Aprile, 2014 Archive

Amanda Rogers – Wild

Written by Recensioni

Nono album per la cantante dalla voce da usignolo che viene dall’Upstate NY, Wild è un doppio (ma neanche troppo lungo) album, che vede Amanda Rogers alle prese con un ritorno a casa (Syracuse) e allo stesso tempo un ritorno parallelo alle radici della musica che ama, una connection che mescola la ruvidezza e la spontaneità dei 70 con la sfrontatezza senza paura dei migliori 90.  La storia del disco (l’ideazione, la composizione, la registrazione) è la storia della musica che nel disco è contenuta (non è sempre così). In questo caso, l’essere inciampata in Jon Lessels, proprietario del Subcat Studio, di base proprio a Syracuse, e l’aver trovato in lui una metà musicale perfetta, ha reso la produzione del disco qualcosa di inaspettato e di liberatorio (in questo senso, “wild”). Registrato per la maggior parte live, con Amanda al piano e Jon alla batteria, Wild ha subito pochi rimaneggiamenti posteriori, e la musica da cameretta di Amanda ne ha giovato.

Le canzoni (20!) sono immediate, facili ma non banali: arrivano dritte alla testa e al cuore. Leggere, come leggera è la voce di Amanda, bellissima e adamantina, mobile e intensa, lieve e suadente (e non so che altri aggettivi inventarmi). Un disco doppio che non stufa, che potrebbe girare per ore, e noi con lui a seguire le evoluzioni Folk, Blues, Pop di questo spirito libero alle prese con temi universali e particolari in rapida sequenza – il vero amore, il ritorno a casa, la critica al consumismo imperante e l’ironia sul maledettissimo sogno americano. Ciò che soddisfa di Wild è l’approccio: un ritorno alle origini, una registrazione scarna, sincera, una composizione organica, che è un tutt’uno con la produzione e, poi, con l’ascolto. Amanda Rogers ci ha donato una piccola perla, una bolla spazio-temporale affacciata sugli anni in cui la musica era un po’ meno plastica e un po’ più legno, terra, fango (“Calendar of Yesterdays” mi ha spedito lontano sul bagnasciuga del mare del tempo…). Non so se ne abbiamo bisogno: ad ogni tempo la sua musica. A me, però, Wild fa stare molto, molto bene… e non basta questo, in fondo?

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La Band della Settimana: Le Oscure Armate Meccaniche

Written by Novità

Vengono da Carate Brianza e si definiscono beffardamente una band Alpine Punk e Power Liscio che suona Punk ormai da un sacco. Il gruppo nasce dalla grande amicizia tra due Alan Andrea Sala di Tregasio (voce, pianoforte, sinth) e Luca Crippa (voce, chitarra classica, basso elettrico). Il 2012 nasce il singolo “L’Amore è Guerra (Hey Fratello)”, che parla di sofferenza ma soprattutto di amicizia. I due devono però trovare un batterista ma soprattutto qualcuno che abbia la strumentazione e la capacità di registrare qualcosa. Chiedono a Giop (Giovanni Garzillo di Carate), batterista dei Nice ormai diplomato come fonico alla NAM di Milano. I pezzi in poche settimane diventano sette (composti per lo più da Alan e arrangiati insieme). Nascono quindi Le Oscure Armate Meccaniche. I tre brianzoli registrano quindi per tutta l’estate la loro prima fatica discografica auto-composta, auto-prodotta, auto-registrata, Il Bambino di Fuoco. Alla fine dell’estate del 2013 la band inaugura i propri concerti dal vivo in Brianza, facendo la vera e propria presentazione del disco al “Tambourine” di Seregno.

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“Leather”, il nuovo singolo e video di In.Visible

Written by Senza categoria

Il video anticipa l’inizio del nuovo tour e l’uscita del nuovo album Have You Ever Been? in uscita il prossimo mese. Girato dal videomaker pavese Simone Leddi “Leather” parla di intrecci, di giochi della pelle, sia mentali che fisici. L’idea è stata quella di creare una sorta di ritualità tra un’icona femminile (rappresentata da un manichino) e quella maschile attraverso le parole che scandiscono le sensazioni tra i due. Lontanissimo dalla misoginia, il video è piuttosto una celebrazione della femminilità. La scelta di un soggetto “non umano” (che si svela pian piano) è scelta volutamente per creare contrasti e suggestioni.

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Majakovich – Il Primo Disco Era Meglio

Written by Recensioni

Come si evince dal titolo, Il Primo Disco Era Meglio è il secondo lavoro del trio umbro Majakovich. Ultimamente è molto semplice associare l’Umbria al simpatico Luca Benni e alla sua etichetta To Lose La Track, la quale ha confezionato, insieme ad altre etichette discografiche (Metrodora Records e V4V Records), questo disco. Gli alfieri indiscussi della To Lose La Track si chiamano Gazebo Penguins. Se pensi a loro è impossibile non farsi venire in mente la barba di Capra, fautore, guarda caso, del booking de Il Primo Disco Era Meglio. Tuttavia i tasselli del puzzle non ancora hanno finito di combaciare: il refrain di “La Verità (E’ Che Non La Vuoi)”, con le sue curvature Emo Rock, può tranquillamente essere scambiata per un brano dei “pinguini”. Assonanze si notano anche con il coro di “Devo Fare Presto”, simile, eppur dissimile, a “Calce” dei Fast Animals And Slow Kids, conterranei (e le coincidenze paiono non cessare mai) dei Majakovich. Attenzione però a non scambiarli per delle pallide imitazioni di band un pelo più blasonate, perché è necessario avere ben stampato un concetto nel cervello: il terzetto in questione, se ci si mette, è in grado di sovvertire addirittura il naturale svolgersi degli eventi.

Il basso granitico di “Perché Francesco Migliora”, sgranocchierà sassi finché non verrà interrotto dal tenerissimo pianoforte che introduce “Colei Che Ti Ingoia”. Praticamente la tempesta prima della quiete. Due punti focali che fanno lievitare il voto sono senz’altro i testi e le melodie dannatamente catchy. Se poi i due fenomeni entrano in rotta di collisione, ci potremmo trovare a cantare a squarciagola in coda alla cassa di un supermercato E io non me lo scordo quell’inferno. Faceva troppo freddo, ritornello di “L’Hype Del Cassaintegrato”. I quaranta minuti circa che compongono Il Primo Disco Era Meglio, vanno via che è una bellezza, sono pochissimi gli scivoloni nell’autocompiacimento. Esempio lampante, in questo senso, sono gli arpeggi infiniti posti nel finale della malinconica “Una Vita al Mese”. Ma è un’eccezione, un minuscolo neo di un lavoro che non mostra mai il fianco e non ha punti deboli evidenti.

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Luca Bretta – Mi Cascano le Braghe

Written by Recensioni

Luca Bretta (classe 1991) arriva dalla sua prima esperienza musicale con il gruppo Funky Rock Hot Funky Style con cui nel 2010 apre un concerto dei The Bastard Sons of Dioniso (X Factor 2009) fino ad arrivare nel 2013 alle semifinali del 56° festival di Castrocaro e successivamente cominciare a bazzicare tra festival importanti (Corona Social Ice Tour) e programmi tv (Red Ronnie, “Roxy Bar”). Nomi a parte, direi che l’aspirazione di questo giovane autore è sicuramente quella di finire in radio e sfondare nel Pop Rock italiano, ed infatti Mi Cascano le Braghe ne è la conferma. Un singolo (perdonateci l’eccezione ndr) Pop Punk scanzonato e adolescenziale in cui l’argomento ovviamente non è difficile da immaginare: “Non mi sta più nei pantaloni, dai tirati giù i jeans che non ce la faccio più!”. Tutto molto radiofonico, tutto molto Pop, tutto molto giusto, sia la canzone che il video in cui si racconta la classica vacanza tra ragazzi e ragazze sulla neve con la tavola in mano, ed in cui non poteva certo mancare la classica band che suona nel locale la sera.  Insomma siamo di fronte ad una sorta di Succo Marcio, Finley e Andy Jonathan Fender in salsa teenager. Bah che dire… niente di speciale, forse un po’ scontato ma divertente, ascoltatelo e fatevi una risata!

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Musica e Cinema: La Bamba

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Calci in culo: ecco il nuovo disco dei Magellano

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Sotto la cura di Ale Bavo, è uscito Calci in culo, l’ultima fatica dei genovesi Magellano. Il trio, formato da Pernazza (Ex-Otago, The Hashtag e Chiambretti Night), Drolle (batterista e creative director) e Filo Q (cantautore elettronico, dj e producer), torna sul mercato discografico con nove tracce, ciascuna in collaborazione con un artista del panorama indipendente nostrano (spiccano i nomi di L’Orso, Raphael, Escobar e Gnu Quartet).

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Lo Stato Sociale, nuovo disco e Tour estivo!

Written by Senza categoria

Una data di uscita scelta non a caso – quella del 2 Giugno, giorno in cui si celebra la Festa della Repubblica in Italia – ma proprio per il suo significato e le sue forti connotazioni patriottiche, a cui si contrappone, ironia pungente ma nient’affatto avulsa dalla realtà, il titolo del disco: L’Italia Peggiore (Garrincha Dischi) . Un titolo che è un po’ il filo conduttore dell’album, come ben si evince dal singolo “C’eravamo Tanto Sbagliati” (primo estratto che ne anticipa l’uscita), traccia carica di quell’umorismo critico e sferzante che ritroveremo nell’intero lavoro discografico. Un’Italia bacchettata beffardamente per le sue contraddizioni, le sue ipocrisie piccole e grandi. Lo Stato Sociale hanno in programma anche una serie di date estive che partiranno – con la data zero italiana – da Genova, il 24 Maggio, all’interno del Garrincha Loves Genova, un one day festival che vedrà alternarsi sul palco tutti i gruppi della label bolognese.

Ecco le prime date confermate (tante altre in arrivo):

01/05 Bologna – Piazza Maggiore
18/05 Parigi – Festival Maggio – Gibus Club
20/05 Berlino – Riviera Festival – Glashaus
24/05 Genova – Garrincha loves Genova – Teatro dell’Archivolto
07/06 Milano – MIAMI – Magnolia
10/06 Bologna – Vicolo Bolognetti
14/06 Chieti – Festival Strade Musicali
19/06 Napoli – Arenile
20/06 Padova – Garrincha loves Sherwood – Sherwood Festival
22/06 Varese – Festa CGIL
27/06 Vicenza – Festambiente
29/06 Foresto (BG) – Forest Summer Festival
06/07 Molfetta (BA) – Garrincha Loves Bari – Eremo Club
19/07 Perugia – Rock For Life
30/07 Melpignano (LE) – So What Festival

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Aut in Vertigo

Written by Interviste

Hanno vinto l’ultima edizione del nostro Contest AltrocheSanRemo, gli Aut In Vertigo ci parlano delle loro esperienze artistiche, della musica Rock e della pasta scotta. In Italia non abbiamo la cultura per i live come nel resto del mondo.

Vincitori del nostro super testato Contest AltroCheSanremo. Gli Aut in Vertigo, a questo punto sono obbligate le presentazioni, ci parlate di voi?

Siamo una band piemontese, della provincia di Torino, nata nel 2004. Evoluzioni e cambi di formazione ci hanno portato dal 2012 alla line-up che oggi potete conoscere. Suoniamo per raccontare quello che viviamo, cosa sentiamo e cosa pensiamo; per divertire e per divertirci, per condividere con il pubblico il nostro modo di vedere il mondo.

Adesso vogliamo conoscere anche tutto quello che avete fatto fino a questo momento della vostra vita artistica…

Come abbiamo detto, nel 2004, siamo nati da un progetto condiviso sui banchi di scuola, per poi raccattare amici e conoscenti con una visione comune del mondo e della musica. Abbiamo iniziato a suonare, dal piccolo e poi sempre più in alto, e nel 2007 abbiamo inciso il primo lavoro, Welcome. Abbiamo partecipato a diversi contest, come Emergenza, TourMusicFest, Torino Sotterranea, e così via, che ci hanno permesso di conoscere molte altre band e suonare su palchi d’eccezione. Nel 2012 abbiamo cambiato formazione, e con i nuovi musicisti la band ha dato una vera e propria accelerata. Ecco che nel 2013 è uscito iI nostro disco In Bilico, che riassume parte del lavoro fatto negli anni, e parte della nuova spinta verso il futuro.

Stiamo parlando di una band emergente e soprattutto indipendente, trovate difficolta nell’inserirvi nell’ambiente musicale italiano?

Sì, se parliamo di palchi istituzionali. Suonare in giro non è difficile, ma è difficile farsi considerare, soprattutto se la musica proposta non è immediata o di moda, difficile entrare nelle reti di locali dove suonare, se non hai già un giro, che purtroppo non si crea solo sapendo suonare bene. Spesso e volentieri ci troviamo di fronte alla valorizzazione di band con scarso valore artistico-musicale ma molto “appariscenti”, con i quali sembra che i “ganci” siano più importanti della musica.

Pensate che gli altri artisti nel resto del mondo vivano le stesse vostre difficoltà? Perché?

Non lo sappiamo. Altre band amiche che hanno fatto tour in USA o in nord Europa ci raccontano che lì la cultura del live è diversa, che c’è attenzione e considerazione anche per le band emergenti, e soprattutto ascolto del prodotto che stai proponendo. Continuiamo a sperare che questo modo di vivere e ascoltare la musica arrivi anche qui…

Com’è il vostro rapporto con i locali (o gestori) per quanto riguarda la possibilità di esibirvi? Raccontateci anche qualche particolare situazione in cui vi siete trovati.

Il rapporto è difficile, nei locali medio/grandi è possibile suonare solo con i contest. Meno male che ci sono, ma è un po’ frustrante essere valutati solo per il numero di persone che si portano, che pagano o che consumano. La maggior parte dei locali non rispondono nemmeno alle mail, e anche questo rende tutto più complicato. Detto questo, ci sono anche gestori attenti, che ti danno la possibilità di suonare senza troppe storie e senza tirarsela tanto. Se vuoi un aneddoto, una volta, in centro a Torino, ci siamo montati completamente il palco, dalle spie, alle luci, al setting (della serie: arrivare concentrati al live) attaccato con cura tutto alla ciabatta e dopo due ore che nessuno del locale ci considerava abbiamo scoperto che il mixer non esisteva. Capisci? Questa ti sembra “cultura del live”? O anche solo professionalità? A noi no. Per fortuna il nostro pubblico è superbo, ripaga ogni sforzo, e non c’è serata in cui non ci sentiamo arricchiti dalle persone che ballano, ascoltano, criticano e condividono le nostre fatiche. Ecco, se dobbiamo dirla tutta il grazie più grande va a loro, non ai locali, né ai contest, ma alla gente che col sorriso ti accompagna e ti solleva in modo costruttivo.

Pensate sia giusto ricevere un cachet anche da perfetti sconosciuti? E non parlo del vostro caso ma in generale. Dove entrambe le cose non fossero possibili, meglio suonare tanto e gratis (o quasi) oppure suonare poco ma ben remunerati?

Pensiamo che sia meglio suonare tanto, giustamente remunerati. Sono molte le ore che una band come la nostra trascorre a pensare, progettare, allenare e perfezionare lo spettacolo, così come sono molti i fondi investiti, i km fatti, il tempo sottratto al lavoro che ci sfama. Dunque suonare e almeno non perderci i soldi investiti per raggiungere il palco, o per affittare la strumentazione mancante, ci sembra il minimo. Suonare tanto, anche aggratis, è indispensabile per farsi le ossa e l’esperienza, ma fino ad un certo punto e fino a un certo livello: se una band muove anche solo un centinaio di persone e intrattiene per un ora e mezza, beh, una birra e una pasta scotta non bastano più.

Tralasciando i contest on line, trovate che quelli più popolari e dove si suona dal vivo siano utili per una band emergente? Vi faccio qualche esempio, Arezzo Wave, Marte Live etc…

Utilissimi. Come dicevamo prima, grazie ai contest abbiamo raggiunto palchi difficili da raggiungere per una band emergente. Per chi è di Torino parliamo dell’Hiroshima, delle Lavanderie Ramone, le Officine Corsare o i Giancarlo ai Murazzi. Inoltre si conoscono e incontrano altri musicisti e altre band, e questo è sempre arricchente. Trovando dei limiti, da musicisti, a volte sembra poca l’attenzione verso la proposta musicale: non è sufficiente ascoltare due pezzi su youtube per capire qual è la ricerca di una band; se si organizza bisognerebbe avere la pazienza di scendere nel dettaglio, sebbene implichi tempo e denaro ma è il prezzo per fare un lavoro di qualità e migliorare la proposta artistica nazionale. Altro problema, molto più concreto è al solito il chiedere a chi ti segue di pagare la tessera associativa di turno, l’ingresso, ecc ecc. Certo, la colpa non è solo di chi organizza, ma anche la mancanza di politiche adeguate a finanziare le attività giovanili in generale, tra cui la musica live.

Avete mai avuto a che fare o solo sentito parlare degli uffici stampa? Cosa pensate? Una band precedentemente intervistata si lamentava dei prezzi, voi come vedete queste realtà ormai fondamentali per farsi conoscere?

Sì, conosciamo il mondo degli uffici stampa. Con l’uscita del nostro disco In Bilico, abbiamo deciso di fare questo investimento. Il punto è che la promozione e la diffusione delle informazioni sono importantissimi, ed è necessario farli per valorizzare il lavoro che hai fatto: abbiamo imparato che bisogna starci dietro quotidianamente per avere dei risultati, e se non può farlo il musicista in prima persona, deve farlo qualcun altro. Ci siamo avvalsi di Rosina Bonino, ufficio stampa di Fratelli di Soledad, DotVibes, Invers, Dagomago e molti altri, e con la sua professionalità e esperienza, ci siamo trovati davvero bene. Affidarti a dei professionisti che si occupano di questi aspetti, ti permette di concentrarti ancora di più sulla musica e sugli spettacoli live.

Esiste ancora la possibilità che un gruppo come voi riesca ad emergere con le proprie forze?

Beh, è quello che speriamo. In ogni caso crediamo che suonando tanto, dando il meglio di sé, e avendo qualcosa di originale da proporre, le possibilità ci siano per tutti.

Perché qualcuno dovrebbe ascoltarvi?

Perché ama il Rock, ama i testi in italiano, ed è stufo di sentir dire che il Rock nel nostro Paese è in mano a pochi famosi artisti. Tutte le nuove proposte mainstream in Italia escono da reality show, ora, ma secondo noi la musica non è spettacolarizzazione della vita, è una cosa seria che richiede fatica, lavoro e studio. La musica può trovare mille vie per uscire fuori ma deve avere le possibilità per essere valorizzata, non vuol dire per forza diventare milionari, ma aspirare al riconoscimento di un lavoro che ha valore. La gente potrebbe ascoltarci perché il nostro è un prodotto sincero, che racconta delle storie nelle quali riconoscersi, che veicola sentimenti comuni, perché ha voglia di scoprire storie nuove, ambientate nelle nostre città, e perché ha voglia di venire sommerso dalla nostra energia dal palco.

Cosa riserva il futuro per voi? State preparando qualcosa?

Stiamo continuando a portare in giro i brani dell’ultimo disco, e nel frattempo stiamo scrivendo pezzi nuovi. Stiamo preparando due videoclip e pensando a un nuovo lavoro discografico.

In questo spazio potete dire tutto quello che volete e che non vi è stato chiesto e fare pubblicità alla vostra band.

Beh sicuramente vogliamo ringraziare Riccardo e lo Staff di Rockambula per questa occasione, oltre a quella del simpatico contest AltrocheSanremo. Tutti i fans che leggeranno e le persone nuove che vorranno cliccare “mi piace” sulla pagina Fb www.facebook.com/autinvertigo . Aut In Vertigo è un modo bello di fare musica, ascoltare, condividere, fare strada insieme. Aggiungetevi alla cumpa, non ve ne pentirete.

Rivoluzione

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Francesco Vannini – Dinecessitavvirtù

Written by Recensioni

L’artista siciliano Francesco Vannini arriva al primo lavoro discografico con l’Ep Dinecessitavvirtù, cinque pezzi che raccontano l’arte di arrangiarsi sfruttando il poco che si possiede nella vita, insomma, racconti di vita quotidiana. La scuola cantautorale siciliana, come tutti avranno notato, vive un periodo di felicità impressionante, ormai (ma non è solo così) il musicista siciliano viene associato involontariamente al cantautore. La produzione artistica dell’Ep in questione è affidata a Fabio Rizzo dell’etichetta 800A Records, quella di Pan Del Diavolo, Black Eye Dog, VeneziA e tanti altri di cui vi lascio il piacere della scoperta. “Bomboletta Spray” apre il supporto con un ritmo incalzante e travolgente, il brano più importante per il cantautore/sociologo Francesco Vannini. Deve molto alla fragranza del pezzo, il cantato non arriva mai all’eccelso, ma i cantautori sono sempre così. “I Treni” si presenta con l’opposta emotività della precedente, in questo caso la tristezza prende il sopravvento, un ribaltamento emotivo spiazza la mia condizione di ascolto. Però ci provo gusto, in fondo le canzoni tristi sono sempre le più belle, sono quelle che ci fanno viaggiare con la mente: “I treni ormai non li conto più, e ho smesso di pensare se non mi pensi”. Tanta scuola cantautorale classica italiana nei testi, tante atmosfere tipicamente nord europee nella musica.

Arriviamo alla title track “Dinecessitavvirtù”, il cuore dell’Ep. Ancora una volta si cambia completamente registro, i riff diventano quasi caraibici, o meglio, isolani. La voce ed il testo riescono a reggere l’attenzione perfettamente, il quadro generale della canzone è più che positivo nonostante qualche piccola scopiazzata vocale ad Edoardo Bennato. Ma niente di serio, forse soltanto inutili sensazioni. Da piccolo brivido “Soltanto una Canzone”, sarà quel bellissimo pianoforte che sembra essere messo a raccogliere lacrime, un brano che scava il cuore. Antonio DiMartino dietro l’angolo guarda soddisfatto l’evoluzione della sua lezione artistica nonostante come potenza siamo ad altri livelli. Si continua sulla stessa linea con “Un Uomo Qualunque”, meno strappa lacrime ma con un armonica fantastica, la voce nella migliore performance dell’intero Ep. Si piange e si ride durante l’ascolto de Dinecessitavvirtù, Francesco Vannini dimostra di avere le carte in regola per entrare a far parte della schiera dei musicisti siciliani che contano. Con un Ep purtroppo non è possibile leggere il futuro artistico di Vannini, aspettiamo l’album ufficiale e se il buongiorno si vede dal mattino… ci aspetta una giornata di sole.

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“A Bastonate” è il primo video de I Missili

Written by Senza categoria

“A Bastonate” è il primo video e singolo estratto da Le Vitamine, album d’esordio della band abruzzese I Missili. Il video è liberamente ispirato a “La Ballata dell’Amore Cieco” di Fabrizio De Andrè. Il protagonista qui non arriva a sacrificare la genitrice per compiacere l’amata, ma viene schernito comunque plurime volte dalla giovane donna che è intento a conquistare. Il nostro eroe soffre ma non demorde, anche se la sua condanna è atroce: la musica de I Missili gli rimbomba incessantemente in testa ogni qual volta torna a pensare al suo amore. Chiunque si troverà ad ascoltare Le Vitamine avrà il beat dei missili costantemente piantato nel cervello. Uscirà il 12 maggio per V4V-Records, in cd e digitale, Le Vitamine, album d’esordio dei lancianesi I Missili, gruppo in continua espansione col quale collaborano componenti di band abruzzesi come Management Del Dolore Post Operatorio, Voina Hen e I Giorni Dell’Assenzio.

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Elle – Nowherebut Here

Written by Recensioni

Quando ho iniziato ad ascoltare Nowherebut Here, ho pensato per un attimo di trovarmi di fronte alla nuova Joan Baez o al clone italiano di Edie Brickell, ma in realtà Elle si è dimostrata agli stessi livelli delle sue colleghe estere. Il motivo? Passare dal cantautorato Pop di “Berlin” alla più movimentata e gradevole “Let me be Your Eyes” (primo singolo dell’album) chiarisce subito la poliedrica direzione sonora del disco. Poche voci femminili riescono ad arrivare come una freccia nell’anima di ognuno di noi, ed Elle è talmente dotata che rimarrete estasiati dai suoi acuti.

Grazie al “casuale” incontro con il produttore Flavio Zampa, dopo anni di salite e discese, andate e ritorni, e forti esperienze, arrivano i nove brani inclusi in Nowherebut Here, che racchiudono un po’ ciò che è stato il suo viaggio, interiore ed esteriore, di vita artistica e non solo. Nowherebut Here, che può essere considerato il suo primo lavoro, è carico di energia e passione frutto di anni di esperienze che segna solo l’inizio di un nuovo ed emozionante capitolo del libro della vita di Elle, da cui ci aspettiamo molto nel futuro. Il talento c’è e lo si vede (anzi lo si sente), e con la giusta promozione questo album può anche mirare in alto. “Lover” ricorda infatti un po’ lo stile della compianta e mai dimenticata Whitney Houston e della nostrana Giorgia e proprio l’amore a fare da filo conduttore delle successive “Nowherebut Here” e “Killing my Love”. In quest’ultima addirittura sembra di sentire al piano Miss Germanotta, in arte Lady Gaga, artista sempre al centro delle cronache e dei gossip mondiali. Il disco scorre piacevolmente con il soft Rock di “A New Life” e la più movimentata “She’s Alone” per concludersi poi con la (quasi) acustica ballad “A Lie” e con la introspettiva “Enlightens”. Sicuramente il disco si presterà più facilmente ad un successo oltralpe, ma auguro ad Elle di diventare famosa anche qui in Italia perché era dai tempi di Pipes And Flowers di Elisa che non si sentiva un esordio così bello nel nostro paese.

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