Endkadenz Vol.1 è il sesto album dei Verdena, band italiana che, nel tempo, ha saputo sorprendere per la sua capacità di rinnovarsi e sperimentare senza però venire meno alla propria identità. Il titolo, stando a quanto dichiarato in un’intervista per Rockit, è un termine coniato dal compositore tedesco Kagel che coniugava musica e teatro nell’esibizione, e rappresenta “un movimento ben preciso che determina la cadenza finale di un concerto”; Endkadenz è l’ultimo colpo di timpano durante il quale il timpanista aveva il “compito di rompere la pelle, di buttarsi dentro al tamburo e di rimanere lì immobile”. L’album, che viaggia in coppia con Endkadenz Vol.2 (in uscita nei prossimi mesi), è composto da 13 tracce (stesso numero del Vol. 1 di Wow). L’utilizzo del piano (“Nevischio”, “Vivere di Conseguenza”) riconduce al precedente album Wow, sebbene il piano a muro di Endkadenz suoni in maniera più calda, molto diversa dal suono elettronico del sopracitato album. La presenza di distorsioni rimanda invece ancora più indietro, a Requiem e al suo sound più duro dal sapore Grunge, ma anche a sonorità vagamente Shoegaze (“Inno del Perdersi”); scordatevi dunque le chitarre spagnoleggianti di “Razzi, Arpia, Inferno e Fiamme”, siamo ben lontani da quelle sonorità. Effetti di distorsione sono applicati anche alla voce, accompagnata a volte da cori finti percepiti come voci lontane (“Puzzle”, “Contro la Ragione”). Insieme alle chitarre distorte, grande protagonista resta sempre la sezione ritmica, che a tratti picchia in maniera compulsiva e autonoma, quasi a staccarsi completamente dalla linea melodica della voce (“Derek”), e che trova meno possibilità di esprimersi in termini di potenza rispetto al passato per via di pezzi dal ritmo più lento. Elemento del tutto nuovo è la presenza delle trombe (“Diluvio”, “Contro la Ragione”, “Sci Desertico”), anche se si tratta di suoni digitali e non di veri e propri fiati. Per quanto riguarda i testi, l’ ermetismo in stile Verdena viene quasi del tutto abbandonato per fare spazio a componimenti più strutturati, che a tratti perdono quelle caratteristiche di spigliatezza ed immediatezza per via della continua ricerca di rime e assonanze. Endkadenz segue la linea di Wow e rappresenta un altro passo in avanti verso nuove forme sonore, pur restando con lo sguardo rivolto verso Requiem ed album anteriori. Parafrasando le parole di un’amica, la vera chiave dell’evoluzione sta nel non accettarsi mai; è questo il motore che permette di rinnovare e superare sé stessi. Il rischio è quello di renderci irriconoscibili agli occhi di chi ci conosce o, in questo caso, ad un pubblico fedele ma a volte anche abitudinario. Non è il caso dei Verdena, che con un abile gioco di equilibri sono riusciti ancora una volta rinnovare la loro musica, pur rimanendo fedeli alla propria linea espressiva.
Gennaio, 2015 Archive
Verdena – Endkadenz Vol.1
“Bushido” è il secondo video dei NI NA
Il video di “Bushido” è il secondo estratto dall’EP di debutto omonimo dei NI NA (New Idea No Artist), duo ferrarese composto da Giacomo Tebaldi e Luca Rizzo, uscito il 16 maggio 2014.
«Un video che abbiamo voluto fortemente realizzare poiché rappresenta l’essenza del nostro vivere e del nostro modo di vedere l’arte» Racconta il duo «Bushido infatti significa letteralmente “la via del guerriero” e rappresenta in modo astratto la nostra caparbietà, la nostra ambizione e presunzione nel fare musica»
L’Ispirazione del brano è stato il libro “Hagakure” dove vengono raccolti una serie di aforismi dell’ultimo maestro samurai che dovrebbero accompagnarci come principi di vita durante il nostro percorso terrestre.
“Purest Love”, il secondo singolo di Omake
“Purest Love”, il nuovo singolo di Omake estratto da “Columns”, primo full lenght dell’artista di casa Sherpa Records International in uscita a Febbraio 2015. “Dal momento in cui ho iniziato a lavorare a “Purest Love”, dal suo concepimento all’incisione in studio, ho sempre pensato che questa canzone sarebbe stata la punta di diamante di COLUMNS. Nel video, girato da Fabio Cotichelli per Chinese Food Production (già al lavoro con me per “Florida”), abbiamo cercato di porre in immagini parte di ciò che “Purest Love” rappresenta: una sorta di contrasto fra la singola persona, chiusa all’interno di un’ideale consapevolmente irraggiungibile e l’esterno, fatto di gente che semplicemente vive la propria quotidianità.”
Camera d’Ascolto: il SelfieVideoclip di “Dieci Minuti (sotto la pioggia)”
Figli della crisi…di nervi, come recita il titolo del loro ultimo lavoro, i Camera d’Ascolto hanno pubblicato un SelfieVideoclip (ufficiale) per il secondo singolo “Dieci Minuti (sotto la pioggia)”. Il video si ispira liberamente ad “R U Mine” degli Arctic Monkeys e ad un episodio de I Simpsons ed è stato girato in poche ore a budget pressoché zero (se escludiamo la benzina) utilizzando unicamente la videocamera interna di un Nokia Lumia 920.
“Yalla”, primo estratto da L’EGO di Pierpaolo Lauriola
Il video di “Yalla” anticipa il nuovo album di Pierpaolo Lauriola – L’EGO – che uscirà il prossimo 3 Marzo per La Masseria Della Musica / Zimbalam. In arabo “Yalla!” Vuol dire “Su!”, “Tirati su!”, “Muoviti!”. E’ un incitazione. Questa canzone è tratta da un racconto di Laura Silvia Battaglia, giornalista e amica dell’artista. “Yalla” è una canzone sull’abbandono e sull’assenza. La guerra è una follia. Quella guerra che combattiamo tutti i giorni negli uffici e nei posti di lavoro, e quella con le bombe che ci arrivano dritte in diretta sui media. Il video è stato diretto da Stefano Bertelli che in passato ha girato – tra gli altri – con Marlene Kuntz, Cristina Donà, Alex Britti, Arisa, Marta sui Tubi e Caparezza.
Il Rebus – A Cosa Stai Pensando?
Le lente chitarre di “Gerontocomi” aprono A Cosa Stai Pensando? disco dei comaschi Il Rebus. Rimane da chiedersi invece a cosa pensasse il gruppo mentre ne scriveva e componeva i brani contenuti in esso. La risposta è quasi ignota, quasi… un rebus (perdonatemi il gioco di parole). Il risultato? Ottimale certamente, ma forse un po’ troppo variegato nello stile e negli arrangiamenti. Un esempio? In “Quello che non Dico” si gioca a fare un po’ gli U2, mentre in “Avere Trent’Anni” si torna alla classica ballad un po’ più veloce alla Bon Jovi. Sia chiaro: Il Rebus non ha nulla da invidiare ai colleghi stranieri, ma il sospetto è che il genere proposto possa prestarsi più a mercati esteri che a quello italiano. In “Roma Brucia” sono molto gradevoli sia la parte iniziale di drumming (perfetto l’uso dei piatti) sia il cantato, un po’ meno il testo. “La Notte Urla” è dal canto suo molto migliore a livello lirico, ma il top del disco arriva con “Nei Ghetti d’Italia”, tanto malinconica quanto affascinante in un cantato recitato che ricorda i nostrani Offlaga Disco Pax e i Massimo Volume. “Vuoti a Rendere” lo vedrei ottimamente nella dimensione di singolo per le radio grazie a un ritornello che entra subito in testa. Nella più orchestrale “Questo è un Uomo” torna il recitato / cantato ma per fortuna il Rock puro si rifà vivo già con la successiva “Scie” che mostra una grande maturità nel songwriting. “Equità” e “Brava Sara” concludono un lavoro tanto variegato quanto affascinante. Una nota di lode va al produttore Max Zanotti, cantante e frontman dei Deasonika (attualmente in pausa di meditazione dal lontano gennaio 2010) e oggi apprezzato solista. Del resto lo avevamo potuto apprezzare in queste vesti anche con i Cockoo ed in altri lavori quali il disco solista di Eva Poles, voce storica dei Prozac +. Di lui voglio ricordare inoltre le sue collaborazioni al fianco dei Magazzini Della Comunicazione e dei Rezophonic e quelle con artisti più mainstream quali Valerio Scanu e Giusy Ferreri. Non so a voi, ma a me questo strano gioco di alternanze fra cantautorato e Rock ha entusiasmato ed intrigato non poco. Il problema è vedere come questo disco verrà accolto dal pubblico, io sono pronto a puntare su di loro, e voi?
Antropoparco, il primo disco de laBase esce il 17 Febbraio
Uscirà il prossimo 17 febbraio Antropoparco, il disco d’esordio della band rock-alternative laBase. Prodotto per il collettivo artistico La Noia, l’album del trio abruzzese, registrato e mixato da Davide Grotta, è una raccolta di nove tracce dal rock spinto, con chitarre e sezione ritmica onnipresenti e un basso dalle venature dark. Il gruppo, formato da Mirko Lucidoni (voce e chitarra), Antonio Campanella (basso) e Francesco Amadio (batteria), tutti musicisti con altri progetti alle spalle, crea un muro sonoro tra post-rock, noise, psichedelia, new wave e sound anni ‘90. I testi in italiano, a volte criptici, sono feroci e lucidi come le favole per bambini. Raccontano con sguardo disincantato la natura umana e le sue contraddizioni, attraverso un nichilismo misto a psichedelia e sprazzi di romanticismo. E certamente romantico è il primo singolo estratto dal disco, “Primavera”, se sorridi mi scoloro, che racconta di relazioni agli sgoccioli e nuove primavere sentimentali all’orizzonte. Antropoparco si propone quindi come un labirinto musicale, essenziale e potente; come uno spazio recintato di suggestioni, critiche, e riflessioni amare sul mondo che ci attraversa. L’album sarà disponibile su tutti gli store digitali a partire dal 17 febbraio 2015. Scaricabile gratuitamente da www.lanoia.it/downloads.
Shame – Entropia
Le mie ultime recensioni del 2014 sono state particolarmente positive. Non che sia una che aspetta l’album di merda per poter fare facile ironia e fare una recensione in cui non faccio altro che sottolineare di avere tra le mani un album di merda. Diciamo però che, nel tempo, sono riuscita a farmi una certa fama di boia col sorrisetto sardonico e il caso mi aveva probabilmente aiutato ad alimentare il tutto. Così mi aspettavo che il 2015 invertisse di nuovo la tendenza e ripristinasse i ruoli: album di merda, recensioni da stronza. E invece no. A parte che mi sono immediatamente gasata a leggere nell’interno del cd che gli Shame hanno una batterista donna che fa pure i cori, ma alle prime note di “Falling Through”, traccia di apertura di Entropia, ho capito che il terzetto ha mangiato pane e Grunge, come la sottoscritta, e manco poco. Cinque minuti di atmosfere alla Alice in Chains e cantato sofferente alla Cobain. Sonorità un po’ più 2000 lasciano momentaneamente il Seattle-sound in “The Burning Flag II”, ma la sensazione dura ben poco: “Totally Soulless” è Nirvana alla stato puro. Certo, all’arrivo di “A New Breeze” viene da chiedersi perché non ascoltare gli originali e farla finita qui: il vocalist Andrea Paglione è veramente copia spiccicata di Cobain, con qualche inflessione vaghissima alla Chris Cornell, ma insomma, è un po’ troppo. La tecnica di tutti e tre è ineccepibile, ma – e succede spesso – manca una nota personale. Difficile, in fondo, rimaneggiare un genere come il Grunge che ha caratteristiche peculiari e tratti distintivi che sono stati portati all’eccellenza da quattro-cinque gruppi in croce e che si è bruciato in un tempo limitato. Molto difficile. Pregevole, per esempio, l’idea dell’accellerata in “Ricochet”, anche se è troppo irregolare, abbastanza da sembrare un errore. Non fosse per le back voices della batterista Veronica Basaglia, che in questa traccia si dimostra per altro bravissima, “Apocalypto” potrebbe essere uscita da Jar of Flies degli Alice in Chains. Resto ad ascoltarli ugualmente, anche se ormai l’antifona è piuttosto chiara: ottimi musicisti, purtroppo poco personali. “Like Cain” è una ballata cupa praticamente filologica, che lascia spazio alla (pre)potente “Coming Back (Extasia)”. E scusate se insisto, ma l’intro di “The Dissolving Room”e di “Rolling” a me hanno ricordato le atmosfere di “Would”. Altro che anni ’80, come cantava Agnelli, qui non si esce vivi dai 90s’. E meno male, che poi arriva l’Indie e dio ce ne scampi.
“La Mia Vita al Contrario” è il nuovo singolo di Vincenzo Fasano
“La Mia Vita al Contrario” è il nuovo singolo di Vincenzo Fasano, primo estratto da Fantastico, il prossimo disco di inediti con uscita prevista per maggio 2015 per l’etichetta Eclectic Circus. Il cantautore mantovano, che aveva ben impressionato con il suo disco di debutto, dopo aver terminato il lungo e fortunato tour di “Il Sangue” e aver passato diverso tempo in studio, dà alle stampe questo secondo lavoro, prodotto da Stefano Clessi e Davide Simonetta.
Anthony Cedric Vuagniaux – Le Clan des Guimauves
Il multistrumentista, musicista e compositore svizzero (Ginevra) Cedric Vuagniaux, alla soglia dei trentotto anni confeziona la sua opera più matura sempre nel pieno rispetto di una passione innata per la strumentazione vintage elettronica ed etnica che l’ha portato già all’età di sei anni a realizzare le prime registrazioni. Le Clan des Guimauves è opera dal sound sperimentale e profondamente tradizionale al tempo stesso che ha il sapore d’un pomeriggio assolato d’aprile trascorso in un Café di Ginevra a prendere in giro i passanti. Nella sostanza, è la colonna sonora ideale d’una grottesca pellicola di fine anni sessanta che narra, musicalmente, le avventure di una gang di gitani extraterrestri smarriti sul pianeta terra, le cui particolarità fisiche sono l’avere un grande naso e sette dita nel piede sinistro (vedi cover) e la cui riunione avrà lo scopo di cercare un senso onorabile alla libertà.
Alla sua nona uscita (singoli inclusi) da Souvenirs Elettroniques, esordio del 2011, Vuagniax mira a obiettivi più ambiziosi per sé e per la sua etichetta Plombage Records eppure Le Clan des Guimauves riuscirà ben poco a stupirvi e appassionarvi, vuoi per un utilizzo poco coraggioso della materia prima elettronica, vuoi per le abbozzate e poco incisive incursioni delle più svariate strumentazioni tradizionali e folkloristiche.
Alla fine, sarà dura immergervi in quella surreale storia di alieni che dovrebbe essere il cuore del disco nonostante l’uso sporadico d’un esplicativo Spoken Word in francese e se quello di raccontare una storia, rendervi parte della stessa, era l’obiettivo primario come suppongo, dispiace dirlo ma questo non è affatto un centro pieno.