel distacco da me, cercando di ribadire e ribadirmi che ogni soggettiva è significativa quanto quella di un altro, e che ogni cosa che accade nel mondo ci riguarda tutti. Tra le affinità c’è la volontà di continuare a sperimentare sia dal punto di vista musicale sia letterario; forse in Vago Svanendo c’erano brani nettamente diversi tra loro mentre nell’ultimo album provo ad assemblare i tasselli differenti nell’ambizione di un risultato più omogeneo. C’è poi una sorta di continuità piuttosto esplicita: il nuovo lavoro discografico
inizia con il finale dello scorso.

Com’è nata la collaborazione con Uri Caine?
Nell’ottobre del 2011 condividemmo il palco del teatro Alighieri di Ravenna. Ero ospite nel progetto tributo a Nino Rota “Il Bidone” diretto da Gianluca Petrella. Caine al pianoforte si esibiva prima di noi, anche lui per reinterpretare l’ideatore delle colonne sonore dei film di Fellini. Ci fu una jam session finale. Nei camerini, ancora sull’onda adrenalinica dell’esibizione,ci siamo riproposti di fare qualcosa insieme. Ho pensato quindi di coinvolgerlo in “The Other Side of a Shadow”, un brano del nuovo album il cui testo è tratto da “Linea d’ombra” di J. Conrad. Uri ha consigliato di assemblare le takes registrate in un caotico “cut ‘n’ copy”: sulla narrazione di Conrad, nella quale si alzano correnti improvvise, mi è parsa una soluzione particolarmente calzante.

E quella con l’Orchestra dei Filarmonici del Comunale di Bologna?
Ho potuto lavorare con l’Orchestra dei Filarmonici del Teatro Comunale di Bologna grazie alla collaborazione di Stefano Brugnara e Arci. L’orchestra si insinua spesso tra i brani, soprattutto nelle tracce nascoste, nel Ghost Album: la parte forse più sperimentale. Per chi volesse, consiglio l’ascolto del Ghost Album in cuffia, poiché l’orchestra è stata registrata con l’ausilio di microfoni “Binaurali” che conferiscono un’ambientazione uditiva straniante in 3D.

Ti va di parlarci del “Ghost album”?
Volentieri. Da anni pensavo a un numero di tracce o a una durata tale da poter comporre un intero album nascosto. Che io sappia non è mai stato fatto. Quindi devo farlo, mi sono detto. Oramai ne è stata svelata l’esistenza ma per chi non lo sapesse compare dopo le 10 tracce dell’album ufficiale. In definitiva le sei tracce strumentali del Ghost Album, per la durata complessiva di circa mezzora, costituiscono idealmente una unica composizione. E’ stato un lavoro molto impegnativo al quale ho dato importanza pari all’album ufficiale. Il Grande Abarasse è un concept album idealmente ambientato in un condominio: la musica del Ghost é la parte più astratta, quasi filmica, nella quale si frappongono anche fields recording e sound design. L’intento era quello di sonorizzare una storia la cui sceneggiatura però dovrà costruirsi nell’immaginario dell’ascoltatore. Egli potrà decidere cosa stiano facendo o pensando i condomini. Vorrei ricordare che al Ghost Album hanno partecipato due geniali miei collaboratori storici come Dario Giovannini e Stefano Sasso.

Negli ultimi tempi hai frequentato la scena jazz italiana; come si differenzia da quella estera? Ci sono artisti che possono competere con i loro colleghi oltralpe?
In linea di massima nel resto dell’Europa come negli Stati Uniti, il Jazz (come molte altre musiche) è tendenzialmente più evoluto, quantomeno da un punto di vista tecnico esecutivo. Il fatto è che in Italia la professione del musicista, più in generale dell’artista, è particolarmente difficile, osteggiata da infinite burocrazie, mal considerata dall’economia, corrotta dalla cultura del profitto, e dall’ansia del profitto della Cultura. Sto banalizzando molto, il problema è globale ma in Italia è più brutto. In Italia ci sono ancora grandi artisti. Tra questi, molti sono fortunati figli di benestanti. Spesso ci sono poi grandi artisti alle spalle di qualche stella del mercato. Ce ne sono altri di cui sappiamo poco, altri ancora che non conosceremo mai e che dovranno presto dedicarsi a un lavoro sicuro. Se lo troveranno. I loro progetti quasi mai giungono al nostro orecchio, prima che si dissolvano; quando possiamo fruirne è grazie alla tenacia antistorica di qualche piccola associazione culturale illuminata e idealista che presto chiuderà i battenti. In ogni caso, oggi come oggi gli artisti italiani -intendo quelli veri, quelli che hanno davvero qualcosa da dire- per sopravvivere all’oppressione della cultura dell’utile -unita alla conseguente crisi economica- devono comunque ingegnarsi “all’italiana“ per poterci deliziare della loro poesia. Per rispondere alla domanda: si, in Italia ci sono alcuni jazzisti meritevoli a livello internazionale; la differenza sostanziale con gli stranieri è che il motore dei nostri non è l’ispirazione ma l’esasperazione.

Sul palco vi presentate in nove elementi. E’ possibile riprodurre quindi i suoni e le emozioni del cd nella dimensione live?
Quanto alle sonorità, è possibile riprodurle dal vivo. Come da sempre, gli arrangiamenti sono scritti in modo da poter essere riprodotti. E’ chiaro che per restituire la massa sonora di un’orchestra, con in più il nucleo elettrico, é stato necessario implicare parecchi musicisti. Sul Palco: una rappresentanza delle varie sezioni archi (Dimitri Sillato, Valeria Sturba, PaoloBaldani) e fiati (Beppe Scardino e Piero Bittolo Bon), una chitarra (Fabrizio Tarroni), un pianoforte (Silvia Valtieri) e l’effettistica (Franco Naddei), quest’ultima ottenuta sempre rigorosamente in tempo reale. Il cospicuo ensemble col quale mi esibisco attualmente si chiama JDL Grande Abarasse Orchestra.

Parlaci del tuo impegno in Lugo Contemporanea…
Lugocontemporanea è un’Associazione Culturale senza fini di lucro fondata da me, Nicola Franco Ranieri e Monia Mosconi. L’omonima Rassegna estiva, si tiene da dieci anni nel centro storico di Lugo di Romagna (RA) tra luglio e agosto. Fin dagli albori, la peculiarità di Lugocontemporanea è quella di assumere la Musica come punto d’osservazione attraverso il quale gettare un ampio sguardo in tutte le direzioni e gli ambiti artistici del contemporaneo. Durante la rassegna, prendono vita originali forme d’arte multidisciplinari che giustappongono musica e teatro, musica e gesto corporeo, musica e arti visive, musica e spazio (installazioni sonore). Dal 2005 a oggi la rassegna ha ospitato numerosi artisti emergenti accanto a nomi di rilevanza nazionale e internazionale, i quali hanno liberamente interpretato il tema di ogni edizione realizzando sempre produzioni inedite e inattese. Fra i tanti nomi ricordiamo: il trombettista Cuong Vu, il trombonista Gianluca Petrella, la compagnia teatrale Societas Raffaello Sanzio, il cantante Howie Gelb, il sassofonista Maurizio Giammarco, il video-scenografo Gianluigi Toccafondo, il video-animatore Simone Massi, il chitarrista e compositore Fred Frith, il performer Giorgio Rossi, lo scrittore Stefano Benni, il compositore fondatore del Movimento Fluxus Philip Corner, il ballerino Guillelm Alonso, il violoncellista e compositore Tristan Honsinger, il compositore Luigi Ceccarelli, il pianista Franco D’Andrea, il trombonista e compositore Giancarlo Schiaffini. Gli eventi tra Musica e Poesia sono organizzati in collaborazione con Caffè Letterario: nel corso degli anni hanno partecipato Lietta Manganelli, Carlo Lucarelli, Enrico Ghezzi, Mariangela Gualtieri. Alle mostre – sempre aperte al pubblico durante le giornate della rassegna e a ingresso gratuito – sono intervenuti alcuni esponenti delle più diverse discipline artistiche, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al mosaico, fino ai linguaggi dell’installazione contemporanea: Stefania Galegati Shines, Andrea Nurcis, Enrico Corte, Claudio Ballestracci, Piero Dosi, Gian Ruggero Manzoni, Mara Cerri, Altan, Tanino Liberatore Paolo Bacilieri, Lorenzo Mattotti, Elisa Caldana, Andrea Serio, Carlo Ambrosini, Andrea Salvatori, Emergency, Nicola Samorì. La rassegna da sempre si distingue per attenzione sociale ed etica negli intenti nonché nelle proposte artistiche; naturale quindi il sodalizio, con le associazioni Emergency e Greenpeace. Lugocontemporanea è organizzata da Ass. Culturale Lugocontemporanea, Fondazione
Teatro Rossini, con il patrocinio del Comune di Lugo, della Regione Emilia Romagna e di
Greenpeace Italia.

Progetti futuri?
Sono tanti gli impegni cui dovrò dedicarmi nei prossimi mesi. Uno su tutti, quello imminente: sto lavorando alla realizzazione di Il Grande Abarasse nella versione in vinile, una felice proposta di Carosello, la mia casa discografica. Nel vinile, molti dei brani che compaiono sul cd, sono in versioni alternative: leggermente più lunghi alcuni, altri più corti, altri ancora in un arrangiamento diverso, almeno una bonus track. 180 grammi.
Grazie Marco, e Abarasse a tutti, John.

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